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IN FAVORE DELLA UNIFICAZIONE DELLE
DC,
DOPO LA DIASPORA, DAL 1994
Simbolo di riserva |
Simbolo elezioni 1992
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LA DIREZIONE NAZIONALE, riunita il
9 nov. 2024
ha approvato questa dichiarazione dì intenti.
1.- Premessa. Fin dal
2012 (primo congresso di riorganizzazione della DC, dopo l' auto-scioglimento del 1994, ma
sentenziato nullo dalla Corte di Cassazione) fu subito chiaro i DC c'erano ancora, come da
foto del Congresso (più sotto, presenti 1100 persone) nella sala Auditorium della
Confindustria, all'EUR, Roma.
Quel congresso fu annullato giuridicamente dal Tribunale di Roma, ma storicamente e
politicamente restava.
Lo stesso si direbbe avvenuto, poi, negli anni (a cominciare dal 2005) nelle numerose
assemblee dei "DC" organizzate da Angelo Sandri, pur se anch'esse tutte
annullate dai tribunali. L'ultima, 2019, è la seguente:
https://www.democraziacristianastorica.it/cassazione-sandri-2019-.pdf
.
2.- Mercato dei voti. Devo pure osservare che ci sono in giro altre
DC, da tempo, e che, come Sandri, non si presentano mai alle elezioni in modo diretto.
Su questa anomalia, un lume viene dalla Scuola americana di public choice (Mac Tullock e
J. Buchanan, The calculus of consent) secondo i quali i partiti operano come le comuni
imprese.
In alcuni Paesi (es. USA), per il collegamento tra gli elettori e i partiti (presentatori
di liste) ci sono delle elezioni primarie, regolate con legge.
Invece, nei paesi dove queste elezioni primarie non sono regolate per legge, c'è
un vero e proprio "mercato dei voti", nel seguente modo: |
- si formano delle associazioni di
iscritti con un vero e proprio presidente. Questo presidente si occupa di cedere (a
pagamento) i voti dei propri iscritti a tale o tal'altro capo-partito presentatore
di liste (con il loro consenso, altre volte a loro insaputa).
- Il caso Sandri: Egli fa cessione della di voti ? Non abbiamo le prove. Di certo, in
questa ipotesi, non parteciperà mai alla riunificazione.
- Dunque ? L'unica via d'uscita sicura è che i vari iscritti si separino da questo (sia
pur ipotetico) marchingegno e aderiscano direttamente alla unificazione.
.
3.-Torno alla DC legittima. La conferma della esistenza (oggi) di Democristiani vivi
e numerosi si è vista il 20 giugno 2024 a Roma, Teatro Quirino,
in commemorazione dell'80° anniversario della nascita della DC. Si veggano le foto,
subito qui sotto.
Adesso la DC è pronta come riferimento unitario per il cattolicesimo politico,
fenomeno che viene da lontano nella storia d'Italia, anzi ancora oggi con un contrassegno
medievale.
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P.S: Ultimo ma non ultimo. Abbiamo ancora un problema: il recupero dello scudo
crociato, "rapito" dalla UDC. Frattanto c'è un simbolo di riserva, presentato
qui a fianco. E se qualcuno volesse dirci il suo parere, lo ringrazieremmo. |
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DICHIARAZIONE DI INTENTI.
1) Definizione di unificazione della DC. Si definisce unificazione
(della DC): a) la adesione delle singole persone alla DC, con modulo di iscrizione (si
vegga: POSCRITTO 2, in fondo): Con la iscrizione avviene la accettazione dello Statuto
della DC, da parte degli aspiranti soci, provenienti da Associazioni variamente
denominate. b) Alla accettazione dei nuovi iscritti segue, in linea di massima, la
rispettiva ri-collocazione nella stessa posizione occupata nella Associazione di
provenienza, salvo impossibilità motivata, fermi i limiti dello Statuto per l'elettorato
attivo, in base all'anzianità di iscrizione di cui allo Statuto DC. c) Ai sensi dello
Statuto DC i Congressi, via via celebrati, deliberano l'orientamento politico e il
programma, fermo l'Atto Fondativo, art. 1 del 1943-45, secondo cui "la DC è "un
partito con un programma di libertà e di giustizia sociale, ispirato ai principii
cristiani".
2.- Rapporti con la
Chiesa Cattolica. Secondo le indicazioni del Papa Francesco, la DC non è un
partito solo di "cattolici". Essa si propone come partito anche dei "non
cattolici con eguali valori". La DC opera nel campo temporale, distintamente dal
Magistero ecclesiastico che opera nel campo religioso, ma con il quale la DC vuole stare
collegata.
Si prende atto che, in base al Concordato Stato-Chiesa del 1929 (art. 43) la "Santa
Sede vieta agli ecclesiastici e religiosi di iscriversi e militare in qualsiasi partito
politico". In analogia la CEI deve tenersi separata dai partiti, a maggior ragione
dai partiti concorrenti con la DC. |
. 3.- Come da tradizione del cattolicesimo politico, lo
Stato (compatibilmente con le risorse disponibili) garantisce a tutti i cittadini ed
immigrati i beni primari.
Sono beni primari: il sostentamento, la scuola d'infanzia, la sanità, la pensione
sociale, le prestazioni fondamentali per i disabili, come le protesi.
Il diritto ai beni primari presuppone il pagamento di una imposta sul reddito, ancorché
minima, personalmente o per interposta persona.
La DC sostiene il lavoro per tutti, nell'ambito di un principio di libertà della
produzione e dello scambio, anche con sgravi fiscali temporanei.
La DC è un partito interclassista.
La DC aderisce al Mercato Comune Europeo e alla Unione Europea.
La DC ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come
mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità
con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che
assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni
internazionali rivolte a tale scopo.
4.- Elezioni Nazionali, Amministrative (Regioni, Province,
Comuni). La DC si presenta alle elezioni da sola, con proprio nome e simbolo.
La presentazione di candidature alle Elezioni locali è già possibile a chiunque,
mediante delega a mezzo Rappresentante Legale, sotto la denominazione della Democrazia
Cristiana e simbolo scudo crociato su fondo blu. |
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POSCRITTO: Documenti giuridici attestanti che la DC
in intestazione è storicamente e giuridicamente la medesima del 1994:
- Convocazione Assemblea soci DC, presso Ergife, da Tribunale Civile Roma 2016:
https://www.democraziacristianastorica.it/Decreto%20nino%20di%20accoglimento%20del%20ricorso%20ex%20art%2020%20cc%20003.pdf
- Sentenza Corte d'Appello respingimento ricorso contro Assemblea presso Ergife:
https://www.democraziacristianastorica.it/Corte%20di%20appello-sentenza-2024-Ergife.pdf
- Sentenza respingimento ricorso contro XIX Congresso 2020 :
https://www.democraziacristianastorica.it/4-A-F-Tribunale%20civile%20di%20Roma-Carmagnola.pdf |
COMUNICATO
SUL CONVEGNO NAZIONALE SULLA DC, AL TEATRO QUIRINO, 20 giugno 2024
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1.- La DC, storicamente e giuridicamente continua con quella del 1994, ha presenziato il
20 giugno al Convegno del Teatro Quirino, e ha depositato sul palco i Decreti del
Tribunale Civile di Roma, convocativi e autentificativi della DC tornata.
2.- Vi hanno partecipato: LUCIANI, Segretario Nazionale; LEONETTI, Segretario
Amministrativo; VECCHI Presidente Vicario del CN; CERENZA Coordinatore Regionale del
Lazio; TUCCIARIELLO Coordinatore Regionale della Basilicata.
3.- Si prende atto del titolo: "DC: STORIA DI UN PAESE", quale
celebrazione dell'80° anniversario della nascita della DC.
Non tutto fu vera gloria. Il compromesso storico di MORO e BERLINGUER (non nominato) fu un
debordo grave dalla democrazia.
Possiamo, invece, sostenere che l'Italia, che oggi abbiamo, l'ha fatta la DC.
4.- Il Comitato ha lasciato in ombra i rapporti duri Chiesa Cattolica - DC (De Gasperi,
Fanfani...). La Chiesa Cattolica c'è in Italia dalla caduta dell'Impero Romano,
ereditandone la lingua, la struttura amministrativa, e facendo uno Stato Pontificio, sia
pur cessato; e oggi essa vi è riposizionata come parlamento "federale
diocesano", CEI. |
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5.- Ma il Comitato organizzatore ha
detto che ha fatto il convegno ai soli fini celebrativi storici, non per invocare il
ritorno della DC in Italia.
Questo è una contraddizione in termini. C'è il fatto che il Teatro era gremito e ne
rovescia la portata.
L' alternativa realistica è che il Comitato ha fatto la celebrazione per segnalare al
partito di Fratelli d'Italia il permanere, in Italia, del grande vuoto lasciato dalla DC,
e dunque da riempire.
5.- Dato il dubbio, direi che il COMITATO NAZIONALE, organizzatore della celebrazione
dell' 80esimo anniversario della DC, vada ri-denominato COMITATO GOVERNATIVO.
6.- La DC si conferma antifascista, e riconosce il Governo Meloni come governo
democraticamente eletto, sia pur non pienamente soddisfatta del "suo" Premierato
dirigista, perchè non bilanciato da maggiore sovranità popolare (causa il frazionamento
dei voti, causa la polverizzazione dei partiti). |
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Resoconto sul XIX
Congresso Nazionale, Roma, 10-11 nov. 2012
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Gianni Fontana
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ELETTO UN NUOVO SEGRETARIO NAZIONALE
On. le Avv. Giovanni Fontana
( con il 95,8% dei voti )
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ANCHE ELETTO IL CONSIGLIO NAZIONALE
Presidente: On.le prof.ssa Ombretta Fumagalli
( eletta con 49 voti su 80 del CN ) |
Ombretta Fumagalli
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NOTA DI SINTESI. Al momento, la DC è ricomparsa "giuridicamente". A
riguardo degli uomini, essa e' quella del 1992, tale e quale in ogni senso (salvo
pochi), ma con l'obiettivo dichiarato di far subentrare presto le nuove generazioni.
E' anche emerso necessario fondare la rappresentanza popolare non più
sulle tessere, ma su indicatori oggettivi di impegno e di merito.
Nel Congresso è prevalso il
"partito delle tessere", secondo il Manuale Cencelli, imposto da alcuni
"notabili", per la composizione del Con- siglio Nazionale, così da determinarne
un impianto zoppo. Infatti, sono risultate rappresentate solo 12 Regioni, su 20 in Italia.
In particolare, poi, tra le 12, a Marche ed Emilia Romagna è stato dato 1 rappresentante
rispettivo, pur se a Campania 20, a Calabria 11, a Sicilia 9.
Sui motivi di tanto "rigore" dei
detti notabili, è ipotizzabile la preoccupazione di controllare future mosse per la
ricerca del Tesoro della DC, scomparso, e di cui qualche "pierino" ha detto ...
dal podio, ma ignorato dal tesoriere ( pur ricomparso dal podio degli intervenuti),
successore diretto di Chitarristi, a suo tempo. |
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FONTANA : "Speranza per l'Italia e Volontà di
ritrovare il cammino dei Padri, che ci hanno guidato per quasi 50 anni
senza inganno, prima di cedere ad un declino che nessuno di noi immaginava, ma che
è avvenuto per i nostri errori,
per i quali io qui, a nome di tutto questo partito, di tutti voi, chiedo
umilmente e solennemente scusa a tutti gli Italiani". |
Dal XIX
Congresso della Democrazia CristianaRelazione del Segretario Politico On.le Avv. Giovanni
Fontana§Roma 11-12 novembre 2012 INSIEME ABBIAMO RICOSTRUITO
LITALIA.
. INSIEME RIPRENDIAMO IL CAMMINO.
Gentili amiche e cari amici,
siamo qui, con umiltà ma anche con convinzione, per destinare qualche soldo di cultura,
molta passione e tutto il piccolo o grande patrimonio della nostra non più verde età, a
quanti vorranno vivere insieme con noi questa "impresa possibile":
tornare ad attivare, nel cuore della società italiana, valori di tempi lontani ma non
transeunti, e a testimoniare una più responsabile e lungimirante azione politica per il
Paese.
I IL TEMPO CHE VIVIAMO: DALLA CRISI ALLA RIPRESA
La crisi che, ormai da oltre quattro anni imperversa con i suoi tremendi
effettifinanziari, economici, sociali, morali ma che già covava da molto tempo, ha
spazzato via, ideologie, valori, tradizioni e culture; compresa quella componente storica
di liberalismo illuminato che, attualizzata con saggezza, avrebbe potuto costituire la
rivincita sulle ideologie che hanno bollato il 900 come un secolo anti-umano. Oggi,
anche in casa nostra, domina invece, un liberalismo molto diverso: è un liberalismo
cieco, un semplice "liberismo" economicistico distorsivo di ogni civile
aspirazione a giustizia e solidarietà.
Penso in concreto allavidità di quel liberismo finanziario deragliato
nellavidità delle banche americane, trasmessasi poi come un contagio a livello
planetario, compreso il nostro Paese. Oggi, negli Usa, esso è rintracciabile bene in
posizioni come quella espressa da Mitt Romney, il quale, nel corso della campagna
elettorale, aveva definito il 47% degli elettori di Obama fatto di parassiti che
pretendono lavoro, casa e sanità.
Per un partito di ispirazione cristiana e di radici popolari, come è la Democrazia
Cristiana, questo parlare dei poveri e dei deboli come parassiti è penoso. In Italia
questi "parassiti", cioè i poveri delle vecchie e nuove povertà, ingrossano le
loro file inglobandovi anche persone dei ceti borghesi che frequentano le mense della
Caritas e condividono con i barboni un dramma che non trova la solidarietà cui avrebbe
diritto anche da parte dello Stato che tale "liberismo" ha ritenuto di sposare.
Questi poveri, in genere, non frequentano gli indignados ma, a noi che li vediamo
con i nostri occhi, imprimono aghi profondi nella coscienza: interpellano il nostro
aver tradito, talvolta, in passato, il popolarismo cristiano e lidea
democratico-cristiana. Ma, soprattutto, ci sollecitano, essi poveri, a non restare
più oltre incerti nel riprendere una iniziativa di forte solidarietà e giustizia, anche
in politica.
Il fatto è che mentre lorizzonte delle possibilità umane si è venuto immensamente
allargando, in questi venti di assenza della Democrazia Cristiana dallo scenario politico,
il pensiero, la cultura, la tradizione, si sono invece venuti ritraendo: uno spazio di
grigiore è oggi sopra di noi, davanti a noi e in mezzo a noi. E noi sembriamo quasi
costretti a rifugiarci nella memoria delle cose positive e dei maestri che abbiamo
conosciuto e frequentato in passato, come a cercare qualcosa e qualcuno, che ci aliti una
rinnovata speranza e ci suggerisca un itinerario su cui riprendere a camminare con lena.
Su questo oggi siamo chiamati a riflettere e a decidere.
Sappiamo che la società ci guarda, mentre riprendiamo nelle mani questo barlume di
speranza e scrutiamo dentro di noi il cosa possiamo fare, il come operare di nuovo con
specificità, competenza, visibile affidabilità. Per noi, questo rinascere, questo,
quasi, re-indossare i pantaloni corti in età non più giovane, è come un secondo
battesimo al quale volontariamente e umilmente ci accostiamo per non essere
ulteriormente in balia della rassegnazione e della disillusione, per non smarrire il filo
di un vecchio cammino che abbiamo già percorso e che ebbe risultati anche grandi per il
nostro Paese: fin dal dramma della guerra e dal regime rovinoso che lha preceduta,
le cui macerie di distruzione e di morte hanno permesso il generarsi del risorgimento
dei nostri Costituenti.
Un risorgimento costruito insieme al popolo, per un credito di libertà e di
giustizia nella democrazia e nella solidarietà sociale, cui abbiamo saputo consegnare
conquiste che avrebbero meritato una più duratura e fertile vita.
Ma, oggi, non vogliamo celebrare gli eroi morti né le conquiste finite: agli eroi che ci
sono stati padri siamo debitori di quanto abbiamo imparato, e lonesto debitore paga
continuando i loro atti testimoniali. Così è stato fatto, sostanzialmente, da De
Gasperi Moro: ci accorti, tuttavia, a questo punto della nostra storia, di quanto
fosse impegnativa quella eredità, e difficile da gestire. Oggi ci sentiamo ancora fragili
nel riprendere in mano tale patrimonio che, in una parola, è il talento di governare
fondata su radici di forte penetrazione popolare, sociale, cristiana, non solo difficili
da estirpare ma anche molto esigenti in termini di coerenza personale: insomma una della
politica aderente alla vita e non della vita aderente alla politica.
Ci sentiamo, nello stesso tempo, decisi. Il concetto di inserire le classi popolari nello
Stato, la moralità dei comportamenti di gestione della cosa pubblica, la fermezza
di una laicità che per noi non significa confusione, né separazione, né equilibrismo,
ma cosciente responsabilità dentro la città delluomo, sono valori che desideriamo
nuovamente testimoniare con forza. Sapendo bene, come sapevano i padri, che la politica è
servizio che usa con competenza il potere per conto di chi ci ha delegato al potere e
della comunità cui il potere appartiene.
Sia ben chiaro, a noi e ai giovani cui parliamo, che non si può essere posseduti dal
potere: niente di umano può possedere luomo, né potere, né denaro, né
cultura, senza che sia rovinoso. Luomo è per laltro uomo, perché chi
possiede la nostra vita è soltanto Dio. Anche il politico deve ricordarlo ogni giorno.
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Silvio Lega:
"No a una
DC, partito".
.
"Sì a DC,
movimento" |
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Silvio Lega |
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Membri
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del Consiglio Nazionale
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Calabria |
Barbuto Nicola |
Calabria |
Colavolpe
Salvatore |
Calabria |
Cupi Vincenzo |
Calabria |
Donato Angelo |
Calabria |
Nisticò
Giuseppe |
Calabria |
Oliverio
Caterina |
Calabria |
Ripepi Massimo |
Calabria |
Squillace
Francesco |
Calabria |
Straface
Antonio |
Calabria |
Vazzana Carmelo |
Calabria |
Deseptis
Fiorella |
Campania |
Boffa Aldo |
Campania |
Brancaccio
Valeria |
Campania |
Cirino Pomicino
P. |
Campania |
Cuofano
Pasquale |
Campania |
Della Corte
Giovanni |
Campania |
Ferraiuolo
Luigi |
Campania |
Ferraro Roberto |
Campania |
Fiorenza
Nazzareno |
Campania |
Grippo Ugo |
Campania |
Nunziante
Maurizio |
Campania |
Pelosi Daniele |
Campania |
Picano Angelo |
Campania |
Polizio
Stanislao |
Campania |
Ravaglioli
Marco |
Campania |
Rodondini
Vincenzo |
Campania |
Scala Raffaele |
Campania |
Troisi Nicola |
Campania |
Bocchio
Isabella |
Campania |
Lombardo Maria
R. |
Campania |
Mazzitelli
Giovanni |
Emilia |
Duce Alessandro |
Lazio |
Alfano Giulio |
Lazio |
Darida Clelio |
Lazio |
Di Sangiuliano
Giuseppe |
Lazio |
Marinangeli
Alessandro |
Liguria |
Adolfo Vittorio |
Liguria |
Faraguti
Luciano |
Liguria |
Gaggero Gergio |
Liguria |
Tanzi Carla |
Liguria |
Gallina
Gabriella |
Ligurìa |
De Gaetani Gian
Renato |
Lombardia |
Abbiati Achille |
Lombardia |
Baruffi Luigi |
Lombardia |
Cazzaniga
Sergio |
Lombardia |
Cugliari Emilio |
Lombardia |
Donato
Salvatore |
Lombardia |
Fumagalli
Ombretta |
Lombardia |
Generoso
Serafino |
Lombardia |
Ravelli Roberto |
Lombardia |
Galli Anna
Maria |
Lombardia |
Soncina Greta |
Marche |
Morgoni Vinicio |
Piemonte |
Aceto Piero |
Piemonte |
Brustia Adelmo |
Piemonte |
Deorsola Sergio |
Piemonte |
Lega Silvio |
Piemonte |
Mazzucco
Francesco |
Piemonte |
Mussa Fabrizio |
Piemonte |
Sartoris
Riccardo |
Piemonte |
Pavesi Negri
Gabriella |
Puglia |
Cattolico
Antonio |
Puglia |
De Leonardis
Giovanni |
Puglia |
Di Giuseppe
Cosimo |
Puglia |
Donatelli
Francesco |
Puglia |
Fago Antonio |
Puglia |
Lisi Raffaele |
Puglia |
Palermo
Francesco |
Puglia |
Roberto Erminia |
Sicilia |
Alessi Alberto |
Sicilia |
Brancato
Antonino |
Sicilia |
Caponetto
Francesco |
Sicilia |
Cappadonna
Michele |
Sicilia |
De Vito Bruno |
Sicilia |
Grassi Renato |
Sicilia |
Pulvirenti
Antonio |
Sicilia |
Torre Carmelo |
Sicilia |
Di Quattro
Maria G. |
Toscana |
Bindi Marco |
Toscana |
Camaiti Maria
Pia |
Toscana |
Pizzi Piero |
Toscana |
Puja Carmelo |
Veneto |
Bonalberti
Ettore |
Veneto |
Bontorin
Fulgenzio |
Veneto |
Bottin Aldo |
Veneto |
D'Agrò Luigi |
Veneto |
Fregonese
Silvio |
Veneto |
Malvestio Pier
Giovanni |
Veneto |
Milani Luciano |
Veneto |
Zanforlin
Antonio |
Veneto |
Panin Maria
Grazia |
Veneto |
Zanferrari
Gabriella |
Cons.Reg. |
Nucera Giovanni |
Deputato |
Gargani
Giuseppe |
_________
TOTALE |
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94 |
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NINO LUCIANI, Il Commento. 1.- Premessa. Il XIX Congresso
della DC (il XVIII fu il 17 febbraio 1989), celebrato a Roma il 11-12 novembre 2012, ha
mostrato due facce:
a) un Congresso ufficiale, in cui vedevi:
- un Segretario Nazionale (On.le Avv. Giovanni Fontana), 68 anni,
uomo buono, colto, di grande sensibilità, largo di vedute, acuto nel vedere il granello
"significativo", un discorso durato due ore. Mi sono ricordato il livello e gli
svolazzi di Aldo Moro;
- una sala stracolma ( la sala della Confindustria, a Roma, non
meno di 1000 persone, inclusi gli invitati), gente semplice carica di valori, che ha
seguito attentamente il Segretario, lo ha applaudirlo ripetutamente a scena aperta, e
anche interrotto con "parole" di enfatizzazione di singoli concetti.
b) un congresso nelle segrete stanze, dove
veniva contrattata e redatta la lista dei candidati (80) al Consiglio Nazionale. Qui
vedevi un andirivieni continuo di notabili e di chiamati e mettere la firma di
accettazione della candidatura.
Chi erano questi "notabili" ? Erano i notabili dell'ancien
règime, quelli del partito delle tessere. Non ho motivo
togliere un solo capello di stima alle singole persone elette. Ma avendo, alcuni
"notabili", imposto il Manuale Cencelli per le candidature regionali, ne è
uscito un impianto complessivo di Consiglio Nazionale, zoppo per la DC. Su 20 Regioni,
solo 12 hanno ottenuto la rappresentanza. E delle 12, Marche e Emilia Romagna è stato
dato 1 solo rappresentante, rispettivo (anzi quello dell'Emilia non è stato indicato dal
gruppo della E.R., ma dai "notabili").
E' offensivo definire i "notabili" come "partito delle
tessere" ? L'On. Paolo Cirino Pomicino, che ha fortemente condizionato il
Congresso, mi ha chiarito che, pur con qualche ombra, il fondare (sulle tessere) la
rappresentanza del popolo democristiano è il modo più democratico.
Ma chiunque io incontrassi per strada (fuori dal Congresso, e dappertutto in
Italia), e gli raccontavo che è stato applicato il Manuale Cencelli, lo vedevo andare in
escandescenze. Tutti hanno, infatti, ben presenti i fatti che originarono un "declino
inimmaginabile della DC" (parole della Relazione del Segretario), e che si
impose perchè la DC non trovo' la forza di auto-pulirsi.
Al contrario, in Germania, vicende simili (a carico del Cancelliere
Helmut KOHL) furono risolte velocemente: mandato a casa senza complimenti, pur avendo
grandi meriti politici verso la Germania (unificazione) e verso la Unione Europea (Euro).
E infatti la DC tedesca è ancora in parlamento, e oggi al Governo.
Credo che, per l'Italia, l'esempio tedesco vada applicato
rapidamente, senza scusanti.
Approfondiamo questa ricomparsa dei "notabili", dacchè la allora
umiliazione della DC (a prescindere che si tratti di un partito o di altro partito) pare,
ancora nel 2014, uno scotto insufficiente.
Ma, da altra parte, mi è sembrato molto potente e condiviso dal
popolo dei congressisti il comune sentire dei valori, e l'entusiasmo, intorno al
Segretario Fontana.
Questo è un buon viatico per l'ottimismo nel futuro. Il mezzo, per essere
vincente, potrebbe essere di fondare la rappresentanza su cosa diversa dalla
"tessera": su questo torno più avanti.
2.-
Distinzione tra una DC di interessi legati al potere politico e una DC di valori cristiani
e laici liberali.
a) Premessa. Il fatto che la DC, come un qualsiasi partito
si possa proporre nel 2014, è fuori discussione, come diritto costituzionalmente
garantito a chiunque.
Ma il punto da affrontare in premessa è altro: chiarire se, mancando
nel parlamento italiano (ed europeo), un partito dei cristiani (cattolici, ortodossi,
protestanti, giudei) e dei laici liberali (cosa diversa da un partito cattolico,
subalterno alla Chiesa Cattolica), venga a mancare in Italia un pezzo di storia, una pietra
miliare.
La stessa domanda mi sono fatto per il PCI (diciamo per i due grandi partiti
del Socialismo italiano), scomparsi nel 1992.
Non ho risposte certe. Ritengo, però, che, dopo il venire meno della DC e
del PCI (e del PSI) nel 1992, in Italia è venuto meno lo Stato, e ci siamo trovati nelle
mani di partiti senza il senso dello Stato, con grave danno per la coesione
sociale intorno alle grandi idee alternative, su cui fondare il governo del Paese.
La via verso l'alternativa tra due grandi partiti nazionali è un
percorso che non inizia da zero e lo vediamo nel fatto che il PD si pone alternativo al
PDL (a parte se l'inserimento dei nostri giovani nella dialettica politica varra'
a riabilitarli o a disintegrarli, rispettivamente. Mi riferisco a Beppe
Grillo, a Matteo Renzi e a tanti altri giovani comparsi di
recente sui mass media).
b - No a una
DC, che produce germi corruttivi, tipici delle dittature. In generale parlando, una dittatura non è forte
primariamente per il potere di polizia o dell'esercito. Ne sappiamo qualcosa, in Italia,
senza bisogno di guardare alla Tunisia, alla Libia, alla Siria. Il potere dittatoriale,
dopo il primo colpo di mano (magari militare), cerca di catturare il consenso sociale con
vari privilegi a "parte della popolazione".
Poi, quando nel seguito, la dittatura fosse contestata, saranno costoro a
sostenerla, per non perdere privilegi.
In questo senso la tessera, legata ai poteri, è il germe corruttivo
della dittatura dentro la società civile.
3.- Una ipotesi che
può spiegare il ritorno del partito delle tessere. La DC non è oggi un partito di potere, per cui è
difficile spiegare questo ritorno del partito delle tessere.
Nelle nuove condizioni, la via, più naturale per creare la nuova
rappresentanza, pur se collegata giuridicamente agli iscritti del 1992, doveva essere di
ripartire la rappresentanza proporzionalmente al lavoro da fare nelle Regioni: ad es., in
proporzione alla popolazione regionale.
Poi, dopo le prime elezioni (con scudo crociato), si potrà anche premiare il
merito dei dirigenti locali, ad es. ripartendo, in parte, i posti sulla base dei voti
riportati nei Consigli Comunali della Regione.
Ma non
è andata così. E allora
perchè tanta "diligenza" di "alcuni" notabili nella ricerca di
"tessere del 1992" ?
Una ipotesi plausibile è collegarla ad una "ombra" vagante nella sala
del Congresso, quasi la "ombra" un morto (ma che "morto" non era,
aveva detto la Cassazione).
L'ombra era un pensiero fisso al "Tesoro della DC", scomparso a suo
tempo, su cui qualche "pierino" ha anche fatto domande dal podio.
Forse qualcuno ha la mappa del luogo del tesoro, come i briganti della "Isola
del Tesoro" , il romanzo di R. L. Stevenson.
Ipoteticamente, potrebbe trattarsi di qualcuno che vuole rintracciare il
Tesoro per mettervi le mani sopra, o di qualcuno (cosa più probabile) che punta a
sciogliere il partito della DC, e crearvi un successore , come si fa per le moderne
società di capitali (far sparire i debiti, e ricominciare da capo).
Perchè
il Tesoriere, che è successore diretto di Chitarristi, non ha fatto chiarezza su questo
"Tesoro" ? La
domanda è ineludibile, prima o poi. |
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In questa concezione della
politica, la mediazione degasperiana e anche quella morotea, è sempre stata
allinsegna di cercare punti di contatto con chi camminava su strade diverse. E oggi
il dialogo, la ricerca di accostarsi allaltro in nome di una sempre rinnovabile
unità costruttiva del Paese, è ancora indispensabile non solo per evitare guerre
ideologiche tra le parti, lostinata condanna dellaltro, ma anche per affermare
un dialogo che non sia galateo di comportamento bensì rispetto profondo della persona
umana che occupa il suo posto nella società.
Bisogna liberarci dalla distruttiva posizione espressa dallaforisma di Sartre
"linferno sono gli altri". Per noi gli altri sono la nostra famiglia e la
nostra comunità solidale, anche quando ne percepiamo limiti ed errori, dai quali del
resto neanche noi siamo immuni. Per noi conta avere davvero nellanima il bene
comune.
Spesso ci si libera dalla propria difficoltà accusando laltro: siamo tutti
innocenti e laltro è il corrotto; non risolviamo i problemi: la colpa è
delleredità lasciataci da chi cera prima di noi. Senonché la dialettica
politica che dà frutti positivi è fatta di dialogo ininterrotto la cui esemplarità non
poggia su un "io" prepotente e sicuro, privo di prossimità con laltro.
In maniera forse un po ingenerosa, e me ne scuso, provo limpressione che
questa situazione di debolezza-incapacità suggerisca, nella situazione politica italiana,
i nomi rappresentativi di Alfano, Bersani e Casini, i quali non trovano la via
duscita per concordare una buona legge elettorale. LABC citato dovrebbe invece
suggerirci un alfabeto della democrazia del dialogo permanente; un dialogo formale e
informale, capace di valorizzare ogni spunto positivo da chiunque dei tre venga
proposto, anzi semplicemente da chiunque venga proposto.
Noi dobbiamo avere soprattutto la prossimità con chi non ha tutori ed è alla
periferia della rappresentanza politica e sociale, come chi abbandonato dalle istituzioni
è soccorso dalla carità ma aspetta di essere soccorso per atto di giustizia creduta e
praticata. La giustizia infatti è un concetto anche pre-cristiano; fu già celebrata
nellantica Grecia e poi esaltata fino allutopia marxista, oltre che espressa e
documentabile nella impostazione sociale della fede cristiana. Per questo noi, critici
verso la teologia della liberazione per i suoi eccessi privi di utilità, siamo
sinceramente impegnati in una autentica politica della liberazione, che può
trovare energie concordanti in mondi di buona volontà che vanno anche oltre
luniverso dei credenti. Una politica della liberazione, soprattutto, nei
confronti dei gruppi sociali meno abbienti e in varia misura emarginati.
In Italia, dopo la cosiddetta "prima repubblica", cè stata una
enfatizzazione di entusiasmo per il sorgere di una "nuova politica" annunciata
come liquidazione del passato e progettazione di un nuovo modello. Un nuovo modello
capace, si diceva appunto, di "liberarci" da pesantezze e inadeguatezze del
passato. In questo tentativo furono coinvolte anche personalità di buona cultura e di
buoni intendimenti penso ad esempio a Melograni, Urbani, e molti altri che
concepirono un cammino di lineare onestà in ottica di rivoluzione liberale, cioè
di liberazione: lo Stato di diritto e lo Stato dei diritti, la legalità, le scelte
selezionate dei candidati alla guida del Paese.
Ma a lungo andare - non molto lungo, a dire il vero il progetto manifestò qualche
prima crepa e poi, con frequenza crescente, crepe e crepacci fino ala caduta
delledificio. Il fenomeno Berlusconi non poteva resistere al peccato di origine del
suo populismo: in realtà una deviazione del concetto di popolo sovrano e partecipante.
E stato un populismo bisognoso di
carisma da ubbidire più che da condividere, di fedeltà di militanti più che di
lealtà di compartecipi, di una capacità di comunicazione politica che accetta di
recitare promesse impossibili più che impegni reali. Ne ricordiamo una fra le molte: Meno
tasse per tutti; una promessa che, così scriteriatamente espressa, tradurrei
nellespressione "evasione per tutti", che ne è leffetto pratico tendenziale; mentre responsabilità davvero sociale e liberante avrebbe
dovuto dire: Tasse eque per tutti nella trasparenza assoluta, pubblica, permanente, del
loro utilizzo. Così, se dopo "tangentopoli" abbiamo conosciuto la
fine della "prima repubblica", non molto tempo dopo abbiamo dovuto constatare
anche il rapido crollo della seconda. Sono, a questo proposito, sollecitato a insistere
sulla importanza di una memoria storica positiva e fertile, e penso che in tal senso la
relazione Costituzione-democrazia-partecipazione-rappresentanza-solidarietà sia l"impresa
impossibile" che siamo chiamati a far diventare possibile. Dimenticata la
Costituzione, inquinata la democrazia, tra populismo e nuove forme di ribellione politica
e di protesta antipolitica, traballante limpalcatura delle istituzioni dove la
corruzione e la malversazione sembra assurta a prassi quotidiana accettata, la
rappresentanza pare impigliata in una rete che non pesca qualità adeguate ad affrontare
il dramma della crisi che stiamo vivendo.
Il mondo ci guarda, lEuropa ci osserva ed anche lanti-europeismo cresce,
mentre strisciano venature di neo-nazionalismo: in un paese dellAbruzzo sono stati
multati coloro che cantavano "Bella ciao"; in altri paesi di diverse regioni
sono state aperte strade intitolate a vecchi gerarchi fascisti; ci sono monumenti della
rimembranza e sacrari di "eroi" della guerra in Etiopia; e altro e peggio. Segnali
che ci pare non possano essere tollerati ma, prima ancora di essere combattuti, vanno
profondamente analizzati.
E stato detto per paradosso che oggi, se qualcuno si sognasse di fare unOpa
sullItalia, lasta andrebbe forse deserta: eppure lItalia è
tuttaltro che da rottamare; la ricchezza privata assomma almeno a ottomila
miliardi, il made in Italy è vivo e richiesto ampiamente, il turismo richiama
ancora un flusso ininterrotto di visitatori, le riserve auree sono solide, il reticolo
delle piccole imprese è tuttora quasi unico al mondo, molte nuove microimprese sorgono
anzi per iniziativa di giovani, e testimoni di vita esemplare circolano fra noi, li
vediamo nel nostro quotidiano muoverci tra le strade e i luoghi di lavoro.
Questa è la riserva sana del Paese reale: e allora le due Italie, quella dei poveri, dei
disoccupati, dei precari, dellAlcoa e dellIlva, e quella che, dallaltro
lato, rappresenta la parte non toccata dalla crisi ma pensosa del futuro e desiderosa di
assumersene la responsabilità, chiedono insieme una politica di nuova adeguatezza
testimonial, per una speranza di più lunga gittata.
La Democrazia Cristiana sceglie di farsi carico di questa speranza non già seminando al
vento promesse che non si possono fare, ma affidandosi con onestà e fattività a nuove
generazioni e ad antichi valori, come chi passa un simbolico testimone degli anni
gloriosi della ricostruzione e dei partiti politici che seppero camminare con passo
sicuro e adeguato alla gravità dei problemi da affrontare.
Se questo è il quadro che ci è dato vivere, quale è la nostra specifica
responsabilità? Il nostro compito è quello di riaprire lo spazio della speranza e
della concretezza operosa per una testimonianza di impegno politico che riprenda i
valori della nostra storia popolare e democratico-cristiana e sappia liberarli a una nuova
luce e a una nuova capacità realizzativa. II - PERCHE DC
Una volta finita, anche malinconicamente, lesperienza della Democrazia Cristiana
storica, avevamo sperato che la memoria collettiva del Paese avrebbe conservato i grandi meriti
del partito di De Gasperi e Moro e compreso gli errori di percorso della sua ultima
fase. Avevamo sperato che da quella grandiosa e umiliante esperienza, il Paese, i suoi
cittadini di buona volontà, avrebbero imparato molto. E avrebbero imparato anche dalle
esperienze degli altri partiti che si andavano consumando come il nostro, dopo quasi mezzo
secolo di vita repubblicana grande ma anche, spiritualmente, ormai prosciugata nelle anime
delle classi dirigenti.
In modo più specifico, avevamo sperato che sulle ceneri del nostro lavoro avrebbero
potuto sorgere due grandi partiti moderni, uno di centrosinistra ed uno di centrodestra, uno
di spinta progressista e uno di moderazione liberale, capaci di ereditare il lato
migliore di quella storia e di darci la fase adulta e compiuta dellItalia: un Paese
solido e serenamente capace di governare la propria crescita nella partecipazione e nella
solidarietà.
Avevamo sbagliato questa previsione. In effetti, senza far torto alla presumibile buona
volontà di tanti singoli, ci sentiamo di dire che le nostre attese sono state
totalmente deluse.
Non è nato un partito democratico di centrosinistra capace di
amalgamare il grande messaggio popolare e solidale della DC con laltrettanto
importante anelito di giustizia distributiva dello storico Partito Comunista: due anime
che mai si sono fuse nella armonica capacità di generare un partito di alta cultura
sociale riformatrice. Lassismo nellimpegno di rinnovamento del pensiero,
sottovalutazione dei fattori di complessità emergenti sulla fine del secolo appena
trascorso, preoccupazioni contingenti di equilibri fra gruppi, fretta di successi
elettorali contro avversari aggressivi e sicuri di sé
Forse qualcosa di tutto
questo ha giocato un ruolo nefasto: e ha generato la prima delusione per le speranze di
una responsabile democrazia dellalternanza.
Sul versante del centrodestra le cose sono andate anche peggio: insieme alla
mancata maturazione di una classe dirigente degna di questo nome, si è realizzato lo
sfacelo educativo e morale di una politica ridotta a messaggio di marketing
delleffimero in ogni sua manifestazione. Le poche persone di sincero pensiero
elaborante le abbiamo viste progressivamente lasciate ai margini dei luoghi decisori; la
leadership carismatica labbiamo vista ridotta a una inquinante commistione di
aziendalismo privatistico con libertinismo diseducativo; la linea programmatica sottomessa
a una dominanza economica che si è rivelata esasperatamente finanziaria e speculativa. Ed
è stata la seconda delusione.
Infine il centro. Nella zona che sul piano ideale avrebbe avuto le condizioni più
adatte a preservare anche una quota decisiva del messaggio storico della Democrazia
Cristiana, si è palesato il protagonismo di un partito che di fatto non è mai riuscito
ad aggregare né tradurre in politica organica alcun pensiero. Un improduttivo
oligarchismo che non ha mai respirato lossigeno impegnativo ma anche corroborante di
una partecipazione davvero popolare. Ed è stata la fine di una ulteriore speranza.
Tacciamo, da ultimo, di quanti, piccolissimi gruppi che non è appropriato chiamare
formazioni politiche, hanno cercato di insinuarsi, anche con buona volontà almeno
iniziale, in questo gioco ormai senza radici e senza prospettive, e del tutto più grande
delle loro possibilità. La idea di una "Italia dei valori" è diventata un dipietrismo
che oggi palesa anche nelle aule giudiziarie la confusione deleteria fra partito di
cittadini e gruppo personale; un grillismo che anela lodevolmente a far emergere
con forza la voce di chi dallestrema periferia dellelettorato reclama il suo
diritto a essere ascoltato, ma finisce in una protesta amebica incapace di tradursi in
risposta collettiva e nazionale ai problemi collettivi e nazionali; una sparpagliata ex sinistra
estrema, che a merito della sua annosa agitazione può vantare soltanto il risultato
di aver fatto cadere un governo Prodi che pure testimoniava uno sforzo sincero di
ricollegare la politica con il sentimento della gente; i resti di una gruppuscolare
destra riottosa che avendo trovato spazio risibile nella effettiva determinazione
degli orientamenti politici del Paese si è trovata a dialogare - contraddizione finale e
quasi irridente - con il leghismo separatista; il quale a sua volta non ha tardato a
testimoniare la miseria morale che ne attanagliava le intenzioni e i comportamenti, anche
negli uomini che avevano fatto consistere lunica loro bravura nel rimproverare agli
avversari i medesimi comportamenti.
Le sorprese più recenti sono Montezemolo, Riccardi, Bonanni e tante personalità della
società civile che hanno elaborato il loro manifesto: non un partito, non un movimento:
un mondo di proposte politiche, una realtà dopo tante delusioni, una specie di gruppo di
pressione fattosi coscienza critica del potere: un patto per una nuova politica. Più che
notabili, uomini di rango: non pensiamo che abbiano qualche piccola venatura di
popolarismo.
Il risultato è che non cè classe dirigente, oggi, nel nostro Paese, non cè
un pensiero espresso dalla politica sul suo futuro, non cè una cultura di gestione
e non cè una consapevolezza valoriale. Fino al punto che si è dovuto ricorrere
allespediente, legittimo e onesto ma tremendamente allarmante, di un governo
tecnico incaricato del puro e semplice ritorno a una normalità minima che di fatto è
solo la normalità della gestione formale del bilancio dello Stato. Questo è infatti in
sostanza il governo Monti, nonostante la buona volontà di diversi suoi esponenti e
nonostante la indiscussa competenza e correttezza dello stesso Presidente del Consiglio,
il quale, in un quadro così difficile, è riuscito comunque a restituire al mondo una
immagine più credibile e affidabile del nostro Paese.
Ed è per un atto di consapevolezza piena, e di buona volontà responsabilizzatrice di
fronte a tanto scempio e a tanta ombra sul futuro, che noi oggi siamo qui, a pensare in
termini di ripresa dellazione della Democrazia Cristiana per lItalia.
Oggi, siamo convinti che lItalia abbia più che mai necessità di "democrazia
cristiana": con la lettera minuscola e, insieme, con la lettera maiuscola.
Con la lettera minuscola, come sostantivo e aggettivo, nel senso che questo nostro Paese
ha bisogno di riconquistare democrazia vera e partecipata: solo così la politica può
giustificare il suo potere, le sue contese.
Attorno al ludibrio della vigente legge elettorale si è ridotta infatti quasi a zero la
pratica della democrazia e della relativa motivazione degli animi nella scelta della
classe dirigente; e ha bisogno di cristianesimo ispiratore, vissuto con coerenza per il
bene della "città delluomo" che ci è affidata: di cristianesimo come
lievito di valori che torni a fermentare una società in cui la centralità non sia
più quella della finanza che domina leconomia e delleconomia che domina
limpresa costringendola a non essere una comunità di lavoro per inseguire un
concetto di business eretto a mostro totemico contro la dignità della persona sancita
dalla Costituzione ma anche dal semplice diritto naturale.
Neanche il diritto naturale può infatti concepire il licenziamento collettivo di migliaia
di persone attraverso una e-mail spedita da migliaia di chilometri per effetto di una
notizia battuta in un nanosecondo sulla diminuzione di valore della quotazione di
unimpresa, in un mercato finanziario distante a sua volta migliaia di chilometri.
Questa "efficienza capitalistica" reputiamo, senza mezzi termini, sia figlia del
Male, Uno strumento di peccato, come recita la "Populorum progressio",
radicalmente incompatibile con la nostra visione di umanesimo e di personalismo, che
allabbrivio del ventunesimo secolo, riproclamiamo, entrambi, come permanentemente
nostri; e che sono la semplice, grande ed impegnativa eredità lasciataci dalla Dottrina
Sociale della Chiesa e dallidea democratico-cristiana.
Entrambe ci hanno lasciato ben diverso insegnamento: dalla Rerum Novarum alle
successive encicliche sociali, da monsignor Ketteler ad Antonio Rosmini, dalla Scuola di
Friburgo al Codice di Camaldoli, dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa alla Caritas
in Veritate, questo insegnamento ci parla costantemente e puntualmente della liceità
del mercato ma anche del suo necessario ancoraggio a finalità morali, di diritto
indiscutibile a condividere i frutti dellimpresa fra tutti, di salario di dignità
per ogni famiglia, di illiceità della pura rendita e della pura speculazione
Ebbene, cè necessità che più democrazia cristiana, con questa lettera minuscola,
trovi al suo servizio, con forza, lucidità, sincerità morale, capacità tecnica,
accortezza politica, una rinnovata Democrazia Cristiana con la lettera maiuscola:
cè necessità che una grande associazione di cittadini "liberi e forti"
torni a generare una politica alta secondo la "nostra" Costituzione;
"nostra" perché ispirata proprio dal pensiero democratico cristiano, da De
Gasperi e Dossetti, da Gonella e La Pira, da Fanfani, Moro e Lazzati, e di nuovo indietro,
nei principi di riferimento, fino a Sturzo e Grandi e Miglioli e altri. E la faccia
diventare politica di rinnovamento potente e di rinfrancata solidarietà, di centralità
del lavoro e della impresa come comunità di lavoro, di processi formativi capaci di
rinforzare valori di libertà e di solidarietà fattiva: insomma, di comunità solerte e
rasserenante per tutti.
LItalia è infatti una comunità, innanzitutto; non una società per
azioni ad azionisti dispari, bensì una comunità di cittadini e persone che
hanno uguale dignità, servite da istituzioni fatte da tutti e da tutti partecipate, con
una economia al servizio di tutti e da tutti realizzata. E con le giovani generazioni come
primo tesoro da far crescere secondo responsabilità e autorealizzazione.
III - UN PROGETTO DI VALORI
Non temiamo la sfida perché, più tipicamente di ogni altro partito, la Democrazia
Cristiana possiede nella sua ispirazione valoriale una visione adatta a questo obiettivo
totale: totale nella sua pregnanza interna ed anche nella sua potenzialità diffusiva
oltre il nostro Paese, nella più vasta comunità costituita dallEuropa, dal
Mediterraneo, da un mondo che si è fatto sempre più villaggio comune; ricordo, fra
laltro, che di "internazionale dei democratici cristiani", con questo
spirito diffusivo e pregnante, si parlava già fin dai primi del 900 fra i cattolici
che, prima ancora che germogliassero il Partito Popolare Italiano e la Confederazione
Bianca del Lavoro costituivano i primi nuclei democratico-cristiani.
Ponte mediterraneo e crocevia planetaria, lItalia può tornare a essere, non solo
nei traffici economici, un Paese al quale il mondo può guardare come a una sua casa
simbolica di riepilogo collaborativo e di sintesi valoriale. Se la sede romana della
Chiesa cattolica rappresenta questo valore dal punto di vista religioso, la Roma
precristiana e lItalia universalistica di Dante e del Rinascimento possono
rappresentarlo dal punto di vista della unità tendenziale degli aneliti di realizzazione
umana complessiva; e il grande messaggio che da Rosmini passa a Sturzo, a De Gasperi, a La
Pira, a Moro, può rappresentarlo per il cammino di una città terrena che sappia
condividere il benessere, frutto della fatica comune, fra tutti gli uomini in questo
ventunesimo secolo ultraveloce e ultracomplesso.
Essere custodi attivi di questo patrimonio esige daltro lato che la forma e la
concreta gestione quotidiana del Paese, e la stessa modalità di essere e di operare come
partito, abbiano connotati di qualità alta.
I capisaldi di una tale politica ci sembrano almeno cinque:
La nostra Costituzione repubblicana, carta di principi e di valori da salvaguardare
con fedeltà, non chiusi aprioristicamente a ogni eventuale possibilità di affinamento,
ma lontani da quella frenesia inconsulta che ha portato a rivedere negli anni recenti il
suo Titolo V, con una superficialità che testimonia, accanto a intenzioni illusorie, la
inadeguatezza di una classe politica incapace di cogliere la grandezza dei padri
costituenti e di custodirla migliorandola: anche attraverso una nuova fase costituente
che, riteniamo necessaria per adeguare la sua seconda parte ai profondi cambiamenti
intervenuti sul piani istituzionale europeo e nazionale.
Uno Stato snello e partecipato, efficiente sul piano nazionale, arricchito da
autonomie territoriali in chiave di sussidiarietà e non di dissociazione
pseudofederalista; garantito da un intercontrollo democratico senza retoriche di
autonomismo fine a se stesso, spesso corrotto non meno di quanto esso stesso abbia
rimproverato allo Stato centrale; e, quasi sempre, colpevolmente incapace di utilizzare
persino le cospicue risorse economiche messe a sua disposizione dallEuropa.
La valorizzazione permanente e dinamica dellimmenso patrimonio culturale e
ambientale affidatole dai padri e dalla Provvidenza: almeno la metà dei beni
culturali di cui lumanità dispone è incredibilmente concentrata nel nostro Paese,
e questo solo fatto costituisce per noi "una missione nella missione" e quasi
una vocazione profetica.
Una cura gelosa della culla in cui nascono e si formano le nuove generazioni, cioè la
famiglia, attraverso la dedizione di uno Stato solerte nel favorirne solidità e
serenità, soprattutto con gli strumenti propri della sua missione formativa,
dellattivo supporto alle generazioni che declinano, affinché tale fisiologico
crepuscolo non diventi mai emarginazione né accantoni il tesoro della esperienza che si
trasmette; uno Stato che sappia garantire la sicurezza di un lavoro dignitoso per tutte le
persone che raggiungono letà adulta e si apprestano ad assumere, della famiglia, la
responsabilità più diretta.
Il governo sagace di una economia che ha oggettivamente potenzialità enormi, e che
anche nella presente crisi conferma di possedere nella creatività dei singoli e nel
tessuto della piccola e media impresa la sua linfa più vitale.
Con quali linee di orientamento pensiamo sia articolabile un simile
progetto?
Non parlo volentieri di riforme, e non perché la cultura democristiana sia aliena
dallidea di farne o perché non ne abbia realizzate le più coraggiose nella
storia del nostro paese portano la firma della Democrazia Cristiana, a partire dalla
grande riforma agraria di Antonio Segni poco dopo la nascita della repubblica ma
perché, a un certo punto della dialettica politica, il riformismo ha cominciato a vivere
quasi fosse un fine in se stesso: ma né il riformismo né le riforme sono un fine; essi
sono un mezzo, attraverso il quale la nostra quotidiana analisi della coerenza fra
"progetto paese" e realizzazioni concrete viene verificata e coerentemente
attuata; facciamo le riforme se servono e in quanto servono, ma non le adoriamo come
idoli, e le sottoponiamo costantemente a verifica perché restino effettivamente al
servizio dei valori che le ispirano.
Preferiamo parlare piuttosto di "gestione evolutiva" trasparente e
condivisa, capace cioè di governare dinamicamente le esigenze di miglioramento
permanente delle cose, senza rinviare ai tempi spesso deresponsabilizzanti di maturazione
delle "riforme": queste, quando davvero occorrono, devono essere consapevoli,
ponderate, impegnative di coerente attuazione, e non mito autoreferenziale.
Questo è il compito della politica disegnato dalla Costituzione italiana. E tale è, come
la Costituzione lo regola, anche lo strumento dei partiti politici, mezzo
privilegiato attraverso cui i cittadini partecipano al farsi del dibattito, alla
determinazione delle scelte, alla formazione della classe dirigente, e insomma alla
gestione del paese. Non temiamo, anzi decisamente vogliamo, un partito giuridicamente
riconosciuto, persona giuridica e perciò sottoposto a controllo pubblico nella sua
trasparenza di gestione.
In realtà i partiti politici operanti oggi hanno, via via, ignorato questo spirito
costituzionale per accentuare invece elementi crescenti di chiusura oligarchica, ben poco
democratica e partecipativa. Le ombre della corruzione e del clientelismo, quasi i partiti
stessi e i loro uomini fossero appunto fini e non mezzi, hanno realizzato, da ultimo, quel
nefasto distacco dei cittadini dalla politica che oggi enfatizza la sua gravità
attraverso una legge elettorale che chiude del tutto i partiti dentro se stessi quali
forme autoreferenziali di gestione del potere.
Con quale metodo pensiamo dunque di lavorare?
Innanzitutto con quello della partecipazione vera e diffusa. Pare espressione
scontata e banale, questa della partecipazione, ma essa viene in realtà ogni giorno
pronunciata e ogni giorno di nuovo tradita. Così come la partecipazione di tutti i
cittadini consente di costruire una logica di armonizzazioni progressive nel cammino di
crescita della società complessiva, analogamente la partecipazione di tutti i soci consente
al partito di essere punto di traduzione affidabile della domanda e delle attese del
paese.
I punti di partenza per noi sono certi: la Costituzione, la cittadinanza, la persona.
Essi meritano di essere confermati ma anche approfonditi in tutta la loro portata
potenziale: tanto più che nellItalia del ventunesimo secolo ci sono i cittadini e
cè, con loro, anche un numero crescente di persone in attesa di cittadinanza.
Persone provenienti dalle più diverse nazioni del mondo, o loro figli, che non
costituiscono più casi isolati ma un fatto sociale ormai strutturale: anchessi
diventano parte della nostra comunità, lo diventano in senso oggettivo: chiedono spazio
che non può essere loro negato se crediamo in una società di ispirazione cristiana. Il
problema è di fare in modo che lo spazio sia equo e i diritti, come i doveri, reciproci.
A questa condizione non si può negare lordinata e trasparente osmosi demografica,
non solo perché essa caratterizza da sempre i processi di sviluppo di ogni società
storica, ma perché la stessa grandezza della nostra civiltà italiana è germogliata e si
è sviluppata dal multiforme, secolare apporto di tali risorse.
IV IL FONDAMENTO DEL LAVORO, LA DIGNITA DELLIMPRESA, LA
SOLIDARIETA DELLECONOMIA
Subito dopo la cittadinanza, è il lavoro a costituire prioritario fondamento della
repubblica. Tale lo definisce la carta costituzionale, e si riferisce al lavoro in
tutte le sue forme, dipendente o autonomo o imprenditoriale che sia, manuale o
intellettuale.
Non sono invece fondamento della repubblica la rendita, né lattività
speculativa. Siamo qui in un campo che, fin dal medioevo, la Chiesa ha
chiarissimamente presente. La pura rendita e la pura speculazione sono un male, sono
illecite moralmente, e per noi questo principio comporta conseguenze coerenti sul piano
delle politiche attive, anche di redistribuzione reddituale e, ad esempio, di carico
fiscale.
La ricchezza nazionale resta essenzialmente frutto del lavoro e il lavoro, diritto e
dovere delluomo, è, per la Democrazia Cristiana, oggetto privilegiato di ogni
politica economica. Per tale motivo un punto caratterizzante il nostro "progetto per
lItalia" non può non essere costituito dalla revisione dellistituto
del collocamento, che ci pare da trasformare in istituto
dellaccompagnamento attivo nel lavoro.
Né vuol dire, questo, che il mercato del lavoro debba essere governato dal solo
collocamento pubblico; tuttaltro: esso si accompagna liberamente al movimento
spontaneo della domanda e della offerta che sul mercato si confrontano: il collocamento
pubblico opera invece, attivamente, su richiesta dei singoli lavoratori che vogliano
ricorrervi. Il fatto è che non cè dignità della persona se non viene attuato
per essa il diritto a un lavoro riconosciuto, remunerato e produttivo. Questo è il
concetto, ed è lobiettivo, da tenere sempre presente.
Vi è un ulteriore profilo di giustizia distributiva, e alla fine anche di efficienza
economica, che non ci sembra più possibile trascurare. Una visione distorta del libero
mercato, storicamente prevalente in tutto il mondo, riguarda la totale inesistenza di limiti
alle più atroci disparità reddituali generate allinterno delle stesse imprese.
Prevalgono anche in Italia, sia pure in dimensioni complessivamente meno abnormi,
parametri esasperati fino alliniquità, e assolutamente ingiustificabili da tutti i
punti di vista, compresa una reale efficienza economica di lungo andare delle imprese
medesime e del sistema.
Noi non assumeremo come nostro programma lidea, che pure ci viene da uno dei massimi
maestri di economia dellimpresa efficiente e a un tempo equa, e cioè Adriano
Olivetti, laddove affermava che tra lui, massimo vertice della sua azienda, e
lultimo dei suoi operai, il divario di reddito equo reputava essere da uno
a cinque. Lo corresse quel gran liberale, non certo democristiano, che era Valletta,
allora amministratore delegato della Fiat e grandissimo innovatore della vita aziendale,
affermando a sua volta che troppo stretta gli sembrava tale forbice e proponeva per essa
un raddoppio, cioè che fosse portata da uno a dieci.
Noi non assumeremo neanche questo parametro: ma se nel mondo assistiamo a rapporti
inconcepibili, persino di uno a quattrocento e oltre, e in Italia non mancano forbici di
uno a cinquanta e oltre, ci sentiamo in mezzo a una situazione alla lunga insostenibile,
per la quale assumiamo un duplice chiaro riferimento: da un lato il principio che i
parametri retributivi siano parte di una politica trasparente e perciò siano noti
pubblicamente; dallaltro che venga, con gradualità ma con inizio immediato,
stabilito un primo limite: ad esempio, che non possa essere superata la forbice di uno
a venticinque.
Siamo certi che passo dopo passo, anno dopo anno, ci sarà tempo e soprattutto ci saranno
condizioni di serenità per calibrare con il consenso sociale più ampio la misura equa,
senza mai far pensare che puntiamo a logiche di egualitarismo puro e semplice. Sottolineo
che anche questa è la Dottrina Sociale della Chiesa, prima di essere la linea
programmatica della Democrazia Cristiana. Sottolineo che anche questo è il cammino che
costruisce quella economia sociale e civile di mercato che, della suddetta
dottrina, è parte centrale.
Sottolineo che stiamo parlando di reddito personale, non di reddito
dimpresa, sul quale andranno invece considerate con intelligente accortezza le
dimensioni legate alle esigenze di espansione e innovazione più proprie della impresa
stessa, che del resto sono benedette per tutti: lavoratori ed azionisti, persone e
comunità. In particolare attraverso una riduzione dellattuale pressione tributaria
per abbattere il cuneo fiscale e stimolare ricerca e investimenti.
La Democrazia Cristiana è comunque contraria, nello stesso tempo e per lo stesso spirito,
anche a forme di garanzia del reddito che siano scisse da una corrispondente
responsabilità di lavoro produttivo. Non cassa integrazione, dunque, e neanche gli
istituti innovativi definiti in tal senso dalla recente "riforma Fornero", ma
piuttosto lavori utili in logica sostanzialmente e modernamente keynesiana,
intendendo per lavori utili gli investimenti in tutto ciò che possa essere bene comune
effettivo.
Nulla dunque ha da vedere, tutto questo approccio, con forme di assistenzialismo,
verso le quali nutriamo sostanziali dubbi tutte le volte che esse vogliano supplire a una
politica di giusta reciprocità fra cittadino e comunità. La dignità del lavoro,
espressione di una sostanziale parità nella cittadinanza responsabile, potrà in tal modo
accompagnarsi anche con una sostanziale parità di condizione fiscale e previdenziale
senza distinzioni fra categorie: come senza distinzioni ci pare debba essere, in linea di
tendenza, il diritto ad accedere a tutto il campo del lavoro, compreso quello delle libere
professioni, attraverso meccanismi semplificati e trasparenti rispetto a prassi ancora
piuttosto chiuse e per alcuni aspetti vetuste.
Certo è comunque limpresa che, per la consistenza oggettiva della sua dimensione
produttrice di ricchezza complessiva, resta il soggetto centrale per la elaborazione di
una attiva politica del lavoro. Inestimabile valore di una economia dinamica e
progrediente, limpresa deve essere, in questo senso, non solo protetta ma
sostenuta e incentivata nel suo naturale impulso di sviluppo. Punto cardine di una tale
politica ci sembra lo snellimento della burocrazia relativa alle autorizzazioni e ai
controlli.
Se questo è il lato normativo-burocratico della vita dimpresa, sul versante
economico ve nè uno non meno pregnante: limpresa si sostiene e cresce con il
duplice strumento dellautoinvestimento e del credito bancario, come è noto. Anche
sulla politica creditizia finalizzata allo sviluppo dimpresa vi è un particolare
elemento centrale nella cultura democratico-cristiana, che mentre non può, secondo noi,
essere trascurato: è quello costituito dalla idea del risparmio collettivo (dei
lavoratori ma anche degli utenti).
Come è evidente dalle riflessioni che stiamo dipanando, non possiamo nascondere il nostro
interesse privilegiato per la diffusione di politiche favorevoli ai modelli di partecipazione
dei lavoratori nellimpresa, conformemente alla costante tradizione, ancora una
volta, della Dottrina Sociale della Chiesa, ma anche a tantissime esperienze consolidate
nei paesi più avanzati dEuropa, e al dettato dellarticolo 46 della nostra
Costituzione.
A tale riconoscimento del fattore lavoro fa riscontro il dovere ugualmente stringente
del lavoratore, di adempiere con senso di responsabilità il proprio ruolo produttivo. Ed
è evidente, in questo quadro, come anche lesperienza sindacale costituisca un
valore imprescindibile delle politiche del lavoro, quando naturalmente si tratti di sindacalismo
libero e pluralistico, come quello realizzatosi tipicamente nella esperienza della
Cisl italiana e ormai caratteristico di tutto il nostro sindacalismo confederale.
E questa dinamica che consente alla legge stessa di farsi carico con maggiore
competenza di quella garanzia di reddito vitale di dignità per ogni cittadino e per
ogni famiglia, che è da sempre nelle nostre aspirazioni. Non si tratta di una
richiesta avulsa dalle condizioni concrete della ricchezza prodotta dal Paese: nessun
paese può infatti distribuire più ricchezza di quella che produce. Si tratta invece di
unazione costantemente attenta a calibrare il triplice contestuale strumento
della politica occupazionale, della forbice massima fra redditi di lavoro, della
partecipazione dei lavoratori nellimpresa.
Vissuta con tale orizzonte, leconomia complessiva è veramente "amministrazione
della casa comune" finalizzata al "bene comune": che del resto può
assumere diversificate gerarchie in funzione della natura di ogni singolo bene e di ogni
singola persona. Vi sono ad esempio dei beni la cui natura appare anche al buon senso
come collettiva o pubblica e perciò dotata di una legittima aspettativa di fruizione
sostanzialmente paritaria da parte dei cittadini: tali sono ad esempio lacqua,
lambiente, la sicurezza. Tali beni sono essenziali e primari per la qualità della
vita e per essi la presenza della mano pubblica, sia essa quella dello Stato o quella
degli enti intermedi, non può non essere diversa da quella riservata a tutti gli altri
beni, lasciati allautoregolazione semplice del mercato.
Questa parola, chiara e ferma, ci è doverosa per il ristabilimento di una visione che è
stata resa ambigua e infine controproducente da una tendenza superficiale di questi lunghi
venti anni e oltre, favorevole a una semplicistica linea di privatizzazioni, condotta
con indiscriminatezza pari a quella che a suo tempo aveva presieduto agli eccessi opposti
delle statalizzazioni, o regionalizzazioni, o municipalizzazioni.
Il concetto che dobbiamo piuttosto avere sempre presente è quello della distinzione
chiara fra privatizzazione e liberalizzazione: quando si tratta di beni primari
liberalizzare è tendenzialmente un bene, privatizzare è tendenzialmente un male. La
liberalizzazione salvaguarda e stimola anche lintervento privato, la semplice
privatizzazione può tendere a generare monopoli a fini di lucro, tanto più negativi
quanto più riguardino beni appunto essenziali e primari per la dignità della persona.
V - ISTITUZIONI: LO STATO SNELLO PER LA PARTECIPAZIONE SOCIALE
Nelle polemiche interminabili che hanno accompagnato questo tipo di dibattiti
sullassetto delleconomia nazionale negli anni a noi vicini, si è tornati
anche a chiamare in causa, più latamente, una "pesantezza dello Stato"
che non sarebbe in grado di gestire con efficacia altro ruolo che non sia quello di
asettico controllore delle regole che pone, e in nulla o quasi nulla dovrebbe riguardarlo
il merito della regolazione sociale.
Storicamente cè stata, in effetti, in alcuni comparti del sistema economico
italiano, una parte di pesantezza che non era ulteriormente tollerabile perché fonte di
aggravio di costi e contemporaneamente di danno allefficienza.
Oggi è però essenzialmente sul piano burocratico che il concetto di "Stato
snello" compia passi coraggiosi. E infatti valutazione condivisa senza
incertezze che il nostro apparato-Stato abbia raggiunto una dimensione elefantiaca fonte a
un tempo di sprechi e di inefficienze in alcuni casi intollerabili.
La ragione profonda che presiede a queste considerazioni è semplicemente, ancora una
volta, quella che concepisce lo Stato come la organizzazione con la missione di servire
la persona e la comunità ai fini della loro crescente autorealizzazione (art. 2 della
Costituzione). Ed è questa chiave interpretativa che illumina anche le politiche
relative alle articolazioni intermedie non territoriali attraverso le quali si svolge la
vita sociale. Per questo che la Dc tutela la costituzione e la partecipazione dei
cittadini a forme associative e imprenditive nel campo del lavoro come nei campi della
cultura, dei servizi, delle iniziative di cittadinanza, delle tutele dei diritti, e così
via: con lobiettivo di realizzare quel vivace reticolo di vita sociale che possa
andare a coprire la più vasta area possibile della domanda di servizi avanzata dai
cittadini in questi settori. È nella cultura personalistica e comunitaria, connaturata
con la storia del nostro partito, lincoraggiamento attivo di quel "terzo
settore", che può costituire la grande "infrastruttura sociale" nella
quale possono trovare risposta meno burocratica e più densa di motivazioni e calore umano
le domande e i bisogni meno considerati e protetti dalle istituzioni.
Un approccio solidaristico che si esplicita anche in senso geopolitico, con lEuropa
che resta un riferimento che ci aiuta a tenere largo ed aperto lorizzonte, ed anche
un forte laboratorio di buone pratiche. UnEuropa che oggi pone la necessità di un
ritorno allo spirito dei suoi padri fondatori, affinché sia di nuovo, innanzitutto, un
ideale di fraternità con leconomia che segue: questo pensavano infatti De
Gasperi, Adenauer, Schumann, Monnet, Spaak e gli altri fondatori.
Un approccio globale e solidaristico lEuropa deve rivolgere anche verso il Mediterraneo.
Il mare delle tre religioni monoteiste, civiltà antiche che, intersecandosi, e non
ignorandosi, hanno dato al mondo gran parte della civiltà che oggi lo unisce. È presente
in me la suggestione indimenticabile dei "Dialoghi dei Mediterraneo" nella
Firenze, "nuova Gerusalemme", del Sindaco Santo, che chiamava il nostro mare
Lago di Tiberiade.
Questo approccio globale e solidaristico va perseguito e testimoniato, infine, per la
ricerca della pace e dellunità di tutto il pianeta. Messaggio che da Isaia
fino alla Pacem in Terris e alla Caritas in Veritate, il Popolo di Dio
vive come il traguardo finale della settimana storica delluomo che segue la
settimana biblica della Creazione.
VI PASSATO, PRESENTE, FUTURO: IL POPOLARISMO CHE VIVE.
Le considerazioni svolte sollecitano la politica i partiti ad una tensione morale e
culturale superiore a quella attuale, e che possa alimentare anche le loro modalità
interne di organizzazione e di democrazia partecipativa.
Anche il problema del finanziamento dei partiti si pone ormai con evidente urgenza morale.
Nacque nel cuore degli anni 1970 con lobiettivo dichiarato di consentire ai partiti
di "non essere costretti a farsi corrompere", come si disse allora.
Lintenzione era buona ma lesito non fu felice ed è venuto peggiorando nel
tempo.
Non è forse saggio tornare al puro e semplice sistema di "nessun
finanziamento"; lo dico chiaramente "non vogliamo i soldi dello Stato". Noi
preferiamo un sistema che, escludendo qualsiasi esborso di denaro pubblico, assicuri una
normativa semplice, trasparente e facilitata, attraverso la quale ogni cittadino possa
liberamente partecipare al finanziamento del partito nel cui programma si riconosce. A tal
riguardo mi sembra del tutto condivisibile la proposta di legge di iniziativa popolare
promossa dal professor Pellegrino Capaldo.
A fronte dei molti profeti che frettolosamente diagnosticano la fine del partito politico,
a me sembra che esso rimanga lo strumento meno imperfetto, lìunico ancora in grado
di consentire lesercizio della moderna democrazia rappresentativa.
Non va confuso il partito ideologico che guidava le masse della società industriale, con
le nuove forme partito capaci di interpretare e dare rappresentanza alla società
post-moderna nel mondo delle tecnologie informatiche fattosi uno.
Nessuno di noi pensa di rifare quella Democrazia Cristiana, quelle sezioni, quei comitati,
quelle commissioni, quella pletora organizzativa.
La prima delle nostre scommesse è costruire un partito nuovo adeguato alla
società del ventunesimo secolo.
Mi sembra che la evoluzione da mettere in campo abbia, tra le altre, le seguenti
caratteristiche:
.
- a. Un forte snellimento statutario, che infonda trasparenza ed efficacia
allesperienza associativa democratica dei soci, accorciando vertiginosamente la
distanza tradizionale fra vertice e base.
- b. Una quota maggiore di "democrazia diretta", nel senso di un
incremento di peso decisionale degli iscritti, anche attraverso lutilizzo delle
tecnologie telematiche nel determinare la scelta dei singoli dirigenti del partito a tutti
i livelli.
- c. Una mediazione ricca fra il valore fondante della sovranità associativa e la
necessità di un coinvolgimento più pregnante dei mondi esterni che si riconoscono nella
visione e negli ideali democratico-cristiani. Più peso agli iscritti e più peso ai
simpatizzanti, insomma.
d. Una grande rigorosità nellapplicazione della certezza giuridica interna,
con una magistratura di garanzia a sua volta semplificata e velocizzata.
- e. Unattività di formazione permanente per tutti i livelli del partito:
siamo anzi, su questo tema, a buon punto nella formulazione preparatoria di ipotesi che
tengono conto delle esperienze migliori maturate in questi venti anni nel mondo della
formazione politica e sociale.
- f. Infine, una diffusione capillare, sul territorio, di una rete di Circoli Culturali
di Iniziativa Politica: non come luoghi di tessere da contare, ma come luoghi di
aperta elaborazione, di formazione, di competenze e proposte e impegno sui problemi del
territorio.
- g. Riteniamo utile affiancare al partito una fondazione col compito di approfondita e
elaborata ricerca sui temi programmatici e sulle strategie della missione del partito
CONCLUSIONI
Cari amici, questo è, oggi, il mio contributo che, attraverso il dibattito di questi due
giorni e dei giorni che seguiranno, è aperto ad ogni positiva integrazione, correzione,
arricchimento.
Noi siamo qui con il proposito di realizzare insieme il passaggio da una storia antica
ricca di successi ma anche dolorosamente responsabile di errori, verso un futuro che deve
essere altrettanto ricco di successi e meno esposto agli errori. Mi permetto di
aggiungere che rappresento una generazione il cui compito precipuo è, oggi, quello
di fornire buon esempio e buoni consigli, trasmettere esperienza sana e forte, per far
avanzare sul proscenio delle responsabilità sociali, compresa la guida del partito, le
generazioni nuove.
Non è questione di anagrafe: vecchi e giovani hanno dato in tempi e modi diversi esempi
eroici ed esempi deleteri. E invece questione di anima e di effettiva pratica della
democrazia interna. E questa che provvede allimmancabile ricambio fisiologico
della classe dirigente. Una sola condizione occorre, che non sempre abbiamo onorato in
passato: una democrazia interna che vorrei definire, fanciullescamente, semplice e
rocciosa per la sua credibilità. Insieme allimpegno quotidiano della nostra
formazione permanente.
Nessuno deve mai violare la santità delle urne nelle quali i nostri iscritti sono
chiamati a scegliere in coscienza le persone cui affidare la guida del cammino. Con
semplicità e sapienza. Non abbiamo bisogno di altro. Forse, in questo momento, il Paese
non ha bisogno di altro." |
.
*
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Comunicato Stampa
Firenze 29 maggio 2023: |
|
- DEMOCRAZIA CRISTIANA (Segretario Naz.le Prof. N. Luciani ;
Segretario Amm.vo e Rappresentante Legale Rag. C. Leonetti); |
|
- PARTITO STORICO DEMOCRAZIA CRISTIANA (Segretario Naz.le Rag.
F. De Simoni; Segretario Amm.vo e Rappresentante Legale Avv.R. Cerenza). |
|
. 1.- Il 29 maggio 2023 in Firenze si è tenuto un incontro dei due
partiti con la volontà di contribuire a riorganizzare la D.C. in Italia e in Europa quale
partito di riferimento per i Cattolici e non Cattolici con eguali
valori.
2.- I due partiti, riconoscendosi reciprocamente la legittimità dei propri percorsi
riorganizzativi, nel rispetto dei rispettivi Statuti e delle sentenze che si sono
susseguite, convengono che la via migliore per la riorganizzazione della DC sia
abbandonare ogni controversia giudiziaria e appellare alla unificazione di tutti i partiti
e associazioni politico culturali vicine ai valori della storia della D.C. compreso il
recupero dello Scudo Crociato Libertas .
3.- A questo scopo i due partiti hanno deciso:
a) di costituire una Commissione paritaria dei due partiti che affronti i problemi
politici e le tematiche organizzative programmatiche;
b) costituire un Comitato per la riunificazione al quale partecipino tutti i partiti e
associazioni politico-culturali, che vogliono veramente la DC ;
c) di indire una apposita ASSEMBLEA ORGANIZZATIVA GENERALE a Roma il 23 settembre 2023.
POSCRITTO: Tutti i partiti e associazioni interessate possono
comunicare l'adesione ai seguenti indirizzi:
- nino.luciani@libero.it
- partitodemocraziacristiana@gmail.com
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.
In seguito a pronunciamento della
Cassazione (2010)
e alla autorizzazione del Tribunale di Roma (2016) |
. |
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Assemblea
dei soci del partito della DC elegge, per Presidente:
L'ON. AVV. GIANNI FONTANA |
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"UOMO DEL DUBBIO",
ma anche "MITO DC" |
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Significato fondamentale
della nomina:
Premesso che i dirigenti sono tutti scomparsi o fuoriusciti, il fatto nuovo è che
sarà possibile riorganizzare da zero la DC, senza più bisogno della magistratura |
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Vi hanno preso parte, quasi in incognito, personalità come i
proff. Fabrizio Fabbrini
(grande amico del papa polacco) e Filippo Peschiera (noto giuslavorista di Genova) |
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Giovanni Fontana
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LA STORIA RECENTE e LA BUSSOLA PER IL FUTURO
PROSSIMO.
ANCHE UNO SCIPPO SULLE PELLE DELLA SICILIA, PER AUTO-GOAL DI GRASSI E ALESSI. |
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Necessarie due serie
riflessioni, con due convegni nazionali |
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a) uno, sulla storia della DC, perchè i giovani
sappiano... (tutto, anche gli errori);
b) un secondo, sulla necessità di una scuola di formazione, avente per didattica il
codice di Camaldoli |
La relazione del prof. Nino Luciani
alla Assemblea dei soci. Clicca su: presidente |
|
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Filippo PESCHIERA,
Spunti per una Scuola
di Formazione |
Formazione politica dei Quadri con docenti e materiale:
1. La Dottrina Sociale della Chiesa dalle Origini a Leone XIII ;
2. Rapporti speciali Italia - Germania
3. La collaborazione nell'impresa tra capitale e lavoro dal dopoguerra ad oggi;
4. Per una rilettura della Prima Repubblica
Verso il decollo
- Lo scenario mondiale
- La cortina di ferro
- Lo stato dei partiti del prefascismo:
a) nel Comunismo tutto è compatto; i pochi vertici sono legati a Mosca. È
presente un vasto apparato costruito nella Resistenza, che sì organizza nel Colpo di
Stato;
b) nei Cattolici tutto è ancora incerto. I vertici attendono indicazioni dai
Vescovi. Alla base, consapevoli di una svolta, si attende una parola dai Parroci e dagli
Insegnanti di religione.
c) II referendum del '46: Nord repubblicano e Centro - Sud monarchico;
d) Forte scontro tra capitale e lavoro
e) Industria e trasporti di terra
f)- La comunità familiare è solida;
g) II futuro della comunità nazionale è incerto.
I punti di forza della prima Repubblica
a) L'industrializzazione cambia le città ed il Paese;
b) L'Autostrada del Sole unifica l'Italia ;
c) L'Industria di Stato modernizza il Paese
d) Nessuna parte politica e sindacale è tagliata fuori dal circuito di
rappresentanza
e) II consociativismo evita i rischi della guerra civile ;
f) L'ascensore sociale consente a operai e contadini di istruirsi e di diventare
anche imprenditori, senza che lo Stato rallenti l'attività g) La ricetta della
Prima Repubblica è il sistema proporzionale con il voto
Il tramonto della Prima Repubblica
a) La Legge Mattarella e le spinte maggioritarie
5. L'esercizio del potere nei vertici DC: Andreotti, De Gasperi, Moro,
Fanfani,I dorotei.
6. L'impianto dei vertici DC:
a) La consistenza
b) Gli obiettivi
c) I rapporti fra gli impianti
d) I rapporti degli impianti con le altre forze politiche;
e) I rapporti con i pensatori;
f) I rapporti con i sindacati;
g) I rapporti con gli imprenditori ;
h)I rapporti con la Chiesa Cattolica;
i) I rapporti con i giovani
l) La selezione e la formazione dei Quadri
7.- La formazione dei Quadri nella Prima e nella Seconda Repubblica:
a) Nella Prima: i Quadri sono cercati nel partito e nelle organizzazioni vicine.
È insegnata la dottrina, individuando gli interessi da tutelare e le regoleconseguenti b)
Nella Seconda, si ricorre alla scouting: i Quadri sono cercati al di fuori. In definitiva:
l'interesse politico è ballerino e nessuno può reclamare. |
Nino Luciani, La storia recente
1.- La storia recente. Perchè ognuno abbia il suo, è giusto cominciare
dalla storia recente, quella che ha portato alla convocazione della assemblea dei soci, da
parte del Tribunale di Roma.
E' vero sì che Nino Luciani ha guidato l'operazione, ma vero è anche che con lui
c'erano altri, prima di tutti Alberto Alessi e tanti altri che si chiamano, in ordine
decrescente: Francesco Caponetto e Renato Grassi (Messina), Ettore Bonalberti, Luigi
D'Agrò e Gianni Fontana (Veneti), Francesco Mazzucco, Isabella Bocchio e Mauro Carmagnola
(Piemontesi), Francesco Ranieri e Paolo Cirino Pomicino (Campania), e tante persone
singole, non meno importanti, poichè al fatidico 10% si è arrivati uno alla volta, mano
mano.
Per spiegare come si è arrivati all'attuale provvedimento del Tribunale di Roma
(2016), va ricordato che, in origine,
a) una sentenza della Cassazione, del dicembre 2010, aveva confermato la sentenza
della Corte di Appello di Roma secondo cui (pag. 27).
- "non si è verificata nessuna ipotesi estintiva" della DC, in quanto l'organo
che la decise non aveva il potere di farlo e di conseguenza non era mai sorto un problema
di successione.
In particolare, nei confronti dei ricorrenti, la sentenza della Cassazione aveca
così concluso (pag. 12):
"La Corte dichiara inammissibili i ricorsi del partito:
- della DC rappresentata da Pino Pizza e Armando Lizzi,
- della Associazione Partito CDC-Cristiani Democratici Uniti;
- della Democrazia Cristiana rappresentata da Angelo Sandri;
- e della UDC - Unione Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro.
"Rigetta il ricorso del Partito Popolare Italiano ex-Democrazia
Cristiana".
La Corte di Appello (pag. 33) aveva anche ricordato che "il Tribunale di Roma
(2 aprile 2002) aveva "inibito all'on. Alessandro Duce l'utilizzazione del simbolo
scudo crociato e della qualifica di segretario amministrativo della DC".
Una successiva ordinanza del Tribunale Civile di Roma (marzo 2013, confermata da
sentenza del settembre 2015) aveva disposto la sospensione degli effetti del Congresso del
2012, che aveva eletto Gianni Fontana, come Segretario Nazionale.
2. Il seguito. Vista l'ordinanza, Gianni Fontana convocava una riunione
il 6 aprile 2013, a Roma, piazza S. Lorenzo in Lucina. Vi parteciparono 100 persone circa.
Fontana dichiarò la necessità di creare una Associazione per non disperdere i
volenterosi che volevano restare, e questo in attesa di decisioni più mature, quando
sarebbe arrivata la sentenza.
Ma Luciani e Alessi non ci stavamo: " L'Associazione è uno strumento debole,
serve un partito della DC nuova", con un nuovo Statuto, nel quale travasare tutti i
soci della DC storica, e con Fontana Segretario Nazionale. Però,
anche Fontana, a sua volta, non ci stava: "Si potrà fare un partito più avanti, ma
al momento, esso è una velleità" (Continua) |
Nino Luciani, La bussola per il
futuro: subito movere le Regioni, in attesa di ...
1) Giuridicamente, la prossima tappa sarà la modifica dello Statuto, per
la parte riguardante la struttura organizzative e il sistema elettivo, e ancora applicando
il codice civile, art. 21, c. 2, non potendosi applicare il vecchio Statuto.
Tuttavia, il relativo procedimento è difficilissimo, come spiego al termine della
mia relazione, pubblicata più sotto. Per questo motivo, non va perso tempo. Clicca su: presidente.
Grazie ad uno statuto lungimirante, la nuova DC dovrà essere non un partito che si
aggiunge, ma la casa di accoglienza della diaspora, più forte di prima, grazie alle
sofferenze patite.
I punti veramente essenziali e fondamentali sono che:
a ) tutti possano rientrare in pieno e reciproco rispetto, senza pagare dazi;
b) ci possa essere il pluralismo e il confronto tra le idee, ma dentro limiti che
salvaguardino pilastri fondamentali, quali:
- il carattere nazionale dell'azione (e quindi tutte le regioni siano rappresentate nel
consiglio nazionale);
- nel consiglio nazionale, siamo ammessi due soli gruppi: uno per governare e l'altro per
controllare chi governa. Per ottenere questo, non occorrono sbarramenti all'entrata, ma
incentivare l'aggregazione delle liste, alzando la soglia minima per costituire i gruppi.
2) La tappa finale sarà il congresso, in base al nuovo statuto, per la
ricostituzione dei quadri a livello nazionale e locale.
3) Nel frattempo, è importante creare subito i comitati regionali provvisori
(a cominciare dalla attivazione delle DC regionali già costituite e mai sciolte), per
permettere, su mandato del Presidente del Partito, la partecipazione alle elezioni locali
con l'uso dello scudo crociato.
A riguardo della possibilità di usare il simbolo, tornerò
prossimamente.
In parallelo, la nuova DC non potrà eludere una spiegazione, agli italiani:
- di quanto accaduto nel suo lungo governo di 50 anni;
- e del modo di impostare la sua futura presenza nel Paese.
Questo si potrebbe fare con due convegni nazionali:
a) un convegno storico, nel quale la DC racconterà il suo orgoglioso
contributo alla ricostruzione e alla benessere dell'Italia, riferibile agli anni
1948-76, ma anche il sup pentimento per la cattura del consenso mediante
l'uso strumentale della Pubblica Amministrazione e per il finanziamento illecito
del partito, riferibile agli anni 1977-94.
b) un convegno sulla formazione dei propri dirigenti, con istituzione di
una scuola, nella quale i nuovi governanti apprendano il valore della
moralità, le tematiche professionali da approfondire, l'importanza della esperienza che
comincia del basso e gradualmente si rende disponibile per i gradi alti della politica. NL |
(Continua) Dopo una
appassionata discussione, si passa ai voti: 60 per Fontana, 40 per Luciani e Alessi.
Nei mesi successivi, Luciani e Alessi pensano che i 60 voti su 100, ottenuti da
Fontana, siano pochi per una decisione che richiede la unanimità, e convocano a Bologna
(giugno 2013) un convegno di approfondimento.
Fontana, Luciani e Alessi trovano un accordo firmato:
- si fa l'associazione a luglio, e il partito della dc nuova a settembre".
Arriva luglio e, a Roma, viene costituita l'associazione.
Arriva settembre, ma Fontana non mantiene i patti. Di seguito fa anche
dichiarazioni secondo cui la DC è una esperienza conclusa.
A novembre Luciani e Alessi fanno il partito della "DC nuova", con
statuto regolarmente registrato nel Pubblico Registro, con l'unico obiettivo di
ricostruire la DC storica, e di sciogliersi al raggiungimento dell'obiettivo.3.-
Il seguito ulteriore. Qui i due avviano i colloqui con il tribunale di
Roma.
- A marzo ottengono un colloquio con il Presidente del Tribunale, e gli chiedono di
nominare un commissario per la convocazione della assemblea dei soci in base all'art. 78
del codice du procedura civile, considerato che tutti gli organi sono decaduti.
Il Presidente li invita a fare domanda (2014). Fanno domanda ma la risposta sarà
NO. Non può concedere la convocazione per pubblici proclami.
Luciani e Alessi , dopo un periodo di scoramento, tornano all'attacco e
maturano di fare domanda al tribunale in base all'art. 20 cc., in quanto (frattanto) hanno
notizia di un elenco dei soci, depositato da Fontana in tribunale.
Ma, a questo punto, Luciani e Alessi si dividono: Alessi, che sente don Stenico,
vuole rivolgersi al Tribunale di Bari, forse un "tribunale meno politicizzato"
di quello di Roma, e dove c'è un Presidente ex-democristiano, forse più sensibile alla
causa...
Perchè a Bari e non a Roma ? Il fondamento di questa scelta è che lo Statuto
attuale (1984) della DC non indica la sede della DC, e dunque qualunque sede può andare
bene.
Ma Luciani si oppone: la sede è sempre stata a Roma. "Non facciamo errori
gravi !"
Si arriva a dicembre 2014 e - in una riunione a Roma - Luciani, Grassi,
Lucchese, Bocchio, Tropeano decidono che la sede dev'essere Roma. Ma Alessi e don Stenico
fanno la fronda (non vi partecipano). Data la divisione, la raccolta delle firme è più
difficile. E' meglio aspettare l'esito dei frondisti.
Si perdono mesi, e i frondisti non concludono la raccolta delle firme per Bari.
Si fa una riunione a Bologna nel luglio 2015, e le parti rimangono nelle proprie
convinzioni - ma intanto Luciani e Grassi decidono di iniziare la raccolta delle firme per
Roma, comunque.
Ad agosto, Luciani scopre la fonte giuridica che indica la sede della DC:
a) lo statuto del 1943-45 indica piazza del Gesù;
b) nel 1946 lo statuto viene cambiato, ma solo dall'art. 6 in poi. Gli
articoli 1-5 restano immodificati;
c) nel 1947 lo statuto viene cambiato ancora, e la numerazione riprende dal
numero 1, dimenticando la prima parte (atto costitutivo) che dunque entra definitivamente
nel dimenticatoio, ma resta giuridicamente.
- Luciani fa partire la raccolta delle firme, che alla fine sono presentate
al tribunale, che poi convoca l'assemblea dei soci per il 25/26 febbraio per la elezione
del Presidente e incarica Luciani come Presidente designato di provvedere alla
convocazione, presso l'Ergife.
4.- Conclusione. Risulta dai fatti che il travaglio dell'operazione è ricaduto
tutto sulle spalle di Luciani e Alessi, e poco importa che con il senno di poi si constati
che ci siano stati degli errori (di Alessi e di don Stenico).
Direi dunque che, considerato il ruolo di Alessi, in alternativa a Fontana, e
considerato il valore simbolico della famiglia di Alessi nella storia della DC, il
riconoscimento della Presidenza andasse dato a lui, indiscutibilmente.
Ma la cosa non è andata così.
a) La spiegazione sta in un grave autogoal di Alessi.
Trattasi del fatto che, dal giorno successivo all'invio delle raccomandate di
convocazione della assemblea, da parte del Presidente designato, Alessi organizza una
fronda nei confronti di lui, meglio dire una operazione di denigrazione (sia pur
all'interno di una ristretta cerchia di persone: quelli della sua corte, e una decina di
altre persone), quelle che, in assemblea, voteranno contro alcuni punti dell'odg della
lettera di convocazione del Presidente designato.
Alessi criticava soprattutto un punto: il fatto che Presidente designato avesse
esteso l'invito ad "eventuali aventi titolo a partecipare alla assemblea come
socio", in aggiunta ai soci di cui all'elenco del tribunale. Non solo questo
Addirittura Alessi incaricherà una avvocatessa (andata dal giudice per
chiarimenti) di scrivere una lettera a Presidente designato, circa i suoi errori.
Ma errori non erano, e la prova viene dai seguenti fatti: :
- il Presidente designato girava la lettera dell'avvocato al Giudice;
- il Giudice, messo a conoscenza di tutte le osservazioni della avvocatessa, lo
confermava con un provvedimento aggiuntivo, su tutto.
Non solo questo: tutto il procedimento era stato ben studiato dai più valenti
giuriconsulti dell'Ateneo di Bologna, anche avvocati. Alessi sapeva di questi
giuriconsulti...
b) Anche un secondo autogoal della Sicilia, quello di Grassi.
Preso atto dell'auto-declassamento politico di Alessi, il Presidente designato tenterà di
recuperarlo indirettamente al momento della elezione del Presidente del partito.
A questo fine, si partiva dal fatto che anche Grassi Renato aveva speciali meriti
per l'operazione, avendo sempre sostenuto il Presidente designato durante la raccolta
delle firme, tra cui l'idea di rivolgersi al tribunale di Roma, e in più era autorevole
per essere stato (da giovane) dirigente dell'Ufficio organizzativo della DC.
Di ciò tenuto conto, al momento della elezione del Presidente, Luciani proporrà
(alla assemblea) Grassi (preavvisato la sera prima) come Presidente.
Ma Grassi, apertamente, risponderà: "non sono disponibile". Questo è il
secondo autogoal della Sicilia. |
.
LA RELAZIONE del prof. Nino Luciani, Presidente
designato dal tribunale
LINEE PER ASSEMBLEA DEI SOCI
In anteprima, comunico che il compito a cui sono stato delegato
è stato molto gravoso, ha richiesto la costante assistenza di un legale (collega
professore ordinario della università di Bologna, anche illustre avvocato), e mi ha
portato ad affrontare spese vive di notevole entità per le convocazioni, spostamenti ecc.
Strettamente per le sole raccomandate e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (gratis
l'Albo Pretorio del Comune di Roma, e due Giornali On Line) e annessi, ho anticipato sul
mio bilancio personale 8.508,16 (recuperati con contributi volontari dei soci e non
soci: 7.460,00. Di questi movimenti ho già pubblicato la rendicontazione
precedentemente, e che comunque resta disponibile per chiunque, per la tracciabilità dei
movimenti, secondo la legge.
Sono stati spesi anche 7.120 per l'uso della sala Leptis, Ergife, su un contratto
di Alberto Alessi, di cui non mi è stata data rendicontazione.
_______________
Apertura della assemblea dei soci
COMUNICAZIONI
a) Questa assemblea è stata convocata dal tribubale civile di Roma
con decreto n. 9374/2016 del 14.12.2016. Lo scopo è nominare il presidente della
associazione. Con questa nomina, scocca la scintilla che genera la vita giuridica della
DC, e non cè più bisogno del tribunale.
b) Nella prossima assemblea, dovra essere fatta la modifica dello Statuto e
successivamente il congresso per la nomina delle cariche, in base al nuovo statuto.
1) Il procedimento di oggi consiste di due parti:
a) nella prima parte, Presidente designato presiede la riunione come designato dal
tribunale per validare la costituzione della assemblea dei soci della DC, in base allart.
2367 cc.;
b) nella seconda parte, subentra il presidente nominato dalla assemblea, e
Presidente designato cessa come espressione del tribunale.
Penserà il nuovo Presidente a far
compiere allAssemblea tutti gli adempimenti per rendere lAssociazione
pienamente funzionante.
PRIMA PARTE.
Si passa alla prima parte dell'odg:
1.- Costituzione della assemblea
In apertura il Presidente chiama a fungere da segretario il dott. Emilio Cugliari. Egli
chiede approvaziole dei presenti, che è data alla unanimità.
Egli comunica che lodg scritto dal giudice è stato interpretato in modo estensivo
da lui, per scongiurare alcuni pericoli gravi al successo della assemblea dei soci, su due
punti:
a) allargamento degli invitati;
b) aggiunta del vice presidente della associazione, nellodg.
Devo fare, poi, precisazioni anche per la ammissibilità delle deleghe, ai sensi dell'art.
2372 cc. .
Comunica che il decreto del tribunale è stato integrato da un
provvedimento aggiuntivo. Precisamente:
a) In base al primo provvedimento, Presidente designato era stato designato per la
convocazione con lindicazione di un o.d.g. che prevedeva la convocazione dei soci,
scritti nellelenco approvato dal tribunale.
Ma il designato indirizzava linvito anche ad eventuali altri aventi
titolo
Lestensione aveva provocato una discussione presso alcuni soci, sfociata
nellincarico ad un avvocatessa che andava dal giudice a chiedere lumi sulla
validità dellestensione, e scriveva a Presidente designato la sua personale
interpretazione su quel punto e su altri punti.
Il Presidente designato girava al giudice questa lettera, accompagnandola con la
seguente lettera:
AL GIUDICE DOTT. GUIDO ROMANO
Sig. Giudice,
ieri mi e' pervenuta la lettera sottostante di un avvocato che scrive, non a nome suo, ma
come suo interprete.
Sono a sua disposizione per ogni miglior raccordo con lei.
Non e' vero che io abbia allargato l'elenco degli aventi diritto. Invece ho informato il
grande pubblico, circa il decreto del tribunale, per evitare eventuali ricorsi di
potenziali aventi diritto a partecipare alla assemblea.
Gia' il giudice Scerrato aveva accolto il ricorso di tre ricorrenti (non nell'elenco),
nella causa sul XIX congresso 2012, annullato, e di cui si dice a lei nel ricorso che ho
presentato a suo tempo.
Se ci saranno domande, il diritto sara' sottoposto alla assemblea, che accettera' o
respingera'.
Cordiali saluti.
Bologna 7 feb. 2017
Il giudice emetteva il seguente provvedimento, in calce alla lettera
di Presidente designato: visto, agli atti non sussistendo provvedimenti da adottare
ed essendo devoluto al sig. Nino Presidente designato nino lesecuzione degli
adempimenti connessi alla convocazione dellassemblea della Democrazia". Roma,
14.2.2017 . Firmato Guido Romano
Nota del Presidente designato. Il giudice, per
effetto della girata (a lui della lettera della avvocatessa) era venuto a conoscenza di
tutti gli elementi di doglianza dei soci . E , di cio' tenuto conto, gli aveva confermato
l'incarico. Dunque aveva agito bene su tutto.
___________________
Su questa base, informa lassemblea:
a) che sono pervenute 7 domande di parteciparvi, come socio, da parte di persone che
dichiarano di avere titolo.
Per Bonalumi Gianni, Ciccarelli Antonio, Rosini Franco, Russo Gaetano, Lucchese Paolo il
titolo è costituito da tessera di iscrizione alla DC. Per Valentina Valenti il titolo è
costituito da autodichiarazione resa (come tutti coloro che sono nell'elenco del
tribunale) ai fini della partecipazione al congresso DC del 2012 accompagnata da prova di
versamento di 50; per Franco De Simoni il titolo è costituito da prova di
versamento di 50, anch'essa ai fini di partecipazione al congresso DC del 2012.
2) In merito alla aggiunta della voce " vice presidente"
all'o.d.g., essa si giustifica come figura ammessa implicitamente dai principi generali
dell'ordinamento, una volta che il giudice aveva accettato la domanda di Presidente
designato di nominare il presidente in base ai principi generali dell'ordinamento e
specificamente in base all'art. 36 del cc.
La motivazione fondamentale della aggiunta addotta dal Presidente designato è la
seguente: se il presidente della associazione venisse a mancare prima del congresso,
avverrebbe una catastrofe: vale dire la DC si ritroverebbe senza dirigenti, come adesso, e
si dovrebbero raccogliere di nuovo le firme, e tornare dal tribunale. La DC avrebbe chiuso
la sua storia per sempre.
Il presidente designato ricorda che, nel ricorso fatto a suo tempo, aveva chiesto che
(all'odg) ci fosse anche il VICE . Egli aveva pensato ad una eventuale omissione o
dimenticanza del giudice, ma non ad un divieto. Egli aveva anche pensato che, se
lavesse omesso, lassemblea non avrebbe potuto valutare in merito al Vice,
perche non allodg.
Conclusione: linserimento allodg da alla assemblea la
possibilita di valutare se decidere se nominare il Vice.
3) In merito alla possibilità delle deleghe, il Presidente
designato, ricorda di avere ammesso la possibilità di una delega.
Ricorda l'art. t. 2372 cc. ., secondo cui "coloro ai quali spetta il diritto di voto
possono farsi rappresentare nell'assemblea salvo che, nelle società che non fanno ricorso
al mercato del capitale di rischio e nelle società cooperative, lo statuto disponga
diversamente".
Secondo il Presidente occorre salvaguardare il rispetto dello Statuto e il diritto alla
delega. Lo Statuto nulla dispone in merito. Resta da salvaguardare il diritto alla delega.
Il Presidente motiva il limite in una sola delega, in base ad un principio generale di
correttezza. Non è accettabile che un socio si presenti, ad es. con 300 deleghe mettendo
i minoranza tutti gli altri soci presenti, di numero minore.
2) Comunicazioni finali
Il Presidente designato segnala l'importanza cruciale di
approvare, tra le Varie ed Eventuali la seguente norma
transitoria:
1) In via transitoria, tutte le modifiche di statuto, che rendono attuabili la
ricostituzione degli organi medesimi, sono di competenza della assemblea.
2) Sino alla completa riorganizzazione del Partito, il Presidente del Partito è
autorizzato, anche ora e per allora e con espressa ratifica di quanto sino ad ora sia
stato fatto, a convocare gli associati mediante pubblici proclami, con avviso da
pubblicare almeno 20 giorni prima sulla GU e allAlbo Pretorio del Comune di Roma.
_________
NOTA POST RELAZIONEM. Ricordo che l'assemblea ha,
poi, bocciato le proposte di Luciani circa la nomina di un VicePresidente e la
possibilità della delega e le norme transitorie.
La mancata approvazione ha distrutto il 50% dell'impianto creato da
Luciani e dai giuristi Bologna. Esso era rivolto ai futuri passaggi che, di
conseguenza, diventano quasi impossibili.
a) Non sappiamo cosa farà il neo-Presidente, ma miracoli non ne sa fare. Avere negato la
nomina di un Vice Presidente (poteva essere in giovane) è una vera iattura, in caso di
impedimenti al Presidente;
b) La modifica di Statuto richiede un quorum di 3/4 dei soci, anche in seconda
convocazione. La possibilità della delega avrebbe dimezzata la difficoltà;
c) Attualmente, la modifica dello Statuto può essere fatto attraverso un congresso in
base all'attuale statuto. In alternativa, occorre che l'assemblea avochi a se stessa il
potere di modifica di statuto, come se si fosse nel 1945, quando la medesima assemblea si
privò del potere di modifica dello Statuto e lo delegò al congresso. Ma la relativa
norma transitoria non è stata votata, grazie a Grassi.
Si conclude constatando il danno infinito, creato dall'onda frondista, alimentata
da Alessi, cosa che ha aperto spazi a Bonalberti, trascinatore di popolo, ma poco
preparato come tutti i SAVONAROLA, i CICERUACCHIO .... |
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COMUNICATO - 10 feb. 2017
TRIBUNALE CIVILE DI ROMA DISPONE
CONVOCAZIONE
Assemblea dei soci del partito della DEMOCRAZIA CRISTIANA
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La riunione avrà luogo a ROMA, Hotel Ergife,
Via Aurelia 619, tel.06 66441, il 25/26 feb 2017
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IL PERCORSO DELLA RIORGANIZZAZIONE
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1) Il traguardo finale e' la celebrazione del congresso per
la nomina degli organi, in base ad un nuovo statuto;
2) Ad esso si dovra' arrivare passando, prima, per due tappe :
a) una prima assemblea dei soci per la nomina del Presidente della
Associazione, il 25/26 feb. 2017, ex-art. 20 c 2;
b) una seconda assemblea dei soci per la modifica dello Statuto
(ex-art. 21 c. 2.
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FINANZIAMENTO DELLE SPESE DI
CONVOCAZIONE :
totale 8.000 per 1750 lettere raccomandate, e 7.120 per sala da 1750 posti. |
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Per dare un contributo (libero), serve fare un bonifico
bancario a favore di: |
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.Presidente designato NINO, presso banca Carisbo (Gruppo
INTESA SAN PAOLO): IBAN IT 10B0638567684510301829810
CAUSALE: contributo spese convocazione assemblea partito DEMOCRAZIA
CRISTIANA storica..
Avvertenza: Su questo
IBAN, la cifra totale accettata non può superare 10.000 e servirà solo per le
raccomandate. Invece il finanziamento della sala dell'Hotel Ergife è fatto per altra via. |
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IL
PROF. NINO LUCIANI
designato per la convocazione
dal Tribunale Civile di Roma N. 9374/2016
IL DECRETO DEL TRIBUNALE
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Nino Luciani, Prime
riflessioni:
- sulla storia della DC
distinguendo tra il 1948-70, e il 1970-94, - e su un codice etico.
Anche risposta a CASTAGNETTI, da parte di un "ridicolo" (uno che non
pensa come lui)1.- Storia. L'attuale
provvedimento del Tribunale arriva dopo numerosi eventi politici e giuridici catastrofici,
per la DC, in un periodo di 20 anni. Precisamente, dopo lo
"scioglimento" della Democrazia Cristiana, avvenuto il 29 gennaio 1994, si
levarono varie iniziative per raccoglierne la eredità (patrimonio e simbolo), da parte di
nuovi partiti istituiti ad hoc, ma tra i quali sorsero molte controversie, finite in
tribunale, e tutte concluse solo nel 2009 con una sentenza della Corte di Appello di Roma,
approvata dalla Corte di Cassazione nel dicembre 2010. Secondo la Corte
di Appello, confermata dalla Cassazione, non è mai esistito un problema di successione
alla DC, perché lo "scioglimento" fu disposto da un organo che non avevo il
potere di legge per farlo e dunque, giuridicamente, la Democrazia Cristiana esiste
tuttora. Sulla base della Sentenza della Cassazione, nel 2012 fu attivato un
procedimento di auto convocazione (da parte di alcuni associati) del Consiglio nazionale,
e poi fu convocato il XIX congresso per la nomina degli organi (perchè erano tutti
decaduti). Il congresso del 2012 fu concluso con la nomina del nuovo Consiglio Nazionale e
del Segretario Nazionale nella persona di Gianni Fontana. Ma
successivamente il Tribunale di Roma annullò sia il Consiglio nazionale sia il Congresso,
perchè convocati in modo illegittimo.
2) Adesso l'Assemblea. In questi giorni, lo stesso
Tribunale Civile di Roma (anzi lo stesso giudice che annullò il Consiglio nazionale) ha
convocato l' Assemblea dei soci della Democrazia Cristiana, con piena garanzia della
osservanza delle norme di legge. Non va confusa l'Assemblea dei soci con il
Congresso dei delegati. L'una è una assemblea di primo grado (vale dire è sovrana);
invece il Congresso è una assemblea di terzo grado, ossia di eletti dalle sezioni locali,
poi dai congressi provinciali, poi dai congressi regionali, oggi non più fattibili
perchè le sezioni locali non esistono più.
3) Per un Convegno su un codice etico e un discorso ai giovani sulla storia della
DC.
E' importante una prima discussione tra i soci su un codice etico del
cristiano impegnato in politico, così come un discorso al Paese per rivendicare il ruolo
storico della DC, soprattutto nella prima fase (1948-1970);
E' anche importante (si direbbe fondamentale) non far finta di niente, di fronte al
Paese, su quanto accaduto nella seconda fase (1970-1994) con il "compromesso
storico" con il PCI e con il processo di Milano (di "mani pulite").
Un aspetto dirimente è il giudizio sul cosiddetto "compromesso
storico" tra la DC e il PCI, in pratica un accordo di potere che
salvaguardava la DC nel governo nazionale, e inseriva il PCI nelle Regioni, per i problemi
di interesse regionale e in più dava , alle Regioni,la delega dello Stato di gestione del
Servizio Sanitario Nazionale. Quel compromesso fu "vera gloria"
della DC ? O, invece, sarebbe stato più corretto (per rispetto alla
democrazia) una alternanza con il PCI, nel governo nazionale, se questa era la scelta
degli elettori ? Quel compromesso fu motivato con la tesi che il PCI era un
pericolo per la democrazia. I fatti successivi hanno dimostrato che era solo
una calunnia, e infatti il PCI fu importante per la salvezza della democrazia in Italia.
(Ma questo non significa che io avrei votato PCI).
4) Risposta di un "ridicolo" a Castagnetti.
Sul TEMPO di Roma (16 dic.) ha dichiarato: "Sono ridicoli, capitolo chiuso",
quelli della nuova DC. Mi pare un giudizio affrettato, troppo sbrigativo.
Penso che una cosa sia una DC della casta partitica (propria del suo cognome) come la DC
degli anni suoi (1970-94); una cosa sia una DC del popolo come quella del
1948-70. Credo che Castagnetti dovrebbe invece apprezzare questo tentativo di
far valere le idee buone dei cattolici attraverso l'unione, a parte che le idee buone non
sono un monopolio dei cattolici. |
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