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QUALE
NUOVA "UNIONE EUROPEA" |
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Sei
anni dopo il 60º Anniversario dei Trattati di Roma,25.3.2017 - Consilium :
"La dichiarazione di Roma dei leader
dei 27 Stati membri e del Consiglio europeo,
del Parlamento europeo e della Commissione europea".
PROGETTO di nuova UE-UNIONE EUROPEA
.
Nino Luciani, La possibile
BASE POLITICA ED ECONOMICA
per una NUOVA UNIONE EUROPEA
Cosa disse MACRON alla SORBONA (università di Parigi, 2017)
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Nota. In questo studio mi propongo di delineare un progetto di
Unione Europea con poteri fiscali e di spesa per compiti di interesse generale europeo.
Questo progetto ipotizza il trasferimento di poteri fiscali statali a livello UE (oggi:
dazi all'import; percentuale dell'IVA degli Stati) e ciò crea le condizioni per
completare il trasferimento del potere monetario europeo, per quanto riguarda il
coordinamento tra potere fiscale e potere monetario.
Precisamente (cosa non trattata qui), nella nuova situazione la BCE dovrebbe poter essere
banchiere di ultima istanza nei confronti del Tesoro UE; e il Tesoro UE dovrebbe
potere aver rapporti finanziari con quello dei singoli Stati, come oggi avviene
normalmente tra gli Stati nazionali ed i rispettivi enti locali. |
Sintesi dei
temi considerati dal Presidente francese Macron per la nuova UE
(Alla Sorbona 27 sett. 2017)
- Bilancio più forte nel cuore della
zona euro - investimenti comuni (superministro) - eurozona sottoposta a un controllo
democratico" (Parlamento ad hoc) - budget non per mutualizzare i debiti pubblici
accumulati dai singoli Paesi"- immigrazione - difesa "una forza militare comune
d'intervento" con budget comune di difesa progressivo - accademia europea di
intelligence - procura europea anti-terrorismo - protezione civile per rispondere a
catastrofi come i terremoti e le inondazioni" - immigrazione - polizia europea delle
frontiere - un ufficio Difesa - università europee - tassa sulle emissioni di gas serra -
tribunale europeo - agenzia per l'innovazione - budget per gli investimenti dell'eurozona
- tassa europea sulle transazioni finanziarie destinata allo sviluppo dell'Africa europeo
dell'asilo politico - stesse regole per le imprese, il diritto degli affari e i
fallimenti. |
A titolo
esemplificativo: i Ministeri in Italia. Quali esportare a livello in UE ?
- Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale -
Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Politiche Sociali -
Difesa - Giustizia - Salute - Ambiente,
Tutela del Territorio e del Mare - Infrastrutture e dei Trasporti -
Politiche Agricole Alimentari e Forestali - Economia e delle Finanze -
Interno - Università e della Ricerca - Sviluppo
Economico - Affari regionali - Coesione
territoriale e il Mezzogiorno - Sport. |
SOTTO :
UN PROSPETTO IDENTIFICATIVO DI COMPITI E DI MINiSTERI EUROPEI
A PARTIRE DALLA DICHIARAZIONE DI ROMA (25 marzo 2017)
E DALLA ATTUALE STRUTTURA AMMINISTRATIVA DELLA COMMISSIONE EUROPEA
Nel 60º
Anniversario dei Trattati di Roma, 25.3.2017 - Consilium La dichiarazione di Roma
dei leader dei 27 Stati membri e del Consiglio europeo, del Parlamento europeo e
della Commissione europea.
Noi, i leader dei 27 Stati membri e delle istituzioni dell'UE, siamo
orgogliosi dei risultati raggiunti dall'Unione europea: la costruzione dell'unità europea
è un'impresa coraggiosa e lungimirante.
Sessanta anni fa, superando la tragedia di due conflitti mondiali, abbiamo deciso di
unirci e di ricostruire il continente dalle sue ceneri. Abbiamo creato un'Unione unica,
dotata di istituzioni comuni e di forti valori, una comunità di pace, libertà,
democrazia, fondata sui diritti umani e lo stato di diritto, una grande potenza economica
che può vantare livelli senza pari di protezione sociale e welfare.
L'unità europea è iniziata come il sogno di pochi ed è diventata la
speranza di molti. Fino a che l'Europa non è stata di nuovo una. Oggi siamo uniti e più
forti: centinaia di milioni di persone in tutta Europa godono dei vantaggi di vivere in
un'Unione allargata che ha superato le antiche divisioni.
L'Unione europea è confrontata a sfide senza precedenti, sia a livello
mondiale che al suo interno: conflitti regionali, terrorismo, pressioni migratorie
crescenti, protezionismo e disuguaglianze sociali ed economiche. Insieme, siamo
determinati ad affrontare le sfide di un mondo in rapido mutamento e a offrire ai nostri
cittadini sicurezza e nuove opportunità.
Renderemo l'Unione europea più forte e più resiliente, attraverso un'unità e una
solidarietà ancora maggiori tra di noi e nel rispetto di regole comuni. L'unità è sia
una necessità che una nostra libera scelta. Agendo singolarmente saremmo tagliati fuori
dalle dinamiche mondiali. Restare uniti è la migliore opportunità che abbiamo di
influenzarle e di difendere i nostri interessi e valori comuni.
Agiremo congiuntamente, a ritmi e con intensità diversi se necessario, ma sempre
procedendo nella stessa direzione, come abbiamo fatto in passato, in linea con i trattati
e lasciando la porta aperta a coloro che desiderano associarsi successivamente. La nostra
Unione è indivisa e indivisibile.
Per il prossimo decennio vogliamo un'Unione sicura, prospera, competitiva, sostenibile e
socialmente responsabile, che abbia la volontà e la capacità di svolgere un ruolo chiave
nel mondo e di plasmare la globalizzazione. Vogliamo un'Unione in cui i cittadini abbiano
nuove opportunità di sviluppo culturale e sociale e di crescita economica. Vogliamo
un'Unione che resti aperta a quei paesi europei che rispettano i nostri valori e si
impegnano a promuoverli. |
In questi tempi di
cambiamenti, e consapevoli delle preoccupazioni dei nostri cittadini, sosteniamo il
programma di Roma e ci impegniamo ad adoperarci per realizzare:
1. |
Un' Europa sicura:
un'Unione in cui tutti i cittadini si sentano sicuri e possano spostarsi liberamente, in
cui le frontiere esterne siano protette, con una politica migratoria efficace,
responsabile e sostenibile, nel rispetto delle norme internazionali; un'Europa determinata
a combattere il terrorismo e la criminalità organizzata.
. |
2. |
Un' Europa prospera
e sostenibile: un'Unione che generi crescita e occupazione; un'Unione in cui un
mercato unico forte, connesso e in espansione, che faccia proprie le evoluzioni
tecnologiche, e una moneta unica stabile e ancora più forte creino opportunità di
crescita, coesione, competitività, innovazione e scambio, in particolare per le piccole e
medie imprese; un'Unione che promuova una crescita sostenuta e sostenibile attraverso gli
investimenti e le riforme strutturali e che si adoperi per il completamento dell'Unione
economica e monetaria; un'Unione in cui le economie convergano; un'Unione in cui l'energia
sia sicura e conveniente e l'ambiente pulito e protetto.
. |
3. |
Un' Europa sociale: un'Unione
che, sulla base di una crescita sostenibile,favorisca il progressoeconomico e
sociale,nonchéla coesione elaconvergenza, difendendo nelcontempo l'integritàdel mercato
interno; un'Unione che tenga conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo
fondamentale delle partisociali; un'Unioneche promuova la parità tra donne e uomini
ediritti epari opportunità per tutti; un'Unioneche lotti contro la disoccupazione, la
discriminazione, l'esclusione sociale e la povertà; un'Unionein cui i giovani ricevano
l'istruzione e la formazionemigliori e possano studiare e trovare un lavoro in tutto il
continente; un'Unione che preservi il nostro patrimonio culturalee promuova la diversità
culturale.
. |
4. |
Un' Europa più
forte sulla scena mondiale: un'Unione che sviluppi
ulteriormente i partenariati esistenti e al tempo stesso ne crei di nuovi e promuovala
stabilità e la prosperitànel suo immediato vicinato a est e a sud, ma anche in Medio
Oriente e in tutta l'Africa e nel mondo; un' Unione pronta ad assumersi maggiori
responsabilità e a contribuire alla creazione diun'industria della difesapiùcompetitiva
eintegrata; un'Unione impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, anche
in cooperazionee complementarità con l'Organizzazione delTrattato del Nord Atlantico,
tenendo conto degli impegni giuridici e delle situazioni nazionali; un' Unione attiva in
seno alle Nazioni Unite che difendaun sistema multilaterale disciplinato daregole, che sia
orgogliosa dei propri valori e protettiva nei confronti dei propri cittadini, chepromuova
un commercio libero ed equo e una politica climaticaglobale positiva. |
Perseguiremo questi obiettivi, fermi nellaconvinzione che ilfuturo
dell'Europaè nelle nostre manie che l'Unioneeuropeaè ilmigliore strumento perconseguire
inostriobiettivi. Ci impegniamo a dareascolto e risposte alle preoccupazioniespressedai
nostri cittadini edialogheremo coni parlamenti nazionali. Collaboreremoa livello di
Unioneeuropea, nazionale, regionale o locale perfare davvero ladifferenza, in uno
spiritodi fiduciae di lealecooperazione, sia tragli Stati membri che tra diessie le
istituzioni dell'UE, nel rispetto del principio di sussidiarietà.Lasceremo ai diversi
livelli decisionali sufficiente margine di manovra perrafforzare il potenziale di
innovazione e crescita dell'Europa. Vogliamo che l'Unione sia grande sulle grandi
questionie piccolasullepiccole.Promuoveremo un processo decisionale democratico, efficace
e trasparente, e risultatimigliori.
Noi leader, lavorando insieme nell'ambito del Consiglio europeo e tra le istituzioni,
faremo sì che ilprogramma di oggi sia attuato e divenga cosìlarealtà di domani.Ci siamo
uniti per un buon fine.
L'Europa è il nostro futuro comune. |
Nino Luciani, Uno schema di nuova UE
1.- Verso quale UE si potrebbe
andare. L'Ipotesi è che in Europa si voglia andare verso uno
stato federale: dunque ad uno Stato europeo Centrale che convive, in sovrapposizione, con
26 Stati locali.
a) Il presupposto, delineato
dalla scienza delle finanze, è che in un determinato territorio (Europa) esistano degli
interessi generali europei e degli interessi differenziati degli Stati, per cui conviene
che lo Stato centrale federale provvedere al soddisfacimento dei bisogni di
interesse generale; e che gli Stati provvedano differenziatamente a soddisfare i
rispettivi bisogni differenziati..
Corrispondentemente viene creato, rispettivamente, un sistema fiscale centrale
federale e vengono creati n sistemi fiscali
statali, quanti sono gli Stati.
b) Una volta delineato lo schema di base (o di
prima approssimazione), passo poi ad un integrarlo.
Per un approccio di teoria generale, rinvio ad un mio studio, Federalismo
fiscale, p. 499 http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf
Esso, pur se ha come fulcro, l'Italia (Stato centrale, Regioni, Comuni) è
largamente esportabile alla Europa. In luogo di Italia, leggi UE; in luogo di Regioni,
leggi Stati; in luogo di Comuni, leggi Comuni, perchè ci sono in tutti gi Stati con una
tradizione storica molto simile.
Per quanto riguarda i bisogni di interesse generale, il fatto che che essi siano
generali comporta che siano comuni a tutti. Per questo, anzichè gestirne
l'amministrazione direttamente, può convenire che lo Stato centrale federale deleghi la
relativa gestione agli Stati, dopo avere fissato gli obiettivi quantitativi, da attuare
uniformemente in tutti gli Stati, e la dotazione dei congrui strumenti finanziari.
(Segnalo che la cosa non fa funzionato, tra Stato e Regioni, in Italia, tant'è che le
sanità risultano diverse da Regione a Regione).
2.- Per
quanto riguarda i sistemi fiscali , il criterio di prima approssimazione è che ad ogni
livello di enti, corrisponda un rispettivo sistema fiscale.
Ma questi sistemi a più livelli non sono neutrali tra i livelli di Stati (lo Stato
centrale federale e gli Stati) perchè le persone, le merci, i capitali circolano tra i
livelli di Stati.
Va fatta attenzione anche al fatto che, a fronte di una molteplicità di Enti
tassatori (in sovrapposizione), la tasca del contribuente è unica
Questo fatto porta alla necessità di regolare le interferenze. Il modo ritenuto
più corretto è che venga pensato un sistema fiscale unitario per la federazione, e al
suo interno sia fatta una ripartizione delle imposte tra gli Stati. Ad es. quali imposte
attribuire allo Stato centrale federale e quali agli Stati federati. (Questo fu il
criterio della fondamenrale riforma fiscale Cosciani, per l'Italia).
Sul piano pratico, tuttavia, qualcosa può non funzionare perchè gli imponibili
delle identiche imposte nominali potrebbero essere diversi come sostanza.
Nei confronti internazionali il PIL (Prodotto Interno Lordo) da prendere a
riferimento è, di solito, quello al "costo dei fattori", vale dire calcolato al
netto delle imposte indirette (dunque è pari al Valore aggiunto interno). Questo, però,
può condurre a forti disparità, a seconda del peso relativo delle imposte indirette nei
vari Stati e perchè, a dispetto dei sistemi di contabilità, non sempre le imposte
indirette sono trasferibili sui prezzi finali.
Suggerirei , fatto il calcolo della spesa pubblica della UE, che per il riparto del
finanziamento siano presi a riferimento più imponibili: il PIL al costo dei fattori, la
dimensione del territorio, le teste (popolazione).
Lascerei perdere il valore dei beni finali di consumo, perchè rimettono in campo
le imposte indirette e (per lIVA) tutto il gioco connesso del carico sulle
importazioni e dello scarico sulle esportazioni.
A puro titolo di curiosità scientifica, voglio ricordare ho cercato di definire (a
fianco della pressione fiscale, comunemente intesa) la "pressione fiscale
internazionale". Chi vuole, clicchi http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf ,
p. 126. (Continua) |
(continua
) 3.- Quale struttura amministrativa di una possibile nuova UE. Su
questa strada, non si parte da zero, perchè :
a) una parte (non pochissimo) si può trarre dalla struttura amministrativa già in essere
nella UE;
b) una seconda parte si trae dalla dichiarazione comune degli Stati, lo scorso anno
(2017) , a Roma, in occasione del 60 anniversario della istituzione del MEC - Mercato
Comune Europeo;
c) una terza parte si trae dalle anticipazioni di alcuni Leaders euopei, ad es. del
Presidente francese Macron nel 2017 alla Sorbona di Parigi.
Per un primo approccio qui sotto, parto dalle 4 voci della dichiarazione
comune dei paese UE (prima colonna), e vi associo associo (nella seconda colonna) le
voci ministeriali pertinenti (prese dal Governo Italiano) che, grosso modo, si ritrovano
nei Governi degli altri Stati della UE.
Nella terza collonna riporto l'elenco delle 53 voci amministrative già funzionanti
presso la Commissione. Affido alla burocrazia della Commissione la attribuzione migliore
di queste voci aii ministeri ipotizzati.
UN
PROSPETTO IDENTIFICATIVO DI COMPITI E DI MINiSTERI EUROPEI |
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FUNZIONI ASSEGNATE ALLA UE
dalla Dichiarazione di Roma, 25.03.17 |
Ipotesi di denomimazioni di ministeri UE
per svolgere le 4 funzioni |
Attuali amministrazioni UE,
da allocare dentro i ministeri |
1) Una Europa
sicura; |
- un ministero della
sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico |
2) Una Europa prospera
e sostenibile; |
- un ministero delle finanze e del
bilancio (entrate fiscali e spesa pubblica); |
- un ministero dell'ambiente
(territorio e mare); |
- un ministero dello sviluppo
economico (infrastrutture e trasporti, terrestri e marittimi, di interesse europeo, fonti di
energia, riequlibrio economico delle aree depresse); |
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3) Una Europa sociale |
- un ministero della salute; |
- un ministero della giustizia; |
- un ministero della istruzione
(università e ricerca); |
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4) Una Europa più
forte sulla scena mondiale |
- un ministero della difesa (con
esercito in ambito atlantico); |
- un ministero per gli affari esteri. |
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Strutture ammnistrative della Commissione:
- Totali 53 unità amministrative, di cui: 6 Agenzie, 31 Direzioni Generali
(Dipartimenti), 16 Servizi .
________________________________________
1.- AGENZIA ESECUTIVA - Agenzia esecutiva del Consiglio europeo della ricerca
2.- AGENZIA ESECUTIVA - Agenzia esecutiva per i consumatori, la salute,
lagricoltura e la sicurezza alimentare
3.- AGENZIA ESECUTIVA - Agenzia esecutiva per la ricerca
4.- AGENZIA ESECUTIVA - Agenzia esecutiva per l'innovazione e le reti
5.- AGENZIA ESECUTIVA - Agenzia esecutiva per l'istruzione, gli audiovisivi e la
cultura
6.- AGENZIA ESECUTIVA - Agenzia esecutiva per le piccole e medie imprese
7.- DIREZIONE GENERALE - Affari economici e finanziari
8.- DIREZIONE GENERALE - Affari marittimi e pesca
9.- DIREZIONE GENERALE - Agricoltura e sviluppo rurale
10.- DIREZIONE GENERALE - Ambiente
11.- DIREZIONE GENERALE - Azione per il clima
12.- DIREZIONE GENERALE - Bilancio
13.- DIREZIONE GENERALE - Centro comune di ricerca
14.- DIREZIONE GENERALE - Commercio
15.- DIREZIONE GENERALE - Comunicazione
16.- DIREZIONE GENERALE - Concorrenza
17.- DIREZIONE GENERALE - Energia
18.- DIREZIONE GENERALE - Eurostat - Statistiche europee
19.- DIREZIONE GENERALE - Fiscalità e unione doganale
20.- DIREZIONE GENERALE - Giustizia e consumatori
21.- DIREZIONE GENERALE - Informatica
22.- DIREZIONE GENERALE - Interpretazione
23.- DIREZIONE GENERALE - Istruzione, gioventù, sport e cultura
24.- DIREZIONE GENERALE - Mercato interno, industria, imprenditoria e PMI
25.- DIREZIONE GENERALE - Mobilità e trasporti
26.- DIREZIONE GENERALE - Occupazione, affari sociali e inclusione
27.- DIREZIONE GENERALE - Politica europea di vicinato e negoziati di allargamento
28.- DIREZIONE GENERALE - Politica regionale e urbana
29.- DIREZIONE GENERALE - Protezione civile e operazioni di aiuto umanitario europee
30.- DIREZIONE GENERALE - Ricerca e innovazione
31.- DIREZIONE GENERALE - Risorse umane e sicurezza
32.- DIREZIONE GENERALE - Salute e sicurezza alimentare
33.- DIREZIONE GENERALE - Stabilità finanziaria, servizi finanziari e Unione dei mercati
dei capitali
34.- DIREZIONE GENERALE - Traduzione
35.- DIREZIONE GENERALE - Cooperazione internazionale e sviluppo
36.- DIREZIONE GENERALE - Migrazione e affari interni
37.- DIREZIONE GENERALE - Reti di comunicazione, contenuti e tecnologie
38.- SERVIZIO - Centro europeo di strategia politica
39.- SERVIZIO - Gestione e liquidazione dei diritti individuali
40.- SERVIZIO - Infrastrutture e logistica a Bruxelles
41.- SERVIZIO - Infrastrutture e logistica a Lussemburgo
42.- SERVIZIO - Responsabile della protezione dei dati
43.- SERVIZIO - Segretariato generale
44.- SERVIZIO - Servizio degli strumenti di politica estera
45.- SERVIZIO - Servizio dell'archivio storico
46.- SERVIZIO - Servizio di assistenza per le riforme strutturali
47.- SERVIZIO - Servizio giuridico
48.- SERVIZIO - Servizio interno di revisione
49.- SERVIZIO - Task force per la preparazione e lo svolgimento dei negoziati con il Regno
Unito, art. 50 del TUE
50.- SERVIZIO - Ufficio delle pubblicazioni
51.- SERVIZIO - Ufficio europeo di selezione del personale
52.- SERVIZIO - Ufficio europeo per la lotta antifrode
53.- SERVIZIO - Biblioteca e Centro risorse elettroniche |
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CONVEGNO
SUL CATTOLICESIMO POLITICO |
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Girolamo ROSSI
Pontificia Università Angelicum |
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Gianfranco Pasquino
Emerito Università di Bologna |
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Nino Luciani
Università di Bologna |
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Enrico Bittoto
Sociologo e Saggista |
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Lino Goriup
Monsignore Arcidiocesi di Bologna |
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"Per
la riforma dei partiti in Italia"
- Mons. LINO GORIUP, I partiti e la
dottrina sociale della Chiesa Cattolica. |
- Girolamo ROSSI, Lo scudo crociato
nella comunicazione politica del '900. |
- Nino LUCIANI, Motivazioni dei
partiti: tra buon governo e affari.
Per il Finanziamento pubblico dei partiti, per una magistratura speciale
sui partiti a garanzia dell'equilibrio costituzionale tra i tre grandi poteri dello Stato
e per la tempestività delle sentenze; per la pubblicità interna dei verbali delle
riunioni degli organi collegiali. |
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Nota.
Al convegno erano stati invitati 29 associazioni e partiti di area centrista, 19
Vescovi della Emilia Romagna, il Presidente Nazionale della Azione Cattolica, il Vescovo
Assistente Generale dell'Azione Cattolica.
Vi hanno partecipato due partiti (Democrazia Cristiana e Italia Moderata) e una trentina
di persone, tra cui Mons. Oreste Leonardi, Rettore della Basilica di San Petronio .
Pubblichiamo le tre pervenute con testo scritto e la lettera ai Vescovi
- Mons. Lino Goriup, Professore di Ontologia dell'Istituto Superiore di
Scienze Religiose di Bologna e di Storia della Filosofia Antica e Medievale presso la
Facoltà Teologica dell'E.R.
Pubblicazioni: Il rischio è bello, La sfida educativa tra ragione, fede e
testimonianza della verità (pp. 320), ed. ESD - Edizioni Studio Domenicano, Bologna, 2010
- Girolamo Rossi, Docente di Teoria e tecnica della comunicazione
politica, Pontificia Università San Tommaso d'Aquino - Angelicum, Roma.
Pubblicazioni: G. ROSSI, Lo scudo crociato (pp. 238), Armando Editore, 2014, redazione@armando.it .
- Nino Luciani, Professore Ordinario di Scienza delle Finanze,
università.
- Per la Lettera ai Vescovi, clicca su Vescovi. |
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LINO GORIUP, I partiti e la
dottrina sociale della Chiesa Cattolica Dividerò la mia
riflessione in tre parti: 1. - Una esposizione minima del pensiero della Chiesa
Cattolica sul tema in questione, riferendomi ad un testo particolarmente autorevole del
magistero della Chiesa sulla natura e funzione dei partiti nella vita politica (Compendio
della Dottrina Sociale della Chiesa, abbreviato CDS); 2. - Una meditazione su alcune
generali trasformazioni culturali in corso (e un'ipotesi sulle loro radici); 3. - Una
personale proposta positiva (culturale e politica) di "nuova secolarità".
La riflessione dovrebbe iniziare da una disamina dell'uso dei termini laico e
laicità, alla luce del concreto sviluppo delle vicende storiche e politiche dell' Italia
negli ultimi due secoli1; avremmo la netta percezione di una
progressiva "deriva semantica" che rende i termini summenzionati ormai non più
utilizzabili in senso univoco, impedendo di fatto dialoghi costruttivi e sensati. La
necessaria brevità del mio intervento non ci permette di approfondire tale serie di
considerazioni; voglio tuttavia precisare che da tempo preferisco parlare a riguardo, di
secolarità, parendomi un termine decisamente meno compromesso e per certi versi più
ricco e corretto. Richiamo ciò a modo di nota previa, solamente per attirare l'attenzione
sulla difficoltà di affrontare il tema che mi è stato assegnato in termini
ragionevolmente condivisibili in un contesto storico, ecclesiale e "politico"
complesso come quello che stiamo vivendo.
2.- IL MAGISTERO DELLA CHIESA Rinvio per approfondimenti al capitolo quarto del
Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, in particolare dove vengono illustrati: - i
principi fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa (bene comune, destinazione
universale dei beni, sussidiarietà, partecipazione, solidarietà); - i valori
fondamentali della vita sociale (verità, libertà e giustizia);
CONTINUA1 |
Girolamo Rossi, Lo scudo crociato
nella comunicazione politica del '900
1.- L'antropologo Claude Lévi-Strauss parla degli animaltotemici come simboli
checatturano totemici |
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come simboli che catturano l'attenzione non non perché
rappresentino un qualcosa di "buono da mangiare" ma perché rappresentano un
qualcosa di "buono da pensare". Colpiscono l'immaginazione perché sono
raffigurazioni di creature concrete alle quali è tuttavia possibile associare un concetto
astratto.
Questo processo di significazione del segno totemico ha una sua componente
razionale, che riguarda il "discorso" che il gruppo sociale può sviluppare
intorno al simbolo, e una componente istintiva o irrazionale, che riguarda la risonanza
che il simbolo stesso può avere nella psicologia profonda di ciascuna persona.
Se un simbolo ha successo in ragione di quanto è "buono da
pensare", allora anche i contrassegni politici hanno maggiore o minore fortuna in
ragione dei significati che in essi possiamo leggere, dei concetti che sanno evocare,
delle risonanze emotive che possono avere in noi.
Lo scudo crociato è senza dubbio - in questa prospettiva - un segno buono da
pensare, perché presenta una fenomenologia straordinaria: ha retto come simbolo del
partito dei cattolici italiani per quasi un secolo, ha segnato grandi affermazioni
elettorali già dal suo esordio nel 1919 come contrassegno del neonato Partito Popolare di
Luigi Sturzo, e si è confermato ancora vincente nelle consultazioni politiche del 1946 e
poi in quelle del 1948 come simbolo della nuova Democrazia Cristiana. Ha funzionato come
emblema della lotta contro le truppe nazifasciste (impresso sui fazzoletti delle brigate
partigiane cattoliche), e ha funzionato altrettanto bene come contrassegno del partito di
governo, per certi aspetti simbolo stesso delle istituzioni, negli anni della
ricostruzione.
CONTINUA2 |
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NINO LUCIANI, Sulle
motivazioni dei partiti: partiti del buon governo e partiti d'affari. Finanziamento
pubblico e magistratura speciale per i partiti, a
garanzia dell'equilibrio costituzionale tra i tre grandi poteri dello Stato e per la
tempestività delle sentenze. Obbligo di verbalizzazione delle riunioni degli Organi Collegiali e di
pubblicità interna.
1.- Democrazia diretta e democrazia rappresentativa: ruolo dei partiti.
Secondo il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica1,
par. 413 , "I partiti politici hanno il compito di favorire una partecipazione
diffusa e l'accesso di tutti a pubbliche responsabilità. I partiti sono chiamati ad
interpretare le aspirazioni della società civile orientandole al bene comune, offrendo ai
cittadini la possibilità effettiva di concorrere alla formazione delle scelte politiche.
I partiti devono essere democratici al loro interno, capaci di sintesi politica e di
progettualità . Strumento di partecipazione politica è anche il referendum, in cui si
realizza una forma diretta di accesso alle scelte politiche. L'istituto della
rappresentanza non esclude, infatti, che i cittadini possano essere interpellati
direttamente per le scelte di maggiore rilievo della vita sociale". Secondo la
Costituzione della Repubblica Italiana, art. 49, "Tutti i cittadini hanno diritto di
associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la
politica nazionale In queste fonti normative, il ruolo dei partiti è di organizzare la
partecipazione della società civile alle decisioni pubbliche, di norma, mediante forme di
rappresentanza , costituite da persone del partito o proposte dal partito. Ma nella storia
delle dottrine politiche, ci sono state: - le idee secondo cui il potere viene da Dio
(creatore e intelligenza massima). In questa visione paternalistica: la persona che riceve
la investitura da Dio (magari tramite un profeta, un vescovo, un papa) interpreta i
bisogni della società civile e provvede a soddisfarli; - le idee secondo cui il potere
viene dal popolo, in modo più o meno ristretto o ampio, a seconda delle varie culture dei
popoli; in particolare, a seconda della espansione della scuola di massa e della
informazione di massa. CONTINUA3 |
Lino
Goriup, I partiti e la dottrina sociale della Chiesa Cattolica. 1- PREMESSA.
Dividerò la mia riflessione in tre parti: 1. - Una esposizione minima del
pensiero della Chiesa Cattolica sul tema in questione, riferendomi ad un testo
particolarmente autorevole del magistero della Chiesa sulla natura e funzione dei partiti
nella vita politica (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, abbreviato CDS); 2. -
Una meditazione su alcune generali trasformazioni culturali in corso (e un'ipotesi sulle
loro radici); 3. - Una personale proposta positiva (culturale e politica) di "nuova
secolarità".
La riflessione dovrebbe iniziare da una disamina dell'uso dei termini laico e laicità,
alla luce del concreto sviluppo delle vicende storiche e politiche dell' Italia negli
ultimi due secoli1; avremmo la netta percezione di una progressiva
"deriva semantica" che rende i termini summenzionati ormai non più utilizzabili
in senso univoco, impedendo di fatto dialoghi costruttivi e sensati. La necessaria
brevità del mio intervento non ci permette di approfondire tale serie di considerazioni;
voglio tuttavia precisare che da tempo preferisco parlare a riguardo, di secolarità,
parendomi un termine decisamente meno compromesso e per certi versi più ricco e corretto.
Richiamo ciò a modo di nota previa, solamente per attirare l'attenzione sulla difficoltà
di affrontare il tema che mi è stato assegnato in termini ragionevolmente condivisibili
in un contesto storico, ecclesiale e "politico" complesso come quello che stiamo
vivendo.
2.- IL MAGISTERO DELLA CHIESA
Rinvio per approfondimenti al capitolo quarto del Compendio della Dottrina Sociale della
Chiesa, in particolare dove vengono illustrati: - i principi fondamentali della Dottrina
Sociale della Chiesa (bene comune, destinazione universale dei beni, sussidiarietà,
partecipazione, solidarietà); - i valori fondamentali della vita sociale (verità,
libertà e giustizia); - e la complessità del loro vitale rapporto in ordine all'ideale
rappresentato da ciò che viene indicato come la via della Carità. Leggiamo insieme solo
il numero 413 del CDS (capitolo ottavo dedicato alla comunità politica) che tratta della
natura e della funzione dei partiti in seno alla comunità politica [tralasciamo quanto il
compendio dice del rapporto tra partiti e sindacati (n. 307), e della scelta di militanza
da parte del cristiano in un partito (nn. 573-574), tema che affronteremo indirettamente
nella riflessione finale].
413- I partiti politici hanno il compito di favorire una partecipazione diffusa e
l'accesso di tutti a pubbliche responsabilità. I partiti sono chiamati ad interpretare le
aspirazioni della società civile orientandole al bene comune, offrendo ai cittadini la
possibilità effettiva di concorrere alla formazione delle scelte politiche. I partiti
devono essere democratici al loro interno, capaci di sintesi politica e di progettualità
. Strumento di partecipazione politica è anche il referendum, in cui si realizza una
forma diretta di accesso alle scelte politiche. L'istituto della rappresentanza non
esclude, infatti, che i cittadini possano essere interpellati direttamente per le scelte
di maggiore rilievo della vita sociale.
Più che di una spiegazione del testo - peraltro in sé estremamente
chiaro -, abbiamo bisogno di una serie di domande da porci sulla sensata attualità di
alcuni termini usati. Come "favorire una partecipazione diffusa" dei cittadini
alla vita politica quando nella società civile prevale una decisa propensione al one man
show del leader, quando aziende private (di consulenza in materia di strategie di rete o
di network televisivi) influenzano e talvolta determinano il pensiero collettivo
trasformandolo in mera opinione (il più delle volte distorta da fake news), quando il
consenso elettorale è ormai determinato dal condizionamento delle passioni e non dall'uso
condiviso delle facoltà superiori dell'uomo (ragione e libertà)? La figura del follower
prevale ormai su quella del cittadino, e da protagonisti della vita politica e sociale del
paese ci si è lasciati trasformare - con un raffinato esperimento di ingegneria sociale2
- in spettatori passivi di un grande reality show. L'interrogativo sulla
"partecipazione diffusa" si estende a quello sulla "pubblica
responsabilità" a cui tutti dovrebbero avere accesso. Il richiamo ideale alla
democraticità interna ed esterna ai partiti, alla sintesi politica e progettualità,
dovrebbe confrontarsi non solo con le nuove forme di interazione tra democrazia diretta e
rappresentanza politica, ma anche e soprattutto con l'implicita e concreta messa in
questione della democrazia come forma di governo. Il riconoscimento del compito specifico
dei partiti di "interpretare le aspirazioni della società civile orientandole al
bene comune" pone seriamente l'interrogativo sulle modalità di azione politica in un
tempo in cui non si interpretano le aspirazioni della società civile ma le si inducono,
un tempo in cui si dubita seriamente dell'esistenza di un bene comune. Lo stesso uso del
verbo orientare sembrerebbe peraltro tradire ancora una visione paternalistica del
rapporto tra partiti e società civile. Molti problemi a cui si è qui fatto riferimento
sono già intravisti dal CDS nel contesto del testo che abbiamo letto (nn. 406ss.):
l'essenziale non automatismo del rapporto tra democrazia formalmente intesa e valori, la
mancanza di spirito di servizio, la diffusa crescente corruzione, l'eccessiva
burocratizzazione; al tema del rapporto tra informazione e democrazia il compendio dedica
ben tre numeri (414-416). L'autorevole presentazione e i seguenti richiami da parte del
CDS parrebbero ancora vincolati ad una lettura otto-novecentesca dello scenario
socio-politico-antropologico suscitato dalla tardo-modernità.
3.- CONTESTI E TRASFORMAZIONI CULTURALI IN CORSO
La mancanza di analisi e di riflessione critica sul tempo nel quale si vive e si opera con
gli altri, produce la riduzione della politica a problems solving. È necessario
interpretare le mutazioni onto-antropologiche in atto dalla nascita della modernità ad
oggi, per comprendere quale "declinazione" della politica (e non solo) si
presenta a noi oggi. Solo intendendo da dove viene e verso dove sta andando la politica,
comprenderemo se e come i partiti politici avranno un futuro (non solo in Italia). Per la
mia analisi in questo intervento mi limiterò a indicare in nota i riferimenti
bibliografici della mia riflessione, e per punti sintetici esporrò quanto ritengo
importante richiamare all'attenzione di chi intenda pensare la politica del tempo che sta
venendo:
1. - Perdita di significato della conoscenza sensibile e dell'evidenza (presunta
onnipotenza della ragione e sua auto-eliminazione a vantaggio di passioni non più
regolate dal giudizio);
2. - Sostituzione dei sensi con gli strumenti della tecnica (allargamento del mondo ma
possibile sostituzione della realtà vitale con la costruzione di mondi prodotti
dall'attività tecno-scientifica);
3. - Dalla sostituzione dei sensi con gli strumenti della tecno-scienza, alla creazione
tecnica di una nuova umanità (transumanismo);
4. - Perdita di significato della "terra" (crisi della spazio-temporalità);
desomatizzazione e detemporalizzazione del corpo umano attraverso l'uso compulsivo della
digitalizzazione informatica in ambito comunicativo e della atopicizzazione del lavoro,
con la conseguente nascita di un nuovo "spiritualismo" di natura neognostica;
5.- La perdita della realtà produce lo smarrimento del giudizio e della possibilità di
comunicare (dissoluzione della possibilità di avere un mondo in comune e crisi mortale
della fede naturale nella sua esistenza), con la conseguente trasformazione della
comunicazione (informazione) in pragmatismo performativo;
6.- Ritardo nell'integrazione del pensiero con il nuovo paradigma scientifico emerso nel
ventesimo secolo (teoria della relatività e meccanica quantistica): teoremi di
incompletezza di Gödel, teoria dell'informazione da Shannon in poi, conseguenze
filosofiche del principio di indeterminazione di Heisenberg, non località della fisica
quantistica, ruolo determinante dell'osservatore nella misurazione /conoscenza del reale;
7.- Prdita della possibilità di qualunque fede e appartenenza3.
È interessante notare una certa analogia tra le mutazioni in corso a
causa della globalizzazione (culturale, comunicativa, economica) e le trasformazioni
avvenute nell'oikumene tra quarto-terzo secolo avanti Cristo e quarto secolo dopo Cristo
(crisi delle forme di corresponsabilità del governo, progressivo affermarsi
dell'universalismo cosmopolitico e parallela nascita di un pensiero e di un ethos
soggettivistici e impolitici).
Come in tutti i ricorsi storici, è possibile notare le analogie e le profonde differenze.
- Tra queste ultime, la prima riguarda la coscienza del processo in corso: lo scetticismo
pirroniano, lo stoicismo, l'epicureismo, come i più diffusi e popolari culti misterici di
Mitra, Orfeo e Cibele, pur riconsegnando la ricerca del senso dell'esistenza al singolo
rinchiudendolo in un significativo privatismo, non erodevano alla radice la fiducia nella
realtà e nell'esistenza stessa di un senso dell'esistenza, così come è accaduto in
Occidente negli ultimi cinquecento anni a motivo del "più inquietante fra tutti gli
ospiti", il nichilismo (Nietzsche).
- La seconda differenza sta nella attuale straordinaria potenza tecnica dei mezzi a
disposizione dell'umanità e quindi del potere (sia esso politico, culturale o economico)
- conseguenza più o meno diretta dello stesso nichilismo - che rende i processi
trasformativi particolarmente accelerati, diffusi e pervasivi.
- La terza differenza sta nell'apparizione, nel corso del ventesimo secolo, del fenomeno
assolutamente nuovo del totalitarismo, del tutto imparagonabile al dispotismo assoluto e
autocratico di qualunque imperatore dell'antichità (Arendt).
Ci è consegnato, nella tardo-modernità, il tempo nel quale possiamo
conoscere l'impossibilità teorica e pratica della democrazia.
Il presentarsi del totalitarismo non un'ineluttabile necessità ma una ormai
tragica possibilità dalla quale, d'ora in avanti, possiamo difenderci o alla quale
possiamo abbandonarci per rassegnazione o scarsa consapevolezza.
Ho parlato di una possibile nichilistica e totalitaria impossibilità teorica e pratica
della democrazia, a motivo dell'inutilità della stessa partecipazione alla vita comune
dal momento che non esiste più vita comune ma semplice accostamento di individui sui
quali praticare il più totale controllo e i più vari esperimenti di ingegneria sociale4.
L'aspetto più inquietante della nostra condizione è che chi pratica tali esperimenti è
parte degli stessi perché ne produce la "verità": è l'inveramento pratico del
più perfetto hegelismo5.
Non esiste più bene comune perché non si dà più né bene né male,
non esiste politica perché non c'è più polis, non esiste impegno pubblico perché non
si conosce più distinzione tra pubblico e privato, e si agisce solo su masse di individui
caratterizzati da uno specifico tipo di metafisico isolamento. Ripeto:
non siamo ancora definitivamente precipitati in tutto ciò (anche se i segnali dell'inizio
di un nuovo abisso totalitario sono innumerevoli e seriamente preoccupanti) e non siamo
destinati o determinati a finirci; è una tragica, incombente possibilità che possiamo
scongiurare, anche se a questo punto credo possa costare molto, al mondo intero.
4.- UNA "NUOVA SECOLARITÀ"
Non posso esimermi dal proporre, in qualche forma, una sorta di pars construens
del mio intervento. Per non apparire ciò che non sono, ovvero uno dei fin troppi
ipercritici snob che discettano sulla crisi della modernità senza trarre dall'analisi
spunti per la ripartenza di una convivenza degna dell'uomo, di un pensiero che riconsegni
a ciascuno di noi speranza.
Con la crisi dell'antico internazionalismo à la gauche, il "vincente" pensiero
liberista, dopo il 1989, ha imposto (culturalmente, prima che finanziariamente) le
"magnifiche sorti e progressive" della globalizzazione, senza considerare
l'effetto onda che un'eventuale distorta connessione tra singolo e comunità, tra
identità nazionali e necessaria cooperazione fra popoli, tra lavoro e finanza, tra
risparmio e investimenti, tra fenomeni microeconomici e macroeconomia, avrebbe
inevitabilmente prodotto. Bisogna considerare che tutto ciò è avvenuto in un contesto
storico e culturale come quello da me poco sopra tratteggiato; l'effetto conclusivo, cioè
la nostra attuale situazione complessiva, è sotto gli occhi di tutti.
Prima di descrivere, anche solo sommariamente, le prospettive positive che immagino,
vorrei aggiungere un'ulteriore premessa.
In ambito ecclesiale, per il misterioso e provvidenziale intervento dello Spirito
attraverso la celebrazione del Concilio Vaticano II e la successiva risonanza teologica e
vitale della comunità dei credenti a tale evento, si sono sviluppati e stanno crescendo -
nella varietà di risposte, talvolta caotica come è proprio della concreta esistenza nel
tempo del Popolo di Dio - germi di novità non ancora formalizzati ed espressi
ordinatamente e coscientemente dal Magistero; se, come abbiamo notato, le indicazioni
pubbliche e ufficiali dell'Insegnamento autorevole della Chiesa sono parzialmente in
ritardo sui tempi che viviamo, la vita della Sposa santa dell'Agnello è già pronta ad
entrare nel nuovo "eone" preparato dalla misteriosa sinergia tra libertà umana
e azione dello Spirit6o6.
Non penso a future teocrazie, ma a un servizio profetico e secolare di
testimonianza della Chiesa in ordine alla manifestazione di un nuovo umanesimo capace di
suscitare forme rinnovate di convivenza umana nella pace. Per brevità, sintetizzo la mia
proposta in due parole: nuovo radicamento. La necessità di ricollocarsi nella realtà
impone un'azione che privilegi l'esperienza sensoriale primaria piuttosto che la
virtualità digitale, probabilmente attraversando anche periodi e situazioni di
disconnessione parziale o completa dal web7: agire
"politicamente" per riappropriarsi dello spazio, del tempo e del corpo,
rivalorizzando la località della nostra presenza nell'esistenza sperimentata come
entangled8 con l'unitotalità creata (quindi incompleta9).
La presenza "politica" dei soggetti personali e comunitari deve passare
dall'attuale onnipresente visibilità virtuale alla reale presenza, anche apparentemente
invisibile perché non più rappresentata nei luoghi della virtualità digitale. Si può
semplificare in questi termini: imparare ad essere realmente presenti, non apparendo tali
al contesto in cui solo l'inesistente è reale10. Si tratta di
assumere l'incompletezza del creato come compito, come possibilità della concreazione di
un mondo umano nel progetto originario dove Bene e libertà sono già perfettamente
integrati nel Mistero. Personalmente ritengo che solo in questi termini sia possibile
ricostruire lo spazio politico eliminato dall'avvento della massa e riappropriarsi della
distinzione tra pubblico (politico) e privato (vitale).
Ritornando al senso profondo del mio intervento, penso di poter proporre
alcuni elementi di riflessione a chi desideri partecipare, concretamente e in maniera
organizzata, alla vita politica dell' Italia oggi.
La parola partito richiama etimologicamente il termine parte. Come può
una parte sentirsi vocata al bene del tutto? Solo prendendo coscienza che nella parte si
trova il tutto nella forma dell'assenza-presente, e che si può vivere l'assenza in senso
simbolico quindi qualitativo e non quantitativo.
La parte è, in quanto parte, già tutto, se prende consapevolezza del fatto che in essa
vive - direi quasi "quantisticamente" - ciò che accade anagogicamente nel
tutto. I frattali dovrebbero insegnare qualcosa11.
Un "partito" potrebbe vivere la località del suo autonomo radicamento
territoriale, nella prospettiva della apparentemente invisibile non-località: nessun
centralismo, nessun partito-massa, ma una confederazione di aggregazioni autonome di
cittadini che liberamente si impegnano dove vivono, per rendere sensata la loro vita
comune.
La separazione degli interessi privati da quelli pubblici, identificando la differenza di
natura tra essi, permette la presa di coscienza del fatto che il vero interesse di parte
(se parte di un tutto), è l'interesse del tutto; ogni organismo vivente è organizzato
così.
La riflessione inclina inevitabilmente alla considerazione del federalismo come ormai
inevitabile destino di ogni futuro progetto di fondazione o riforma dei soggetti politici,
partitici o statuali o internazionali che siano; sempre considerando - e non sempre lo si
è fatto con onestà intellettuale e coerenza - la sostanziale e dirimente differenza
esistente tra federazione e confederazione, dove - nel contesto storico e culturale sopra
descritto - la seconda è da preferire, se si privilegia un sistema con relativa maggiore
libertà amministrativa locale. Per il cristiano credente, la partecipazione vitale al
Mistero cosmico di salvezza nella propria concreta comunità diviene evento personale ed
ecclesiale di redenzione e, al contempo, "palestra" di addestramento per nuove
forme di presenza secolare dei laici nella società civile. La coltivazione accurata
dell'amicizia civile come valore resta permanentemente il percorso educativo attraverso
cui la presenza/assenza del credente nella società può esercitare con forza il proprio
compito testimoniale12.
________________
1. Cfr. G.Biffi, Risorgimento, Stato laico e identità nazionale,
Piemme, Casale Monferrato 1999.
2. Era possibile cogliere i prodromi della trasformazione in corso fin
dalla fine degli anni 60 del secolo scorso, cf.P.P.Pasolini, Scritti corsari,
Garzanti, Milano 1975 (nuova edizione 1990, con prefazione di A. Berardinelli); id.,
Lettere luterane, Einaudi, Torino, 1976 (con un'introduzione di Alfonso Berardinelli,
2003).
3. Cf. H.Arendt, Vita activa. La condizione umana, Bompiani, Milano
1997; id., Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunità, Torino 1999; id., La vita
della mente, Il Mulino, Bologna 1987; id., L'umanità in tempi bui, Raffaello Cortina
Editore, Milano 2006. Particolarmente interessanti, anche se non tutte pienamente
condivisibili, le riflessioni del volume collettaneo curato da Massimo Recalcati, cf.
Aa.vv., Forme contemporanee del totalitarismo, a cura di Massimo Recalcati, Bollati
Boringhieri, Torino 2007. Sul transumanismo, è di particolare interesse la lettura del
catalogo della mostra HUMAN+. IL FUTURO DELLA NOSTRA SPECIE, curata da Cathrine Kramer,
promossa dall'Assessorato alla Crescita culturale del Comune di Roma, ideata dalla Science
Gallery at Trinity College Dublin e presentata al Palazzo delle Esposizioni di Roma dal 27
febbraio al 1 luglio 2018 (cf. HUMAN+. IL FUTURO DELLA NOSTRA SPECIE, Azienda Speciale
Palaexpo, Roma 2018).
4. Cf. W.Sofsky, L'ordine del terrore, Laterza Editrice, Roma-Bari 2004;
id., In difesa del privato, Einaudi, Torino 2010. Credo che la visione del film tedesco
L'onda (2008) del regista Dennis Gansel, sia una ottima presentazione delle modalità con
cui, senza banali riferimenti al passato, sia possibile creare sempre nuove
forme di totalitarismo. Non vedo il pericolo della rinascita del fascismo se poi il
fascismo sia stato totalitario o dispotico, è questione da discutere in pur
squallide ed esecrabili manifestazioni di nostalgici disadattati (giovani o anziani che
siano), ma nel diffuso, quieto, elegante e banale precipitare nell'anaffettiva
inconsapevolezza e indifferenza di fronte al male; consiglio a riguardo sia la visione del
documentario Uno specialista. Ritratto di un criminale moderno
(ISRAELE-FRANCIA-GERMANIA-AUSTRIA-BELGIO 1999) del regista Eyal Sivan, che la lettura di
H.Arendt, La banalità del male, Feltrinelli, Milano 1999.
5. Cf. G.W.F.Hegel, Prefazione alla Fenomenologia dello Spirito, a cura
di Maurizio Pagano, SEI, Torino 1980. Nessuno, in ambito letterario, ha colto la
dimensione nichilista, totalitaria e autodistruttiva dello sperimentalismo esistenziale
meglio di Fëdor Michajlovic Dostoevskij nella creazione del suo Nikolaj (Nikolas)
Vsevolodovic Stavrogin, cf. F.M.Dostoevskij, I demoni, traduzione di Giovanni Buttafava,
Introduzione di Pietro Citati, Milano, BUR, 1981-2001.
6. Penso a futuri inserimenti, all'interno della Dottrina Sociale della
Chiesa, dei contenuti e delle prospettive indicate da papa Benedetto XVI e papa Francesco
(Benedetto XVI, Deus Caritas est, 25 dicembre 2005; Francesco, Evangelii Gaudium, 24
novembre 2013). Personalmente ritengo che l'insegnamento conciliare del Vaticano II sulla
soprannaturale natura organica della connessione tra Chiesa locale e Chiesa universale
possa essere uno stimolo straordinario per la riflessione sulla configurazione di nuove
modalità di convivenza umana (cf. Sacrosantum Concilium 41; Lumen Gentium nn. 23 e 26).
7. L'utilizzo di media freddi piuttosto che di quelli caldi, potrebbe
essere in tali contesti assolutamente preferibile per un riavvicinamento dei soggetti al
sé reale e alle cose, cf. M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore,
Milano, 1967, pp. 31-33.
8. Per un primo approccio alla summenzionata problematica
dell'integrazione del nuovo paradigma scientifico con la psicologia e l'antropologia
filosofica, cf. B.Rosenblum F.Kuttner, Quantum Enigma. Physics Encounters
Consciousness, Oxford University Press, New York 2011 [trad. it. L'enigma quantico. Quando
la fisica incontra la coscienza, Macro, Cesena (FC) 2017]. Sull'entanglement, cf. Aczel
Amir D., Entanglement. Il più grande mistero della fisica, Raffaello Cortina Editore,
Milano, 2004; Quantum entanglement and information, Stanford Encyclopedia of Philosophy,
https : //pla to.s tanf ord.edu/entr ies /q t -e nt angle/ .
9. Sul recupero, in sede filosofica e teologica, della nozione di
unitotalità anagogica, già intuita dai filosofi presocratici, cf. V.Solov'ëv, I
fondamenti spirituali della vita, Marietti, Torino 1949; G.Biffi, Canto nuziale.
Esercitazione di teologia anagogica, Jaca Book, Milano 2000; L. Goriup, Il tempo di un
concerto, in Aa.vv., Homo vivens. Possibilità di convivenza, a cura di Lino Goriup,
CLUEB, Bologna 2017, pp.135-152.
10. Sorprendente è la riflessione di Giorgio Agamben sulla scomparsa di
E. Majorana nella prospettiva di una sparizione volontaria del grande fisico italiano
intesa come forma comunicativa della presenza nell'assenza assunta qualitativamente e non
solo quantitativamente (fisicamente), cf. G. Agamben, Che cos'è reale? La scomparsa di
Majorana, Neri Pozza Editore, Vicenza 2016. Tale riflessione sviluppa coerentemente il
pensiero complessivo di Agamben sull'homo sacer e sull'avvento della testimonialità, cf.
G.Agamben, Homo sacer. Edizione integrale, Quaderni Quodlibet, Macerata 2018. Non sempre
pienamente condivisibili, gli sviluppi del pensiero di Agamben sono stimolanti anche per
una riflessione politica, teologica ed ecclesiale; la condizione del dimesso e/o del
dimissionario come testimone della reale condizione umana e cristiana (insegnamento di
carattere testimoniale delle dimissioni di papa Benedetto XVI?) apre possibilità inedite
di interpretazione di vari passi della Scrittura ed eventi salvifici (cf. L. Goriup, Il
rischio è bello. La sfida educativa tra fede, ragione e testimonianza, ESD, Bologna
2010).
11. Di notevole interesse la riflessione di papa Francesco a riguardo,
cf. Evangelii Gaudium, nn.234-237.
12. Cf. CDS, 390: Il significato profondo della convivenza civile
e politica non emerge immediatamente dall'elenco dei diritti e dei doveri della persona.
Tale convivenza acquista tutto il suo significato se basata sull'amicizia civile e sulla
fraternità. Il campo del diritto, infatti, è quello dell'interesse tutelato e del
rispetto esteriore, della protezione dei beni materiali e della loro ripartizione secondo
regole stabilite; il campo dell'amicizia, invece, è quello del disinteresse, del distacco
dai beni materiali, della loro donazione, della disponibilità interiore alle esigenze
dell'altro. L'amicizia civile, così intesa, è l'attuazione più autentica del principio
di fraternità, che è inseparabile da quello di libertà e di uguaglianza. Si tratta di
un principio rimasto in gran parte non attuato nelle società politiche moderne e
contemporanee, soprattutto a causa dell'influsso esercitato dalle ideologie
individualistiche e collettivistiche. |
Girolamo Rossi, Lo
scudo crociato nella comunicazione politica del '900 1.-
L'antropologo Claude Lévi-Strauss parla degli animali totemici come simboli che catturano
l'attenzione non perché rappresentino un qualcosa di "buono da mangiare" ma
perché rappresentano un qualcosa di "buono da pensare". Colpiscono
l'immaginazione perché sono raffigurazioni di creature concrete alle quali è tuttavia
possibile associare un concetto astratto.
Questo processo di significazione del segno totemico ha una sua componente
razionale, che riguarda il "discorso" che il gruppo sociale può sviluppare
intorno al simbolo, e una componente istintiva o irrazionale, che riguarda la risonanza
che il simbolo stesso può avere nella psicologia profonda di ciascuna persona.
Se un simbolo ha successo in ragione di quanto è "buono da
pensare", allora anche i contrassegni politici hanno maggiore o minore fortuna in
ragione dei significati che in essi possiamo leggere, dei concetti che sanno evocare,
delle risonanze emotive che possono avere in noi.
Lo scudo crociato è senza dubbio - in questa prospettiva - un segno buono da
pensare, perché presenta una fenomenologia straordinaria: ha retto come simbolo del
partito dei cattolici italiani per quasi un secolo, ha segnato grandi affermazioni
elettorali già dal suo esordio nel 1919 come contrassegno del neonato Partito Popolare di
Luigi Sturzo, e si è confermato ancora vincente nelle consultazioni politiche del 1946 e
poi in quelle del 1948 come simbolo della nuova Democrazia Cristiana. Ha funzionato come
emblema della lotta contro le truppe nazifasciste (impresso sui fazzoletti delle brigate
partigiane cattoliche), e ha funzionato altrettanto bene come contrassegno del partito di
governo, per certi aspetti simbolo stesso delle istituzioni, negli anni della
ricostruzione.
Ma soprattutto è stato riconosciuto come la sintesi efficace, l'essenza
stessa, del partito d'ispirazione cattolica da una base elettorale molto vasta, presente
in ogni regione del Paese e composta da persone di diversa cultura e classe sociale.
Simbolo dunque "buono", ma anche "facile da pensare" per la sua
immediatezza e la sua forza espressiva. Nello scudo crociato confluiscono le antiche
simbologie della croce e dello scudo che, molto prima del cristianesimo, hanno
rappresentato dei punti di riferimento fondamentali proprio sul piano
antropologico-culturale.
Antica quanto la civiltà stessa (un sigillo con la croce in pietra ritrovato
a Susa risale al terzo millennio avanti Cristo, altri simboli di croce, vedi ad esempio
quelli rinvenuti a Creta, risalgono al XV secolo avanti Cristo) la croce simboleggia in
molte culture la terra e il cielo, in quanto sistema di orientamento spaziale, e
simboleggia la coesistenza nell'uomo della natura terrena data dall'elemento orizzontale e
di quella spirituale data dall'elemento verticale.
Per parte sua anche lo scudo costituisce un elemento di alto valore
simbolico: arma di difesa per eccellenza, lo scudo è infatti uno schermo di protezione ma
anche la superficie sulla quale è possibile rappresentare le figure che magicamente
amplificano la forza del guerriero, e i concetti che ne ispirano l'azione (lo scudo di
Achille presentava una raffigurazione dei campi coltivati, degli animali e del cielo,
insomma dell'intero universo cui l'eroe sente di appartenere e che promette di difendere).
Con l'avvento del cristianesimo la croce, nelle sue diverse forme, si arricchisce di un
significato straordinario, tale da riassorbire l'intera simbologia precedente e da
consentire un'interpretazione in chiave cristiana di tutti quei segni che in qualche modo
possono essere accostati alla croce di Cristo (Giustino enumera le cosiddette "cruces
dissimulatae" come l'aratro, l'albero della nave o l'ancora; ed Agostino parla di
croci "ante litteram", che in qualche modo portano in sé la profezia
dell'avvento del Cristo e quindi della croce per eccellenza).
Anche lo scudo viene interpretato in chiave cristiana come allegoria della
fede, ad esempio in San Paolo, che lo inserisce come parte dell'armatura del cristiano
contro i dardi infuocati del peccato. Prima di essere simbolo politico, dunque, lo scudo
crociato è un segno di guerra, il più perfetto fra i segni di guerra perché unisce
all'efficacia militare la più alta valenza morale, quella della lotta in nome di Dio e
della fede.
Con la battaglia nel 312 di Costantino contro Massenzio - e la
rivelazione "in hoc signo vinces" che aveva contrassegnato la
campagna militare del futuro imperatore cristiano - la croce diviene per la Chiesa un
simbolo anche di guerra, atto a celebrare la supremazia del Dio cristiano su qualsiasi
altra divinità.
Nell'Europa centrale, del resto, la difesa della cristianità diverrà
necessariamente difesa militare, contro le minacce provenienti dalle regioni
settentrionali e orientali del continente ad opera delle popolazioni barbare, e dalle
regioni del Medio Oriente e dell'Africa settentrionale ad opera dei musulmani. In
occasione del Concilio di Clermont del 1095, Papa Urbano II promuove la prima crociata e
raccomanda alle truppe in partenza per la Terra Santa di disegnare la croce sulle vesti e
sulle armi così da sancire la natura santa dell'impresa (disegnata sugli scudi, la croce
rappresenterà la figura stilizzata del guerriero stesso, disposto ad accettare nella sua
"imitatio christi" il proprio destino di martirio e insieme di trionfo sul
male); mentre la tradizione del colore rosso in campo bianco nascerà appena tre anni dopo
con le vicende militari legate all'assedio di Antiochia (1098).
Due storiografi, il primo dei quali è l'anonimo autore delle "Gesta
Francorum", testimone diretto della campagna militare di Antiochia, e il secondo dei
quali è Jacopo da Varagine, un monaco domenicano vissuto nel 1200, autore della
"Legenda Aurea", riportano l'apparizione alle truppe dei crociati di San Giorgio
in persona, alla testa di un esercito mandato dal cielo per aiutare i cristiani. Molti
soldati avrebbero visto l'apparizione, e avrebbero visto il Santo portare la bianca
armatura con una croce rossa disegnata sopra. La croce rossa in campo bianco, che già
esisteva nel patrimonio iconico europeo (nel 1066 Papa Alessandro II aveva inviato a
Guglielmo il Conquistatore prima della battaglia di Hastings la croce di San Giorgio
denominata "Vexillum Sancti Petri"), si rafforza dunque nelle vicende delle
crociate, per divenire nel 1118-19 il simbolo dell'Ordine dei Cavalieri Templari, e poi
nel 1277 il vessillo ufficiale del Regno d'Inghilterra.
2.- La Croce di San Giorgio assume, in sostanza, la
funzione di legittimare in senso religioso il potere politico, e riveste grande importanza
anche nei contesti comunali e delle signorie locali.
Lo storico Jir Lourda definisce un'ampia area compresa fra il Rodano e
l'Istria come la "fascia delle croci", proprio per l'alto numero di città in
essa comprese che adottano la croce come simbolo comunale e che si differenziano in epoca
medievale per l'appartenenza guelfa - i Comuni fedeli al Papa, come ad esempio Milano,
Genova, Alessandria, contrassegnati dalla croce di San Giorgio rossa in campo bianco - o
l'appartenenza ghibellina - i Comuni fedeli all'Imperatore germanico come Como, Pisa ed
altri contrassegnati, all'opposto, da una croce bianca in campo rosso-.
La battaglia di Legnano, combattuta nel 1176 tra la Lega Lombarda appoggiata dal
Papa e l'Imperatore Federico Barbarossa, assumerà nella cultura diffusa e
nell'immaginario collettivo anche dei secoli successivi la connotazione di uno scontro di
simboli (la croce di San Giorgio campeggia sul Carroccio), uno scontro nel quale il
sodalizio fra l'esercito dei comuni italiani, mossi da un'istanza di autonomia e di
libertà, e la Chiesa di Roma, la fusione di una motivazione politica con una spinta
religiosa, risulteranno vittoriosi.
Quando Luigi Sturzo costituisce il Partito
Popolare nel 1919, la Croce di San Giorgio è dunque da secoli associata ai gonfaloni di
molte città, è lo stesso simbolo che nel 1848 aveva accompagnato la rivolta delle Cinque
Giornate a Milano non meno di quanto avesse fatto il Tricolore.
La croce rossa in campo bianco, e in modo più specifico lo scudo crociato,
resterà costantemente un simbolo guelfo, non soltanto per la sua tradizione storica ma
anche per il contenuto che intrinsecamente continuerà ad esprimere, insieme confessionale
e civile.
Del resto la duplice valenza religiosa e insieme politica che questo simbolo
racchiude è fonte d'ispirazione per una classe intellettuale che già dall'800 aveva
idealizzato il medioevo (si pensi alla riscoperta del pensiero di San Tommaso e alle sue
applicazioni in Leone XIII e nel pensiero sociale cristiano, si pensi a correnti culturali
come quella animata da Agostino Gemelli agli inizi del '900 intorno alla "Rivista di
filosofia neoscolastica", o al pensiero di Giuseppe Toniolo in ordine a quegli
aspetti che fanno del medioevo un modello interessante sotto il profilo economico e
sociale).
Nel primo dopoguerra, terminata l'esperienza della Democrazia Cristiana di Romolo
Murri, sperimentati i limiti politici di una partecipazione indiretta come quella
realizzata con il Patto Gentiloni e di fronte alla crisi sociale che alimenta l'ascesa dei
socialisti, si rende necessario un ritorno organizzato dei cattolici sulla scena politica.
Il Partito Popolare di Luigi Sturzo rappresenta un fenomeno di grande portata, un fattore
di rigenerazione del sistema che deve essere sottolineato anche simbolicamente.
Già la denominazione di Partito Popolare rappresenta un elemento
semantico importante, che vuole marcare la natura non confessionale del partito e la
distanza dall'esperienza politica di Murri, inviso alla Gerarchia ecclesiastica e quindi
bruciato dal punto di vista politico.
Nell'estate del 1919 l'approssimarsi delle elezioni politiche rende urgente la
definizione di una strategia elettorale e quindi anche l'adozione di elementi grafici che
possano favorire l'identificazione del partito e suscitare negli aderenti un sentimento
d'appartenenza; ma soprattutto è la nuova legge elettorale proporzionale, che prevede il
voto di lista, a rendere necessario che ogni partito abbia un proprio simbolo stampato
sulla scheda elettorale.
Il 9 agosto del 1919 Filippo Meda, uno degli esponenti politici
cattolici di maggior prestigio, scrive a Luigi Sturzo per aggiornarlo su questioni
organizzative, e in quella circostanza pone la questione del contrassegno del partito.
Filippo Meda informa il leader siciliano che il senatore Micheli, altro
esponente cattolico di prestigio e già stretto collaboratore di Romolo Murri, aveva
suggerito che il simbolo dovesse essere la "croce rossa", fatto
che non vede d'accordo lo stesso Meda, convinto che il contrassegno non debba riportare
alcun elemento di tipo confessionale.
Come ulteriore contributo, Filippo Meda acclude alla lettera il disegno di
una stella, che propone come simbolo per il nuovo partito cattolico. Coerenza avrebbe
voluto che Luigi Sturzo, preoccupato anch'egli di dare alla nuova formazione politica una
connotazione laica, facesse proprie le considerazioni di Meda adottando comunque - se non
la stella, che identifica un'area semantica troppo ampia, sicuramente contaminata da
valenze risorgimentali ed anche massoniche - un simbolo non confessionale.
La scelta sarà invece sorprendente, quella appunto dello scudo crociato, con sopra
scritta la parola "libertas", posta sul braccio orizzontale della croce
probabilmente proprio per stemperare le valenze eccessivamente confessionali e guelfe che
il simbolo di San Giorgio da solo avrebbe avuto. La scelta avrà successo, e il Partito
avrà subito un'affermazione elettorale importante con ben cento seggi conquistati nelle
consultazioni del novembre del 1919, imponendosi come la seconda forza politica del Paese
dopo il Partito Socialista. Fin dai suoi esordi il simbolo viene gestito da Sturzo e dalla
direzione del Partito con particolare sagacia.
Al popolo degli elettori deve comunicare nello stesso tempo la fedeltà ai valori della
Chiesa, un forte sentimento civico, uno spirito battagliero che richiama ad una certa
purezza medievale. Gli stessi elementi - in sostanza - che caratterizzano il percorso
politico e l'esperienza personale di Luigi Sturzo, sacerdote fedele alla Chiesa e
rispettoso della Gerarchia ecclesiastica, sostenitore del ruolo dei Comuni italiani come
luoghi privilegiati della politica e interpreti di un'autonomia decisionale rispetto al
potere centralizzato, legato infine proprio a quelle suggestioni medievali di forza,
purezza e militanza che emergono con evidenza nella sua attività editoriale degli anni
precedenti la costituzione del Partito (vedi in particolare la pubblicazione de "La
croce di Costantino", periodico di carattere politico-sociale nel quale Sturzo firma
gli editoriali con lo pseudonimo di "Il crociato" e dove si parla con enfasi
della condizione del cristiano come di un milite che combatte agli ordini del Papa, unica
guida per il popolo dei fedeli).
Nel presentare lo Scudo Crociato ai propri elettori Luigi Sturzo - d'accordo con la Santa
Sede che la nuova formazione politica non debba assumere un carattere confessionale -
terrà a specificare che non si tratta del simbolo dei crociati ma del simbolo degli
antichi Comuni d'Italia, quelli che difesero la libertà nella Battaglia di Legnano
(contro l'Imperatore) e nella battaglia di Lepanto (contro la flotta musulmana). In modo
più esplicito e trasparente Stefano Jacini, primo storico del partito e testimone diretto
dei fatti, scriverà che il simbolo prescelto altro non era se non quello degli
"antichi comuni guelfi".
Nei pochi anni di vita del Partito Popolare, lo Scudo Crociato assolve in modo brillante
la funzione di identificare un'area politica d'ispirazione cristiana, garante della
libertà e della stabilità istituzionale e nello stesso tempo intransigente sulle
questioni politiche di fondo, e sul giudizio storico nei confronti di progetti politici
eversivi. Sarà tuttavia proprio il dibattito sull'atteggiamento da assumere di fronte al
fascismo, che culmina nel congresso di Torino del 1923, ad indebolire il Partito di
Sturzo, che patisce anche la presa di distanza della Santa Sede che in questo momento
storico sceglie di dialogare con il Governo fascista negoziando il Concordato, utile per
la Chiesa ma neccessario anche a Benito Mussolini per radicare il regime nella profonda
tradizione religiosa del Paese prefigurando un assetto istituzionale che avrebbe visto
nella città di Roma il centro del nuovo impero romano e nello stesso tempo della
cristianità.
Dopo le dimissioni forzate di Sturzo e dopo lo scioglimento del Partito ad opera del
regime fascista nel 1926, il simbolo dello Scudo Crociato viene ostracizzato. La
soppressione del contrassegno politico avviene, del resto, in un clima di generale
avversione del regime nei confronti dei simboli cristiani ove non usati in contesti
prettamente religiosi e liturgici, compresa la croce dell'Azione Cattolica, che malgrado
si ponga come organizzazione non politica e malgrado possa beneficiare di impegni formali
da parte del Governo per il libero esercizio delle proprie attività (e per l'esposizione
dei propri vessilli), viene vista come istituzione rivale del fascismo nell'educazione dei
giovani e come rete comunque collegata a quella dell'ormai sciolto Partito Popolare.
Ancora più pesante l'ostilità del regime nel momento in cui Mussolini viene arrestato
dal Re e poi liberato e nuovamente posto dai tedeschi al governo della Repubblica Sociale,
in posizione subordinata rispetto al governo di Berlino e quindi condizionato da
un'avversione dei nazisti nei confronti della Chiesa Cattolica sempre più profonda e
manifesta. I simboli dello scudo crociato riappariranno dall'autunno del '43, esibiti da
varie formazioni partigiane d'ispirazione cattolica impegnate sui fronti nordici, a
conferma di un legame anche affettivo con la tradizione del Partito Popolare e con
l'immaginario medievale che ne aveva accompagnato le fortune politiche.
Questo avviene in concomitanza con la fondazione e con l'insediamento a Roma del nuovo
partito d'ispirazione cattolica, la Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi, già attivo
dal dicembre 1942 ma ancora senza un contrassegno politico che lo possa identificare. Il
simbolo dello scudo crociato si diffonderà dunque spontaneamente, per libera iniziativa
del popolo dei cattolici, a conferma della carica di significato che ancora porta con sé
e che prescinde dalle direttive e dalla funzione esplicativa dei vertici del Partito.
Nella disposizione della Giunta Centrale della Democrazia Cristiana del giugno 1944 si
legge: "In molte parti lo Scudo Crociato col motto "libertas" è stato
spontaneamente assunto dai nostri aderenti come emblema del Partito. Assecondando tale
moto spontaneo si è provveduto a coniare i distintivi
". La decisione, del
resto, è consonante con la sensibilità di quella parte guelfa, minoritaria ma comunque
influente, di esponenti politici che collabora con De Gasperi alla stesura del programma
del nuovo partito e che annovera fra gli altri personalità come quelle di Malvestiti,
Malavasi, Carcano Casò, Clerici, Grandi, Migliori, Nebuloni e Pullara.
Ed è coerente con la nuova sensibilità presente nella rete dell'Azione Cattolica, ora
saldata con le strutture del nuovo partito e che - per singolare concomitanza - sceglierà
come simbolo per la campagna di affiliazione del 1943 l'immagine di un'aquila con apposto
sul petto un grande scudo crociato. La storia dello scudo crociato, dunque, è la storia
di un simbolo di matrice guelfa, espressione di una parte minoritaria del partito dei
cattolici eppure in grado di rappresentarne l'intera anima.
Un simbolo che assomma valenze politiche e insieme religiose, evocando un immaginario
medievale radicato in una larga fascia della popolazione italiana. Un simbolo reso più
efficace dalla compresenza di due elementi strutturali, lo scudo con la corce rossa in
campo bianco, espressione di quel concetto di "guerra santa" o comunque di
"guerra giusta" che costituisce una delle sintesi più forti e suggestive della
cultura cristiana, e lo slogan "libertas", che presenta valenze maggiormente
laiche ed immediate. L'elemento meta-storico dello scudo crociato, insomma, con un
elemento di attualizzazione politica, quella parola libertà che risuona in tutta la sua
urgenza nel primo come nel secondo dopoguerra.
Una carica semantica composita e potente, quella dello scudo crociato, che costituisce una
delle ragioni fondamentali del suo successo politico. Una carica semantica, però, che
proprio per la sua natura esplicita ed evocativa si rivelerà fatale negli anni '90 quando
- in un contesto politico e sociale profondamente trasformato, nel quale l'appello alla
libertà suona in qualche modo superato dal crollo del muro di Berlino e nel quale la
società risulta ormai incamminata verso una sempre maggiore secolarizzazione - il segno
dello scudo crociato costituirà un fardello troppo pesante e inattuale per un'area
politica centrista e moderata che ha in parte smarrito la sua originaria vocazione
cattolica. |
Nino
Luciani, Sulle motivazioni dei partiti: partiti del buon governo e
partiti d'affari. Finanziamento pubblico e magistratura speciale per i
partiti, a garanzia dell'equilibrio costituzionale tra i tre grandi
poteri dello Stato e per la tempestività delle sentenze.
Sommario: 1.- Democrazia diretta e democrazia rappresentativa: ruolo dei
partiti. 2.- Sulla significatività dei programmi dei partiti. 3.- Sarebbe possibile la
unanimità su molte decisioni ? Distinzione tra bisogni privati e bisogni pubblici. Sul
concetto di "bene comune" dei cattolici. 4.- I partiti, quali associazioni
private, sono "capaci" di funzioni pubbliche ? Il sistema partitico più vicina
alla democrazia diretta. Elezioni primarie . Sulla qualità dei candidati. 5.- Il
finanziamento pubblico dei partiti è necessario per il buon funzionamento del partito ?
Una magistratura speciale a garanzia
dell'equilibrio costituzionale tra i tre grandi poteri dello Stato e per la tempestività
delle sentenze.
1.- Democrazia diretta e democrazia rappresentativa: ruolo dei partiti.
Secondo il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica1,
par. 413 , "I partiti politici hanno il compito di favorire una partecipazione
diffusa e l'accesso di tutti a pubbliche responsabilità. I partiti sono chiamati ad
interpretare le aspirazioni della società civile orientandole al bene comune, offrendo ai
cittadini la possibilità effettiva di concorrere alla formazione delle scelte politiche.
I partiti devono essere democratici al loro interno, capaci di sintesi politica e di
progettualità . Strumento di partecipazione politica è anche il referendum, in cui si
realizza una forma diretta di accesso alle scelte politiche. L'istituto della
rappresentanza non esclude, infatti, che i cittadini possano essere interpellati
direttamente per le scelte di maggiore rilievo della vita sociale". Secondo la
Costituzione della Repubblica Italiana, art. 49, "Tutti i cittadini hanno diritto di
associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la
politica nazionale In queste fonti normative, il ruolo dei partiti è di organizzare la
partecipazione della società civile alle decisioni pubbliche, di norma, mediante forme di
rappresentanza , costituite da persone del partito o proposte dal partito. Ma nella storia
delle dottrine politiche, ci sono state: - le idee secondo cui il potere viene da Dio
(creatore e intelligenza massima). In questa visione paternalistica: la persona che riceve
la investitura da Dio (magari tramite un profeta, un vescovo, un papa) interpreta i
bisogni della società civile e provvede a soddisfarli; - le idee secondo cui il potere
viene dal popolo, in modo più o meno ristretto o ampio, a seconda delle varie culture dei
popoli; in particolare, a seconda della espansione della scuola di massa e della
informazione di massa. I social media sono il ritrovato ultimo della comunicazione di
massa. In questa seconda visione, si ipotizza un dualismo: da una parte la società civile
(o i suoi rappresentanti), con determinati bisogni (lato domanda); da altra parte, il
partito che ha il compito di provvedervi (lato offerta). Costituzionalmente parlando, il
parlamento è il lato domanda; il governo è il lato offerta. Nella democrazia moderna la
sovranità appartiene al popolo e il partito è uno strumento della democrazia di massa.
Il popolo esercita la propria sovranità: decidendo gli obiettivi pubblici (su proposta
del partito) e ne controlla la attuazione . C'è, poi, il fatto che la intelligenza media
è relativamente bassa e anche la cultura è molto diversificata (pur con la estensione e
gratuità della scuola pubblica), e l'allargamento della base decisionale non
necessariamente produce le migliori decisioni. Anzi nella gran parte dei casi, apparirebbe
che il votante identifichi lo stato generale di benessere della società civile (che non
conosce) con il suo stato personale (che conosce).
La democrazia diretta2 è il caso ideale di un sistema
politico nel quale i cittadini votano direttamente tutte le leggi. Essa è, tuttavia,
impossibile in pratica, a causa delle numerose decisioni da prendere e della conoscenza
tecnico-professionale necessaria. Nessuno potrebbe svolgere questo compito pubblico e
provvedere anche alle proprie necessità private. Il caso possibile è, infatti, la
democrazia rappresentativa, secondo un principio di specializzazione nel riparto dei
compiti. Esiste un caso di democrazia rappresentativa, il più vicino alla democrazia
diretta ? Rinvio a più avanti. Considerato che la democrazia rappresentativa implica di
fatto la sostituzione del popolo come decisore diretto in tempo reale, essa è
ri-definibile una "dittatura approvata dal popolo", mentre la dittatura in senso
stretto è quella che si regge per forza propria con strumenti propri. In generale le
regole fondamentali della convivenza sono definite in una Costituzione, che di solito è
scritta. L'Inghilterra è noto per avere una Costituzione orale. Nella Costituzione, di
solito sono create norme primarie o costituzionali; e norme secondarie o di attuazione. Le
norme primarie hanno carattere molto generale e coincidono con il pensiero identitario di
un intero popolo. Di norma esse sono approvate alla unanimità. Invece quelle secondarie
sono approvate a maggioranza, sia pure con quorum differenziati. Tra le norme
costituzionali sono rilevanti la indicazione dei grandi poteri (legislativo, esecutivo,
giudiziario) e quelle per la verifica del grado di aderenza delle decisioni del governo ai
desideri effettivi della società civile, come le norme secondo cui : - le elezioni
politiche devono avere luogo a scadenze predeterminate (5 anni in Italia), o sulla
richiesta di un determinato numero di persone. - e la durata delle legislature non possa
essere inferiore a determinati numeri, come quello degli anni necessari per progettare e
decidere progetti di medio - lungo termine strategici (es., una autostrada nazionale). 2.- Sulla significatività dei programmi dei partiti.
Per il conferimento del mandato di rappresentanza, si potrebbe ipotizzare
che esista una pluralità di partiti con programmi differenti, tra i quali il pubblico
scelga. In questa pluralità delle proposte, i partiti hanno un senso se i diversi
programmi hanno contenuti "significativi", per una scelta appropriata, così da
originare dei partiti identitari, nei i cittadini possano riconoscersi, rispettivamente.
Ma il problema va posto, non in astratto, bensì in riferimento ai bisogni propri dello
Stato e degli Enti locali (non solo bisogni materiali, anche bisogni spirituali e
religiosi, a seconda della storia dei vari popoli). Lo Stato è un ente territoriale a
fini generali, per cui teoricamente ogni programma dovrebbe contenere soluzioni per
problemi di ogni tipo. In pratica ogni partito ha una propria visione dello Stato, che
può essere restrittiva o estensiva. Nel sistema comunista, lo Stato si occupa di tutto,
ed è proprietario dei mezzi di produzione. Nel sistema liberale, la proprietà è libera,
esclusa quella a se riservata dallo Stato per i bisogni pubblici e i servizi sociali di
massa (scuola, sanità, pensione sociale..., ambiente). In generale, tutte le economie
sono miste di Stato e Mercato, e questo comporta un diverso grado di libertà economica:
pertanto un elemento identitario significativo del programma è la indicazione del grado
di mistione pubblico/privato. Altri elementi significativi sono il grado di libertà di
politica , di religione e di pensiero, anche a mezzo mass media. In ogni caso, tuttavia,
su ogni visione sovrasta il criterio decisionale, che è principio della maggioranza e
della minoranza, come criterio costituzionale di decisione. Ne deriva che, per decisioni
possibili, il numero dei partiti identitari non dovrebbe poter superare un determinato
numero critico, oltre il quale le decisioni a maggioranza sono difficili o impossibili,.
In generale, in una società civile molto diversificata (è il caso delle numerose
popolazioni regionali, in Italia) la rappresentanza su base proporzionale pura è
oggettivamente un ostacolo grave alla presa di decisioni, salvo che siano imposte
costituzionalmente delle strettoie che "vincolano" ad un compromesso tra le
diverse vedute. In queste condizioni, il "voto di scambio" trova un terreno
fertile. Ad esempio, due minoranze si accordano per votare entrambi i rispettivi due
programmi e fare maggioranza. Il Card. di Bologna Carlo Caffarra, in una dichiarazione
pubblica, disse non corretto il voto di scambio: in quanto nessuna delle soluzioni,
diversa rispetto ad altra, risponderebbe al requisito di avere una maggioranza assoluta
propria, e dunque rispondente al criterio decisionale. Il modo di realizzare la libertà
politica, compatibilmente con la capacità decisionale a maggioranza assoluta omogenea,
potrebbe essere qualche vincolo tecnico-costituzionale suppletivo. Ad es., ammettere il
finanziamento pubblico solo ai partiti che hanno determinati requisiti. Ma andiamo per
gradi.
3.- Sarebbe possibile la unanimità su molte decisioni ?
Distinzione tra bisogni privati e bisogni pubblici.
Sul concetto di "bene comune" dei cattolici. Il bene privato è un bene
individuale posseduto dalle persone in modo esclusivo e differenziato, per bisogni
privati. I bisogni privati (di persone singole, società ...) sono soddisfacibili mediante
decisioni volontarie delle singole persone, e quindi gli accordi realizzano gli interessi
di tutti i contraenti, sia pur "diverso" dal proprio rispettivo punto di vista e
in quantità diversa, a secondo della diversa capacità contrattuale. Ad es., nel caso di
un problema di salute, la capacità contrattuale del malato , nei confronti del medico, è
relativamente inferiore, per cui il medico potrebbe chiedere un pagamento spropositato, e
questo è il motivo per cui questa attività produttiva è spesso assunta dallo Stato. Il
bene pubblico, una volta offerto dallo Stato in una determinata quantità, è disponibile
per tutti in modo indifferenziato . I relativi bisogni pubblici (dello Stato e degli Enti
locali territoriali), a causa dei costi che comportano, sono, invece, soddisfacibili con
decisioni coercitive perchè, rispetto alle persone o ai gruppi, avvantaggiano alcuni e
danneggiano altri per loro natura. Per una decisione di "fare", il requisito
economico è che i vantaggi superino gli svantaggi per la società civile nel complesso.
Per questo, la loro attuazione si fonda necessariamente sulla coercizione. Nel caso delle
decisioni a maggioranza , la maggioranza si impone alla minoranza, e dunque per
definizione i votanti di maggioranza sono più soddisfatti di quelli di minoranza. Alcuni
esempi tipici sono di aiuto a spiegare la natura conflittuale delle scelte pubbliche. -
Nel caso della scuola pubblica, un povero potrà andare a scuola, se un ricco paga anche
per lui. - Nel caso di un lampione sulla strada pubblica, i vantaggi sono diversificati a
seconda della distanza dal lampione, ma non puoi differenziarne il beneficio in modo da
differenziare i paganti dai non paganti, perchè non c'è il modo di separarli e, se
interrogati, qualcuno potrebbe non dire il vero (potendo comunque beneficiarne). - La
creazione di una linea dell'autobus, che attraversa un quartiere, avvantaggia i residenti
in modo diverso. Per accontentare il maggior numero di persone, la linea potrebbe passare
nel mezzo del quartiere, ma i residenti all'esterno saranno meno soddisfatti di quelli che
abitano al centro. Su questa base non può esistere il contratto sociale
"volontario", ossia fondato su una unanimità di consensi, in quanto di norma
esiste solo la prevalenza di alcuni su altri, vale dire di una maggioranza su una
minoranza, sia pure con una distanza numerica che può essere minimizzata mediante
approssimazioni successive. Il criterio ottimale è che l'interesse realizzato,
collettivo, sia quello maggiore tra alternative, vale dire (posto, come di solito si
assume, che l'utilità marginale dell'intervento a favore sia decrescente e la disutilità
marginale dell'intervento a danno sia crescente) al margine il vantaggio e il danno devono
risultare bilanciati. I benefici e i danni non sono omogenei. Pertanto, per un confronto
razionale, è necessario il giudizio di "un terzo" che valuta e confronta
omogeneamente il beneficio e il danno, dal proprio punto di vista. Sono logicamente
ammissibili tanti giudizi. In democrazia, questo "terzo" è, per definizione il
governo, scelto da una maggioranza. La minoranza subisce la decisione della maggioranza.
Ma i beni pubblici sono tanti e quindi le maggioranze a favore di determinati beni possono
invertirsi rispetto ad altri beni. In conclusione la natura dei beni pubblici porta ad una
società civile naturalmente divisa: quella della maggioranza e quella della minoranza. E
siccome, per i vari problemi, le maggioranze e le minoranze possono invertirsi, nel
complesso il sistema democratico conviene a tutti. Inoltre, per le decisioni, molti non
votano o votano in modo indipendente. Chi vive in città o in una fabbrica ha la
possibilità di un confronto diretto con le persone e trovare un accordo su come votare.
Chi vive in campagna l'ha meno e quindi di solito i voti di maggioranza sono di quelli chi
vivono nei grandi centri, o dei lavoratori delle grandi fabbriche. Ma oggi l'informatica
ha ribaltato le possibilità di un confronto diretto tra tutti i membri della società
civile. In questo senso, nel diritto pubblico, quello che è definito il "contratto
sociale" non è una cosa volontaristica in senso stretto, come nel diritto civile.
Diciamo che per i bisogni pubblici non esiste contratto, ma un "trattato
sociale", un accomodamento tra le parti sociali, che rende vantaggiosa la convivenza
civile, in complesso. Nella chiesa cattolica di base, c'è un concetto di "bene
comune", definito come una "summa di prestazioni", commissionata (per la
società civile) ai cristiani impegnati in politica. Precisamente, tra le cose da fare, la
priorità è garantire ad ogni cittadino un elenco di beni e servizi: tra questi anzitutto
la "disponibilità della vita", lo "Stato" e via via, rientranti nei
cosiddetti "valori non rinunciabili" ... atti a procurare la
"beatitudine" di ogni persona e sia pur con qualche differenziazione se ci sono
anche esigenze personali siano diverse. Volendo un accostamento tra i beni pubblici,
offerti dallo Stato, e il "bene comune" dei cattolici, i primi sono il bene
comune dello Stato, definito come l'insieme delle prestazioni offerte dallo Stato eche,
secondo il giudizio dello Stato, realizzano il massimo di benessere per la società (come
somma di vantaggi ad alcuni cittadini e di danni ad altri); invece il "bene
comune" dei cattolici contiene solo la componente positiva (vale dire, manca il
costo).
4.- I partiti, quali associazioni private, sono
"capaci" di funzioni pubbliche ? Il sistema partitico più vicina alla
democrazia diretta. Elezioni primarie . Sulla qualità dei candidati.
In Italia, i partiti sono associazioni volontarie, di
diritto privato, e svolgono un ruolo pubblico (perchè devono soddisfare bisogni
pubblici). Sulla compatibilità dei due ruoli "privato" e "pubblico",
una chiave interpretativa ci viene ata dalla Scuola di Public Choice3
. Secondo questa scuola, i partiti sono mossi primariamente dall'interesse loro privato; e
secondariamente dall'interesse pubblico, in analogia alle imprese private che sono mosse
primariamente dalla ricerca di un profitto e secondariamente dalla realizzazione di una
produzione per il mercato. (In altri termini, la "produzione" è strumento
rispetto all'obiettivo "profitto"). Questa tesi non è un giudizio morale, nè
di alcun tipo, ma solo una constatazione provata da ricerche nei vari Paesi In modo
analogo, secondo la scienza economica (rinvio al fondatore A. Smith), l'imprenditore è
mosso dalla ricerca di profitto, che tende a massimizzare, realizzando una produzione per
il mercato; e questa è funzionale al profitto. Intorno a queste constatazioni (non a
giudizi si valore), che (per certi versi) assimilano i partiti alle comuni "imprese
d'affari". nella economia c'è da gran tempo un dibattito sulla compatibilità
dell'interesse privato dell'imprenditore con quello dei cittadini consumatori, e ci sono
delle soluzioni per armonizzare l'interesse privato dell'imprenditore con quello generale
della società civile (come sul grado di concorrenza, o sul grado di monopolio... perchè
l'interesse privato e generale siano armonici; e sul necessario grado di regolamentazione
dello Stato ).
Su questa falsariga, si pone una analoga problematica nei confronti dei
partiti, "imprese d'affari" in campo pubblico. La soluzione migliore è quella
di realizzare condizioni per cui la società civile sia messa sullo stesso piano del
partito, così come la famiglia sullo stesso piano dell'impresa, in modo che la capacità
contrattuale non sia sbilanciata a favore di uno dei due. In generale, la produzione ha un
senso se soddisfa i bisogni delle famiglie, come indicati dalle famiglie, il più
possibile direttamente, non con la interferenza oppressiva del produttore (ad es., con
modi pubblicitari forzosi). Cosa garantisce che il programma approvato dagli elettori
sarà attuato dal partito ? Dal punto di vista etico, il "bene" e il
"male" stanno in tutti gli uomini; e la prevalenza dell'uno o dell'altro
dipendono dagli strumenti di salvaguardia. Sono strumenti di salvaguardia il tipo di
educazione avuta e i premi o i castighi inventati dalla società civile a favore del bene
o contro il male. Quali gli strumenti più appropriati per le scelte pubbliche ? E' un
fatto che generalmente e ovunque la stima dei partiti è molto in crisi, nella valutazione
comune, per cui la armonia tra partito e popolo è molto imperfetta per la natura delle
cose di massa. Il criterio dovrebbe essere il medesimo che nel mercato, in cui l'utente
valuta il prodotto e, se conveniente, ordina e paga: in questo senso, anche la sovranità
popolare dovrebbe essere esercitata, senza troppi combattimenti sociali. Il modo dovrebbe
essere quello della sostituibilità relativamente "facile" dei partiti, al
governo (sia pure a determinate scadenze), in caso di inadempienza. Il relativo modo
dovrebbe essere: a) Dal lato domanda, dovrebbe essere possibile determinare, con elezioni
di una maggioranza che governa, e una minoranza che controlla; b) dal lato offerta, di
poter determinare l'alternanza tra i grandi partito al governo, alle scadenze elettorali.
Nel primo caso, la possibilità di scelta tra due soli partiti è lo
scenario più vicino alla democrazia diretta; e lo scenario più lontano è quello del
sistema multipartitico. Il motivo è che, la scelta solo tra due partiti: a) realizza il
massimo di consenso su una scelta aggregata, in quanto esso è quantificato rispetto a due
sole possibilità; invece nel secondo caso il consenso di fraziona rispetto a molte
scelte. b) crea una situazione per cui la distanza dei voti, tra i due partiti è, di
norma, è di pochi voti, e questo rende facile la invertibilità della maggioranza e della
maggioranza nelle elezioni successive. Questo fa sì che i partiti abbiano molto rispetto
per gli elettori. Invece, nel sistema multipartitico gli elettori hanno una importanza
"frazionata", a priori, e svuota il rapporto diretto tra cittadini e i
rappresentanti eletti. Come pervenire ad uno scenario con la sola possibilità di due
scelte ? Una via è il meccanismo delle elezioni primarie per fare le candidature, da
riservare a tutti i cittadini iscritti in determinati registri pubblici. Una prima via è
eleggere direttamente il capo del governo. a) Si parte dalla fattispecie tipica è che sia
ammesso il voto tra più partiti, illimitatamente, che propongono un rispettivo
candidato.. Dopo la prima votazione, si la graduatoria i partiti, per ordine decrescente
dei voti riportati. b) Si passa ad una seconda votazione, dopo avere scartato i candidati
con voti inferiori ad una determinata soglia. c) Dopo varie votazioni, si perviene ad
individuare, poniamo i primi due partiti con più voti... Una seconda via è eleggere il
capo del governo in parlamento, dove ci sono partiti senza alcun limite, collegati con dei
rispettivi candidati. Un modo alternativo al bipartitismo è il bipolarismo (più partiti
aggregati in due soli gruppi di partiti): uno destinato ad essere di maggioranza e l'altro
di minoranza. Nel caso della legge elettorale , dei Comuni in Italia, al termine delle
votazioni, i partiti collegati con il candidato sindaco vincente costituiscono il gruppo d
maggioranza, tutti quelli collegati con gli altri candidati (non vincenti), costituiscono
i gruppi di minoranza. Tuttavia, questo meccanismo non genera "una minoranza",
ma più minoranze, per cui queste non sono naturalmente di alternanza alla maggioranza,
nelle successive elezioni. Un aspetto non irrilevante è il possesso dei requisiti
professionali dei candidati. Circa la qualità dei candidati, si deve prescindere dal
possesso della laurea ? Sia chiaro che Dante Alighieri (e così molti altri) è
"Dante Alighieri" anche senza la laurea. Il possedere una laurea dovrebbe essere
sua titolo di precedenza, ma possano essere ammesse eccezioni in casi significativi
evidenti, di preparazione professionale (il dirigente di una impresa di successo ?) .
5.- Il finanziamento pubblico dei partiti è necessario per
il buon funzionamento del partito ? Una magistratura speciale a
garanzia dell'equilibrio costituzionale tra i tre grandi poteri dello Stato e per la
tempestività delle sentenze ? L'obbligo della verbalizzazione delle riunioni degli organi
?
Finanziamento pubblico ? Il fare attività politica ha un costo
ed è di interesse pubblico che i partiti non siano indotti, con qualche giustificazione
privata, a finanziarsi in modo illecito, a carico dello Stato (affidare un'opera pubblica
a chi versa un contributo al partito, o al capo partito)4 . E ci
sono anche i casi prevalenti dei partiti che agiscono per vantaggi personali e
strumentalizzano la Pubblica Amministrazione per catturare il consenso (dare il posto
nella P.A. a chi da il voto al partito) La surriportata visione della scuola di public
choice, nei confronti dei partiti, non un caso estremo, degli USA, in cui il finanziamento
dei partiti è privato. In Italia ci sono stati processi giudiziari che avevano per
oggetto l'auto finanziamento dei partiti sotto forma di "provvigioni" sulla
spesa pubblica per le grandi e piccole opere pubblica. Sono necessità il finanziamento
pubblico del partito, la regolazione pubblica degli appalti, il concorso pubblico per le
assunzioni nella Pubblica Amministrazione. Mi fermo sul prima argomento. Finanziamento
pubblico. Questo aspetto è stato discusso qualche anno fa (2012) da un Gruppo di lavoro
per un codice etico del cristiano impegnato in politica5 , e le
raccomandazioni sono state: " Il finanziamento pubblico dei partiti (associazioni di
diritto privato, secondo la Costituzione Italiana) non va ammesso a carico del bilancio
dello Stato e di Enti pubblici. Esso va ammesso in forma volontaria con la sottoscrizione
del 5 per mille del versamento IRPEF, con liberalità di persone private e di imprese
giuridiche private purchè iscritte in bilancio e approvate dai soci della persona
giuridica sia italiana sia non italiana. L'atto di liberalità della persona privata e
giuridica puo' essere ammessa in detrazione nell'imponibile nella dichiarazione dei
redditi. Il buon fine del finanziamento va rendicontato e comunque reso pubblico".
Per una soluzione che non induca il partito a farsi giustizia da sè, occorrerebbe
definire le attività del partito, riconoscibili di interesse pubblico e quindi da
remunerare. Il caso degli amministratori dei condomìni degli edifici, è a metà strada
tra l'attività privata di beneficenza (dove si trova il caso di condòmini che lo fanno
gratis, secondo un turno); e quello di persona esterna retribuita. In questo secondo caso,
la retribuzione consiste in una somma fissa (proporzionata al numero dei condòmini) e in
una percentuale del valore di eventuali opere di manutenzione straordinaria. E' vox populi
che la percentuale induca l'amministratore a fare opere, anche se non necessarie; se,
invece, non c'è la percentuale, l'amministratore trascura l'edificio. La soluzione più
attuata è alzare la cifra fissa, abolire la cifra variabile, e tenere alzata l'asticella
delle scadenze del mandato all'amministratore.
Consideriamo questo secondo caso, per poi adattarlo alla Pubblica
Amministrazione dello Stato. Nel caso dei partiti, si potrebbe caricare sul bilancio dello
Stato: a) la fruizione della TV pubblica per tutti i candidati, per un determinato numero
di ore, significativo; b) il finanziamento pubblico di una struttura amministrativa
"minima essenziale" dei partiti che hanno un numero di iscritti superiore ad una
determinata soglia ; c) permettere la deduzione fiscale delle liberalità dei privati, a
favore dei partiti; d) permettere il versamento, ad un partito, di una quota dell'imposta
personale sul reddito; d) stabilire l'obbligo di pubblicazione dei bilanci dei partiti
Una magistratura speciale per I partiti ? Considerato
che oggi lo Stato è molto presente nei rapporti sociali (un indice ci viene dal peso
della "spesa pubblica" in termini di PIL: 50%) i casi di violazione della legge
sul finanziamento dei partiti sono abnormi. Ne deriva che il potere giudiziario ordinario
viene ad acquisire un potere enorme di controllo della classe politica. Questa situazione
può alterare, storicamente, gli equilibri tra i grandi poteri dello Stato. In particolare
non dovrebbe essere permesso, in nessun caso, al potere giudiziario ordinario, ossia non
avente una conoscenza specifica del mondo politico, di sottomettere il potere politico,
sostituendosi alla sovranità popolare. Per questo andrebbe istituita una magistratura
speciale per le violazioni della legge sul finanziamento dei partiti, come esiste già per
i reati fiscali.
C'è, poi, un aspetto singolare: che in politica la denuncia di illegittimità è
arma di lotta politica, magari per distruggere la reputazione di un concorrente o l' arma
di un partito di governo per distruggere un partito concorrente.
In questi casi è determinante la tempestività delle sentenze. Ma la
tempestività non è una virtù della magistratura ordinaria.
Obbligo di verbalizzazione delle riunioni degli Organi Collegiali ? Il
fatto che nell'ordinamento italiano i partiti siano "associazione non
riconosciute" ha fatto sì che gli statuti possano prevalere sulle norme del codice
civile. Sta di fatto che essi possano non fare i verbali delle riunioni degli organi
collegiali e aprire, di fatto, alla legge della giungla, nel dopo riunione.
Sarebbe opportuno che la legge intervenda a mettere alcuni vincoli agli statuti,
circa il recepimento di norme di comune correttezza di comportamento, quale l'obbligo di
verbalizzazione delle riunioni degli organi collegiali e di pubblicità interna.
__________________
1.
http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_it.html,
par. 413.
2. N. Luciani, 1998, "Comunicazione interattiva, scelte pubbliche,
stampa elitaria e democrazia diretta". ("Interactive communication, public
choice, print elitist and direct democracy), Scientific Communication at Session 5.B:
"Constitutional Rules of Direct Democracy" of the international meeting
"Constitutional Issues in Modern Democracies", University of Messina, Sept.
25-27, 1997. Published in revew" Economia, Società Istituzioni", LUISS, Rome
1998, pp. 42. Ripubblicato in: http://amsacta.unibo.it/3417/1/scritti_scelti_luciani.pdf.
, p. 542 e ss.
3. J.M. Buchanan - G. Tullock, The calculus of consent, Ann Ar, MI,
University of Michigan, 1962; J.M. Buchanan, Stato, mercato e libertà, ed. Il Mulino,
Bologna, 1989.
4. Segnalo un progetto di legge, pendente attualmente in parlamento: http://www.impegnopoliticocattolici.bo.it/Stefano%20Ceccanti,%20Il%20testo%20della%20riforma%20finanziamento%20partiti.pdf
.
5. http://www.universitas.bo.it/CODICE%20ETICO%20testo.pdf |
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LETTERA ai vescovi
Eccellenza Reverendissima,
daccordo con gli altri membri del comitato organizzativo (poichè riteniamo molto
importante la presenza dei Vescovi, come Pastori) desideriamo invitarLa al Convegno in
oggetto.
Questa iniziativa si inserisce in un lungo percorso che ha come obiettivo la costruzione
di uno strumento per realizzare l'unità dei "Cattolici e non Cattolici con uguali
valori" nel parlamento italiano. In questo percorso :
1.- Una prima tappa è stata la
costruzione di un Codice etico del cristiano impegnato in politica.
Quel codice fu fatto a Bologna, Canonica di S. Petronio da un Gruppo di Docenti
universitari, in comunicazione con lUfficio Pastorale Problemi Sociali e Lavoro
della CEI, e infine da questo
girato senza rilievi al Segretario Generale della CEI. Abbiamo, poi,
presentato il Codice medesimo a Bologna nel 2015.
In quella occasione si decise di procedere con la ricostruzione giuridica della DC, ma
senza fare un partito aggiuntivo.
2.- Ci fu, poi, una seconda tappa, nella
quale il Tribunale Civile di Roma designò uno per la convocazione della DC
(presunta sciolta nel 1994) il 25-26 feb. 2017, per la ricostruzione degli Organi, tutti
decaduti nel frattempo. Trova allegato il Decreto del Tribunale.
Questa nuova tappa si è conclusa il 14 ott. 2018 con un congresso, con il quale sono
stati ricostituiti gli Organi centrali.
Nota.
E forse superfluo segnalarLe che luso
del nome e del simbolo DC in recenti elezioni regionali è una coda legata
allidea che la vecchia DC fosse stata sciolta. Ma queste cose saranno chiarite a suo
tempo.
3.- Adesso è in atto la seconda fase del
nostro itinerario e vogliamo tradurre fedelmente il mandato dei Vescovi recentemente
intervenuti in modo pubblico: Federare tutti i partiti e associazioni della diaspora
DC" e comunque riconducibili a un programma politico ispirato ai principi cristiani.
4.- In questa seconda fase, ci sono
alcune pregiudiziali, in quanto non si può fare finta che i PARTITI non siano molto
screditati in Italia, per cui ci sono alcune pregiudiziali da superare:
a) La prima concerne una discussione
sulla motivazione dei partiti, alla luce della scomparsa di partiti storici italiani (DC,
PCI, PSI, PLI, PRI...), anche in seguito a interventi della magistratura.
b) La seconda
è risolvere il problema della formazione dei politici. Un tempo i grandi partiti storici
avevano delle proprie scuole di formazione. Ultimamente un VESCOVO ha invitato a
costituire delle scuole per la formazione di catoni disposti ad impegnarsi in politica;
c) Una terza pregiudiziale è quella dei
requisiti professionali per fare politica. Il Fascismo dispose un minimo:"Saper
leggere e scrivere". E' venuto il momento di aggiornare questo minimo ?
5.- Lipotesi in sottofondo del
convegno è, tuttavia, che il bene e il male stiano in tutti noi per cui, più che il problema di far fare, ai partiti,
progetti per il bene comune (che pure serve), cè quello degli strumenti di
salvaguardia per far prevalere il buongoverno.
Questi classicamente sono
lorientamento dei votanti :
a) verso il partito di identità personale, nella massima unità;
b) e verso lalternanza tra i grandi
partiti, al governo, nelle scadenze elettorali.
In questo senso la fase successiva dovrà essere la costruzione degli strumenti di
salvaguardia.
Trova allegato il programma del convegno.
Con ossequi.
Bologna 5 marzo 2019 |
NINO LUCIANI
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Il BENE COMUNE nel
MONDO CATTOLICO |
Gabriele Cantelli
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Dal
Vescovo Matteo Zuppi di Bologna: |
"Che il 2 giugno 2018, si levi in ogni parrocchia
un "TE DEUM PER LA PATRIA" |
Lo Stato è un bene comune ?
G. Cantelli, In margine a nuove
teorie
sul bene comune, nella Chiesa Cattolica |
Matteo Zuppi
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Nino Luciani, Nota. 1) Il
"bene comune" è divenuto una specie di sicurezza sociale "cristiana"
che la Chiesa Cattolica di base commissiona al cristiano impegnato in politica.
Precisamente egli deve fare il "bene comune".
Il "bene comune" non è un particolare bene, ma un elenco di beni e servizi da
procurare a tutti (e con differenziazioni per bisogni particolari) : quali la
"disponibilità della vita", lo "Stato" e in generale, i beni e
servizi funzionali a "valori non rinunciabili", atti a procurare la
"beatitudine" di ogni persona. La classificazione di un bene, come bene comune,
è fatta in relazione al rapporto tra l'uomo e Dio, padre comune di tutti gli uomini e che
provvede a tutti.
Il bene privato è, invece, un bene individuale, posseduto dalle persone in modo
esclusivo e differenziato.
Il bene pubblico è, a volta, un bene offerto gratuitamente e indifferenziatamente
(a tutti) dallo Stato, secondo la valutazione dello Stato. I beni pubblici sono
conflittuali, nel senso che il provvedervi avvantaggia qualcuno e danneggia qualcun altro.
Ad es., c'è chi è beneficiato e ciè chi paga (senza controprestazione almeno
equivalente). E dunque il via libera a produrli dipende dal fatto se essi avvantaggiano la
società civile nel suo complesso (in quanto la somma algebrica di valori positivi e
negativi dà un saldo positivi).
2) C'è in parallelo una definizione di bene comune, secondo l'economia e, più specifica,
secondo la scienza delle finanze. Essa è fatta per rapporto agli interessi personali
dei politici e all'interesse generale, nel produrre i beni pubblici.
Qui, il presupposto è che la importanza dei beni e servizi dipende dalla entità
dei bisogni come sentiti dalle persone o dai politci, come interpreti della società
civile. Ma questi, siano bisogni secondo individui singolarmente, o secondo individui
appartenenti a determinate religioni o filosofie, non sono ridiscussi circa il loro
fondamento. Essi sono solo dei "dati" del problema economico privato o pubblico
da risolvere.
Muta, invece, l'ottica del bene comune. La scienza economica ha scoperto che gli
imprenditori e i politici mettono avanti, come obiettivi economici, l'interesse personale.
E mettono, invece, come conseguenziale l'interesse dei consumatori o l'interesse pubblico.
Una volta scoperto questo, la scienza economica studia i vincoli (per gli operatori
privati e pubblici) per armonizzare l'interesse privato con quello collettivo.
Dunque non esiste conflitto, per definizione, tra l'economia e la chiesa cristiana, e
anche con qualunque chiesa. Invece, nella suddetta classificazione della chiesa cristiana,
la economia e la finanza sono oggetto di molte critiche.
3) Nel caso del Vescovo Zuppi il bene comune preso in considerazione è lo Stato
Italiano, per il quale muove una preghiera pubblica a Dio. Ma su questa idea Cantelli ha
da fare alcune considerazioni.
Personalmente, da un Vescovo mi aspetterei che come bene comune fosse indicata la
"vita ultraterrena" e il modo come pervenirvi, più che consigli ai
"governanti cristiani" in terra senza avere competenze "temporali", e
bisognerebbe tener conto del travaglio dei filosofi cristiani nel classificare la
"ragione di Stato" o la "laicità dello Stato", rispetto alla etica
cristiana.
Non dimentichiamo, poi, il travaglio dei primi cristiani nel separare l'obbedienza a Dio
dalla obbedienza all'Imperatore. L'Italia e l'Europa hanno radici cristiane. Ma lo Stato
italiano è "cristiano" , così da meritare una preghiera ? |
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Fonte: Agezia ANSA, 30 maggio 2018 |
DISCUSSIONI E COMMENTI |
Vescovo Matteo Zuppi:
"Desidero che in ogni comunità
della Diocesi, al vespro di venerdì 1 giugno o nella giornata di sabato 2 giugno, si
canti l'inno di ringraziamento 'Te Deum' e si innalzino preghiere e suppliche per la
nostra Patria, chiedendo la grazia di un rinnovato impegno di tutti per il bene comune".
L'inedita iniziativa liturgica è
lanciata dall'arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi, in conclusione di un messaggio per la
Festa della Repubblica.
"La festa del 2 giugno - scrive
Zuppi - ha quest'anno un carattere particolare: cade nel 70/o dell'entrata in vigore della
Costituzione Repubblicana e della prima elezione del Capo dello Stato.
Spinto dal recente Congresso
Eucaristico Diocesano, che ha rinnovato il legame tra Chiesa e Città degli uomini,
considerando anche le difficoltà degli ultimi avvenimenti, desidero invitare tutti i
credenti a innalzare a Dio un ringraziamento per il tanto che ci unisce e a pregare per il
nostro Paese". |
Gabriele Cantelli, Il "Te
Deum" del 2 giugno per la patria 1.- NON CONTRAPPORRE PAUPERISMO A
POPULISMO Leggere sui quotidiani locali di "Un Te Deum per il 2 giugno"(Carlino)
o, peggio "Zuppi: Prego per Mattarella e l'Europa"; Anpi in piazza contro i
fascismi (Repubblica) e il contenuto degli articoli che seguono titoli altisonanti, non
può non indurci ad alcune considerazioni sulla situazione attuale dello Stato, che ha
indotto la Chiesa ad ampliare il significato della festa nazionale e, nel contempo, su
quella che parrebbe rappresentare una svolta della Chiesa nella realtà attuale.
Per il 2 giugno , l'arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi chiedeva vengano inserite due
preghiere ai fedeli nel Te Deum, che verrà recitato in tutte le parrocchie: una preghiera
per la nostra cara Patria, perché concorra alla edificazione di una vera casa comune in
Europa, e una per il Presidente della Repubblica, e i nostri governanti, perché siano
sempre attenti ai bisogni dei più deboli e indifesi. Attraverso la agenzia di
informazione R.It apprendiamo ulteriori passaggi del comunicato.
"La festa del 2 giugno ha quest'anno un carattere particolare: cade nel
settantesimo dell'entrata in vigore della Costituzione repubblicana e della prima elezione
del Capo dello Stato. Spinto dal recente Congresso Eucaristico Diocesano, che ha rinnovato
il legame tra Chiesa e città degli uomini, considerando anche le difficoltà degli ultimi
avvenimenti, desidero innalzare a Dio un ringraziamento per il tanto che ci unisce e
pregare per il nostro Paese. Anche se condivido pienamente la preoccupazione di mons.
Zuppi (che è in sintonia con la posizione della presidenza della CEI riportate da
Avvenire), quanto si sta delineando proprio a livello locale, nella nostra Diocesi,
accresce la mia preoccupazione di cattolico impegnato in politica. In particolare, da la
Repubblica leggo:"La supplica per la nostra Patria di Zuppi arriva nello stesso
giorno in cui della difficile situazione nazionale parla anche don Luigi Ciotti, che
parteciperà alla manifestazione "Contro tutti i fascismi", che l'Anpi terrà
sabato alle 16 a Palazzo Re Enzo alla quale aderiscono tutta la sinistra del PD e Leu,le
associazioni, i sindacati.
"Ben venga un governo, ma che rispetti la nostra Costituzione, dice Ciotti
preoccupato per la nostra democrazia pallida e malata e per gli insulti e le minacce a
Sergio Mattarella. "Le parole sono azioni e debbono sempre essere parole di
vita". Il Sindaco Virginio Merola invita tutti in piazza per riportare "speranza
democratica contro fascismi e razzismi". |
2.- SUL RUOLO DEL MAGISTERO E QUELLO DEI LAICI Bartolomeo Sorge nella sua
"INTRODUZIONE ALLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA" a pag.137, rivolto agli atei
devoti, dice:"Nel contesto della "religione civile" si comprendono meglio i
rischi che comporta la prassi, instauratasi in Italia dopo la scomparsa della DC e la fine
dell'unità politica dei cattolici, per cui la gerarchia tende a gestire in proprio i
rapporti con il Governo, intervenendo talvolta su aspetti legislativi di problemi che
prima erano lasciati- come è giusto - alla mediazione dei politici.
Certo nessuno può impedire ai vescovi di rivolgersi anche ai responsabili del bene comune
, in particolare quando sono in discussione esigenze etiche anche fondamentali, come
quelle riguardanti la persona, la vita, la famiglia. E' un loro dovere che rientra nella
missione della chiesa di illuminare e formare le coscienze sul piano etico e religioso.
Tuttavia i pastori non devono sostituirsi ai laici ai quali spetta la responsabilità di
compiere le necessarie mediazioni dai principi alla prassi politica. "Dai sacerdoti-
dice il Concilio Vaticano II- i laici si aspettino luce e forza spirituale .Non pensino
però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che ogni nuovo problema che
sorge, anche a quelli gravi, essi possano aver pronta una soluzione concreta o che proprio
a questo lo chiami la loro missione : assumano invece essi, piuttosto, la propria
responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla
dottrina del magistero".
Più recentemente la Congregazione per la dottrina della fede conferma: " Non
è compito della Chiesa formulare soluzioni concrete , e meno ancora soluzioni uniche -
per questo temporali che Dio ha lasciato al libero responsabile giudizio di ciascuno,
anche se è suo diritto e dovere pronunciare giudizi morali su realtà temporali quando
ciò sia richiesto dalla fede e dalla legge morale" . " E' importante quindi,
per quanto concerne il magistero, evitare, anche nel tono e la forma, di dare
l'impressione che esso voglia "dettare leggi allo Stato" o attentare alla sua
laicità. Ciò servirebbe solo ad accreditare ulteriormente l'idea di "una religione
civile": Nello stesso tempo, per quanto concerne lo Stato, occorre ribadire che
autonomia dalla sfera religiosa non significa affatto autonomia dalla sfera morale, come
invece propongono le teorie etiche procedurali , sostenendo una (solo apparente)
neutralità del diritto. Perciò, non ha senso ed è fuorviante definire
"confessionale" la difesa da parte della chiesa di esigenze etiche , che
concordano poi coi principi laici su cui si fonda la democrazia: il rispetto della
persona, la libertà, la solidarietà , l'uguaglianza di diritti, la giustizia e la pace.
In altre parole, la politica è laica , laici sono i valori a cui essa si ispira, laiche
le finalità a cui tende. Pertanto, laiche anche saranno le scelte che i cattolici sono
chiamati a compiere in politica insieme a tutti gli uomini di buona volontà e in coerenza
con la loro ispirazione religiosa".
Gabriele Cantelli |
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EDIZIONI
PRECEDENTI - SERVE UN PARTITO SOLO DEI
CATTOLICI ? |
Il PAPA , i "CATTOLICI IN POLITICA"
e il "dono dello SPIRITO SANTO" |
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"SERVE UN PARTITO SOLO DEI CATTOLICI ? " - "UN CATTOLICO DEVE FARE POLITICA ?" |
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- La Domanda di un
giovane al papa: "Siamo impegnati nel volontariato, nellassociazionismo e nella
politica. Come mantenere vivo il rapporto tra la fede in Gesù Cristo e la responsabilità
ad agire sempre per la costruzione di una società più giusta e solidale? - La Risposta del papa: a) "La Chiesa ... riceve il dono
dello Spirito Santo... .Non è un partito
politico";
b) "Si sente: Noi dobbiamo fondare un partito
cattolico !. "Quella non è la strada". Un
partito solo dei cattolici non serve e non avrà capacità convocatorie,
perché farà quello per cui non è stato chiamato;
b) "Ma, un cattolico può fare politica?" - "Deve
!" - "Ma un cattolico può immischiarsi in politica?" - "Deve!"
;
c) "Paolo VI ... ha detto che la politica è una delle forme più
alte della carità, perché cerca il bene comune". |
LUCIANI: " Per un laico cattolico, quanto e' vincolante il
parere del papa, in materia temporale ?
e quale è la differenza tra il fare politica "senza un partito" e il fare
politica "con un partito" ?
Queste domande aggiuntive sono su un piano diverso da quella se
"serve
un partito SOLO DEI CATTOLICI ", che è un concetto contraddittorio. |
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RIPORTATO
DA LAVVENIRE, 1 MAGGIO 2015 (Stralcio)
Un incontro tra amici. Con un dialogo appassionato,
con domande e risposte a 360 gradi. È quello che si è tenuto oggi (30.4.2015), in Aula
Paolo VI, tra Papa Francesco e i membri della Comunità di vita cristiana (CVX) - Lega
Missionaria Studenti dItalia. Circa 5.000 persone. Di seguito le domande di alcuni
partecipanti e le risposte a braccio del Papa. In fondo il testo del discorso scritto che
Francesco però non ha letto.
::::::
Gianni: Santo Padre, io sono Gianni, vengono dalla CVX dell'Aquila. Siamo
impegnati da oltre 30 anni nel volontariato, nell'associazionismo e nella politica.
Allora, nel nostro impegno nella vita sociale vorremmo che ognuno - specialmente chi è
più giovane tra noi - comprenda che oltre al bene privato, troppo spesso prevalente,
esiste un interesse generale che appartiene alla comunità intera.
Santo Padre, quale discernimento può venirci dalla spiritualità ignaziana
per aiutarci a mantenere vivo il rapporto tra la fede in Gesù Cristo e la responsabilità
ad agire sempre per la costruzione di una società più giusta e solidale? Grazie.
Papa Francesco: Credo che questa domanda che tu hai fatto la
risponderebbe molto meglio di me padre Bartolomeo Sorge - non so se è qui: no, non l'ho
visto
Lui è stato uno bravo, eh? Lui è un gesuita che ha aperto la strada in
questo campo della politica. Ma, si sente: "Noi dobbiamo fondare un partito
cattolico!": quella non è la strada.
La Chiesa è la comunità dei cristiani che adora il Padre, va sulla strada del Figlio
e riceve il dono dello Spirito Santo. Non è un partito politico. "No, non diciamo
partito, ma
un partito solo dei cattolici": non serve e non
avrà capacità convocatorie, perché farà quello per cui non è stato chiamato.
"Ma, un cattolico può fare politica?" - "Deve!" - "Ma un
cattolico può immischiarsi in politica?" - "Deve!".
Il Beato Paolo VI, se non sbaglio, ha detto che la politica è una delle forme più
alte della carità, perché cerca il bene comune. "Ma, Padre, fare politica non è
facile, perché in questo mondo corrotto
e alla fine tu non puoi andare avanti
": cosa vuoi dirmi, che fare politica è un po' martiriale? Sì. Eh sì: è una
sorta di martirio. Ma è un martirio quotidiano: cercare il bene comune senza lasciarti
corrompere. Cercare il bene comune pensando le strade più utili per quello, i mezzi più
utili. Cercare il bene comune lavorando nelle piccole cose, piccoline, da poco
ma
si fa.
Fare politica è importante: la piccola politica e la grande politica. Ma, nella Chiesa
ci sono tanti cattolici che hanno fatto una politica non sporca, buona; anche, che hanno
aiutato alla pace nei Paesi. Ma pensate ai cattolici qui, in Italia, del dopoguerra -
alcuni: pensate a De Gasperi; pensate alla Francia: Schumann, che ha la causa di
beatificazione
Si può diventare santo facendo politica. E non voglio
nominare più: valgono due esempi, di quelli che vogliono andare avanti nel bene comune.
Fare politica è martiriale: davvero un lavoro martiriale, perché bisogna andare tutto
il giorno con quell'ideale, tutti i giorni, con quell'ideale di costruire il bene comune.
E anche portare la croce di tanti fallimenti, e anche portare la croce di tanti peccati.
Perché, nel mondo è difficile fare il bene in mezzo alla società senza sporcarsi un
poco le mani o il cuore: ma per questo vai a chiedere perdono, chiedi perdono e continua a
farlo. Ma che questo non ti scoraggi. "No, Padre, io non faccio politica perché non
voglio peccare" - "Ma non fai il bene! Vai avanti, chiedi al Signore che ti
aiuti a non peccare, ma se ti sporchi le mani, chiedi perdono e continui avanti!". Ma
fare, fare
E proprio lottare per una società più giusta e solidale.
Qual è la soluzione che oggi ci offre, questo mondo globalizzato, per la politica?
Semplice: al centro, il denaro. Non l'uomo e la donna: no. Il denaro. Il dio denaro.
Questo al centro. Poi, tutti al servizio del dio denaro. Ma per questo, quello che non
serve al dio denaro si scarta. E quello che ci offre oggi il mondo globalizzato è la
cultura dello scarto: quello che non serve, si scarta.
Si scartano i bambini perché non si fanno bambini o perché si uccidono i bambini
prima di nascere; si scartano gli anziani, perché
ma, gli anziani non servono: ma
adesso che manca il lavoro vanno a trovare i nonni perché la pensione ci aiuti, no? Ma
servono congiunturalmente, no? Ma si scartano, si abbandonano gli anziani. E adesso, il
lavoro si deve diminuire perché il dio denaro non può fare tutto, e si scartano i
giovani: qui, in Italia, giovani dai 25 anni in giù - non voglio sbagliare, correggimi,
eh? - il 40-41% è senza lavoro. Si scarta
Ma questo è il cammino della
distruzione.
Io cattolico guardo dal balcone? Non si può guardare dal balcone! Immischiati lì! Dà
il meglio: se il Signore ti chiama a quella vocazione, va lì, fai politica: ti farà
soffrire, forse ti farà peccare, ma il Signore è con te. Chiedi perdono e vai avanti. Ma
non lasciamo che questa cultura dello scarto ci scarti tutti! Anche scarta il Creato, ché
il Creato ogni giorno viene distrutto di più. Non dimenticare quello del Beato Paolo VI:
la politica è una delle forme più alte della carità.
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NINO LUCIANI, Caro papa, penso addirittura che un partito "solo dei cattolici"
sia contraddittorio sul piano logico. Al tempo stesso, rivendico una autonomia dei laici
cristiani in politica, ma secondo le regole della scienza politica ...
1.- Premessa. In premessa al mio commento, ricordo che nella visione
cristiana della vita (e non solo cristiana), l'uomo è una "unità" di spirito e
di corpo, creata da Dio, Padre comune di tutti gli uomini e di tutti gli altri esseri
viventi. Il laico cristiano si ispira ai valori spirituali e materiali, meritevoli presso
il Creatore.
In questa visione divengono priorità la comunione con il Creatore e la
carità verso il prossimo; ed e' normale che gli individui che sono "primi nella
scala sociale" storicamente esistente, possano essere, invece ultimi nella
"scala sociale cristiana".
Rientra nelle priorità il contributo alla "creazione" e al suo
miglioramento mediante la ricerca scientifica e l'applicazione dei relativi risultati alle
condizioni di vita dell'uomo e alla organizzazione della società civile.
In una determinata "associazione" con obiettivi ordinati rispetto
al Creatore, possono ben coesistere cristiani di diverso orientamento
politico-economico-sociale, perché la relativa problematica esula da quella associazione.
Un partito e', invece, una associazione con obiettivi pubblici ordinati rispetto
alla società civile, circa la sua organizzazione, le priorità dei bisogni materiali,
determinati diritti (ad. es., diritto di proprietà privata, diritto del lavoro, diritto
di impresa, determinate alleanze militari sul piano internazionale... ).
In questo senso ha ben ragione il papa quando non vede bene un partito
"solo di cattolici", perche' essi non potrebbero convivere per obiettivi
politici non condivisi. Esso, al più, sarebbe una "associazione confessionale"
(con i voti di chi ?), per prendere ordini dal papa, ma che neppure il papa vuole.
2.- Ma il papa dice anche che il laico cattolico "deve" fare
politica". Il problema che si pone, subito di seguito, è se un laico
cattolico "debba" fare politica senza un partito o dentro un partito (sia pure
non di soli cattolici).
a) Senza un partito ? La Costituzione italiana definisce i partiti
come strumenti "per concorrere con metodo democratico a determinare la politica
nazionale". Il presupposto è che in democrazia le decisioni si prendono contandosi,
e si prende la decisione che ha la maggioranza assoluta dei voti. E chi pretendesse che
sia presa la decisione dei votanti in minoranza sarebbe un rivoluzionario, pur se avesse
le idee migliori in assoluto. Ma il caso del papa non è questo (salvo in casi molto
speciali).
Ne deriva che un laico cattolico che pensasse di fare politica senza un
partito sarebbe destinato ad essere una "vox clamans in deserto", senza
risultati immediati. Questa non è la strada per fare politica.
d) Dentro un partito ? Un partito è necessario fare
politica che prende decisione, ma va tenuto conto che l'agire frazionatamente in più
partiti, pur avendo le stesse idee politiche, è come agire senza un partito.
Nella storia del progresso scientifico-filosofico è notoria la distinzione
(di Carlo Marx) tra il "socialismo utopistico" e "socialismo
scientifico". Il primo è proprio dei movimenti che chiedono le riforme sociali in
modo spontaneo e individuale, ma che non vanno oltre il ruolo di "vox clamans in
deserto". Questo è il caso dei cattolici che operano senza un partito o frazionati
tra più partiti pur avendo le stesse idee politiche.
Il secondo è proprio dei movimenti che coalizzano i richiedenti in
modo da sostenere validamente le riforme con una sola voce; e anche di quelli che sono
frazionati tra più partiti.
c) Quanto grande dovrà essere un partito di laici cattolici
per poter fare proposte comuni con valore politico ? Non c'è una risposta univoca. Direi
però che il criterio sia di realizzare la maggiore unità possibile su obiettivi politici
comuni di cattolici e non cattolici, ben altro che un partito monopolizzante "solo
dei cattolici".
3.- Dovremo riorganizzare la DC ? La DC fu un partito di cattolici e
laici importante per la rinascita economica dell'Italia, dopo il fascismo, e che fu unito
finchè ebbe un medesimo programma, di tipo centrista, aperto al sociale; e che si divise
quando ebbe due programmi: uno liberale e uno socialista (tale è il senso del lacerante
dualismo interno a favore o contro il cosiddetto "compromesso storico con il PCI).
Quale DC in futuro ? Oggi si pensa ad una DC con un rinnovato codice etico, e
che includa i punti in comune con i "non cristiani" (come l'inclusione dei
valori liberali propri del sistema politico fondato sulla alternanza tra i grandi partiti
(si vegga in USA, in Francia
), e ancorato ai grandi ideali universali delle Nazioni
Unite (ONU), in continuità nella storia d'Italia, nel parlamento italiano.
Nella settimana sociale dei cattolici di Bologna (2004), Tettamanzi
(cardinale di Milano) appellò al ritorno dei cattolici in politica, ma non nella forma
della DC, quale partito unico dei cattolici. E, successivamente, fu echeggiata via via la
formula di Ruini (cardinale, segretario di Stato Vaticano) in favore di apporti personali,
dentro molteplici partiti (di ogni tipo), in cui un cattolico si trovasse a militare.
Oggi diviene inopportuno, da parte dei laici, persistere nel silenzio solo
per motivi di rispetto al papa, e si faccia chiarezza.
Questa esigenza è resa stringente da una sentenza della Corte di
Cassazione (dic. 2010) che ha dichiarato che la DC non è stata mai sciolta, perchè
l'organo che la dichiarò sciolta non aveva il potere di farlo, e consente ancora a un
gruppo di volenterosi di cercare di ottenere dalla magistratura la riorganizzazione della
DC.
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